Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Dalla corsa per esternalizzare alla (re)internalizzazione negli enti pubblici: l'incerto destino del personale (di Maurizio Falsone, Ricercatore di diritto del lavoro nell’Università Ca’ Foscari di Venezia  )


L’autore, evidenziate le ragioni economiche, organizzative e giuridiche dell’espansione delle (re)internalizzazioni nella PA, prende in considerazione le principali discipline che regolano il fenomeno. Innanzitutto, egli dimostra come l’art. 19, comma 8, d.lgs. n. 175/2016 limiti il riassorbimento del personale delle società pubbliche, a garanzia della regola costituzionale del concorso per il pubblico impiego, ma impedisca la prosecuzione automatica di tutti i rapporti di lavoro quando la reinternalizzazione configuri anche un trasferimento d’azienda. In secondo luogo, l’autore sostiene che il legislatore ordinario potrebbe regolare il fenomeno attraverso una disciplina maggiormente rispettosa dei diritti dei lavoratori, pur senza violare l’art. 97, comma 4, Cost. Infine, argomenta la tesi secondo cui una disciplina più equilibrata rispetto ai contrastanti valori in gioco sia, in certa misura, dovuta alla luce del diritto UE.

From the rush to outsourcing to the re-internalization in the public administration: the uncertain fate of the personnel

Highlighting the economic, juridical and organizational reasons of the recent spread of public bodies’ re-internalization of activities, the author analyses the most important provisions on this new phenomenon. At first, he shows how the recent decree on public companies (d.lgs. n. 175/2016) restricts the transfer of personnel towards public authorities, ensuring the compliance with the open competition rule imposed to the public administrations by the Italian Constitution, but not with the employees’ right to continue their labour relationships with the transferee. Then, the author tries to demonstrate how the policy makers could issue a more respectful labour rights’ regulation, without violating the Italian Constitution. Finally, he argues how a well-balanced regulation could be due, considering Italian participation in the EU and the need to properly implement the EU directive 2001/23/CE.

SOMMARIO:

1. Il pendolo e la spada di Damocle - 2. Le più recenti discipline delle (re)internalizzazioni nella pubblica amministrazione e l’art. 2112 c.c.: un legislatore strabico? - 3. L’interpretazione dell’art. 19, comma 8, decreto n. 175 e il fantasma dell’art. 2112 c.c. - 3.2. L’art. 97, comma 4, Cost. e la dir. 2001/23/CE: uno scontro fra titani? - 4. Un riepilogo e qualche spunto in prospettiva - NOTE


1. Il pendolo e la spada di Damocle

Le questioni di diritto del lavoro che si collocano nella zona grigia fra pubblica amministrazione e settore privato sono molteplici, come è noto. La maggior parte di esse permettono di cogliere i rapporti e i soggetti coinvolti in una dimensione statica: si pensi alla questione del reclutamento in sé e per sé considerata o a quella del trattamento economico del personale. Altre questioni, invece, derivano dall’analisi di fenomeni che presentano una natura dinamica: è il caso delle “vicende circolatorie” di un’attività, compreso quello, approfondito in questa sede, delle c.d. (re)internalizzazioni di attività, ovvero dei casi in cui la P.A. attrae (nuovamente) a sé un’attività precedentemente esercitata da altri soggetti di diversa natura giuridica [1]. Lo sfondo in cui si stagliano i problemi affrontati in questo fascicolo di “Variazioni” è già di per sé poco nitido, essendo offuscato dalla natura cangiante del punto di confine fra pubblico e privato [2]; le questioni giuridiche di natura dinamica impongono per giunta di fotografare gli attori in movimento, rendendo ancora più alto il rischio che l’istantanea che si vuole scattare risulti sfuocata. Scorrendo le più note banche dati giuridiche possiamo osservare che, a partire dall’inizio degli anni ’90 fino ai primi anni 2000, la stragrande maggioranza dei contributi di rilievo giuslavoristico considera e approfondisce il fenomeno dell’esternalizzazione [3] – che rappresenta una vicenda circolatoria in senso stretto, come la (re)internalizzazione – e/o quello della privatizzazione – che consideriamo come una vicenda solo in senso lato circolatoria [4]. Solo da alcuni anni, invece, i giuslavoristi affrontano con (relativa) maggiore attenzione il fenomeno della (re)internalizzazione [5]. Naturalmente, questa inversione di tendenza della dottrina segue quella osservabile nella realtà del tessuto economico: si tratta di una inversione prevedibile, perché segna l’ennesima fase di un moto già definito pendolare, considerando anche le evoluzioni meno recenti [6]. È oramai evidente, comunque, che la P.A. ha fortemente ridotto la propria tendenza a cedere l’esercizio di attività a soggetti terzi e, contestualmente, seppur in misura, per il momento meno [continua ..]


2. Le più recenti discipline delle (re)internalizzazioni nella pubblica amministrazione e l’art. 2112 c.c.: un legislatore strabico?

Le vicende circolatorie che gli operatori economici e istituzionali realizzano nell’ambito della zona grigia fra pubblico e privato, e in particolare le (re)internalizzazioni nella P.A., sono finalmente oggetto di maggiore attenzione da parte del legislatore nazionale o regionale. D’altronde, nella vicenda sono coinvolti pubblici uffici la cui organizzazione è oggetto di una espressa riserva di legge (art. 97, comma 2, Cost.) [13]; ma a prescindere da questa necessità di origine costituzionale, l’intervento del legislatore è opportuno a causa della “pressione” che le vicende circolatorie imprimono anche sui rapporti di lavoro e sui diritti dei dipendenti. Non a caso, tutte le riforme legislative in materia di riorganizzazione di attività e funzioni pubbliche riservano una disciplina particolare al trattamento del personale, in particolare, per regolare il destino dei rapporti di lavoro coinvolti e il loro trattamento. Considerando solo i casi più recenti, possiamo distinguere, come è stato fatto in passato per il fenomeno di segno opposto, fra discipline relative alle grandi e alle piccole (re)internalizzazioni. Fra le più grandi (re)interna­lizza­zioni possiamo ricordare la disciplina che si applica al “passaggio” dal gruppo Equitalia – di cui oggi rimane in vita solo Equitalia Giustizia s.p.a. – all’A­genzia delle Entrate-Riscossione o la disciplina dedicata al passaggio, ancora da perfezionare attraverso un decreto ministeriale attuativo, da Agecontrol s.p.a. – una società che si occupa dei controlli sulle erogazioni in agricoltura – all’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA). Le altre (re)internaliz­zazioni, che riguardano soggetti di dimensioni tendenzialmente ma non necessariamente più ristrette, sono disciplinate, nel modo che approfondiremo subito, dall’art. 19, comma 8, decreto n. 175. In prospettiva, inoltre, si deve richiamare il progetto di legge in materia di gestione pubblica del ciclo delle acque presentato dai deputati del M5S il 23 marzo 2018 e attualmente in discussione alla Camera dei deputati (AC-52), il quale potrebbe provocare una vera e propria “impennata” di (re)internalizzazioni nella P.A. [14]. Non prenderemo in considerazione, invece, altre recenti discipline relative a vicende circolatorie che non realizzano una (re)internalizzazione, [continua ..]


3. L’interpretazione dell’art. 19, comma 8, decreto n. 175 e il fantasma dell’art. 2112 c.c.

Come la dottrina ha unanimemente osservato anche in riferimento all’art. 19, comma 8, decreto n. 175, il mancato riferimento (in un senso o in un altro) all’art. 2112 c.c. e le rigorose condizioni poste al riassorbimento del personale, comportano una serie di problemi da considerare, in particolare in relazione al rapporto fra diritto interno e diritto UE: come si sa, infatti, la disciplina del trasferimento d’azienda poggia su una direttiva UE vincolante per tutti i paesi membri (dir. 2001/23/CE) che, dal punto di vista che stiamo analizzando, garantisce i lavoratori (e gli enti interessati all’ordinata continuazione dell’atti­vità) più di quanto non faccia l’ordinamento italiano. In primo luogo, comunque, è opportuno interpretare con precisione le discipline applicabili ai rapporti di lavoro nel caso di (re)internalizzazioni nella P.A. (§ 3.1.). Alla luce di ciò, quindi, si affronterà il problema dell’eventuale contrasto fra diritto interno e diritto UE, considerando sia la nuova disciplina legislativa sia i precedenti problematici approdi raggiunti dalla giurisprudenza; si segnaleranno, infine, per sommi capi, i rimedi esperibili dai soggetti eventualmente lesi nei loro diritti (§ 3.2.). 3.1. Gli stringenti limiti al riassorbimento del personale e il disinvolto rinvio alla mobilità volontaria L’ambito di applicazione soggettivo ed oggettivo. – Sotto il profilo soggettivo, e in particolare dal punto di vista del soggetto che reinternalizza, abbiamo anticipato che la disciplina del decreto n. 175 è applicabile non solo agli enti individuati all’art. 2 del decreto n. 165, ma anche agli enti pubblici economici e alle autorità di sistema portuale. I primi, in effetti, non sono mai stati assoggettati alla disciplina del lavoro pubblico “contrattualizzato” [24]; riguardo alle seconde, invece, l’esplicita estensione prevista dal decreto n. 175 risulta opportuna più che altro perché, fino al recente passato, la giurisprudenza si divideva fra coloro che qualificavano le autorità portuali come enti pubblici economici [25] e quelli che le qualificavano come enti pubblici non economici [26]; oggi peraltro quest’ultimo orientamento prevale nettamente sul primo, anche in virtù dell’intervento chiarificatore del legislatore: infatti l’art. 1, [continua ..]


3.2. L’art. 97, comma 4, Cost. e la dir. 2001/23/CE: uno scontro fra titani?

Le regole della concorsualità. – Innanzitutto, bisogna precisare che la scelta del legislatore del decreto n. 175 è ricaduta sulla soluzione più sbilanciata in favore dell’art. 97, comma 4, Cost. fra quelle ipotizzabili [48] e, non a caso, già prefigurate dalla giurisprudenza che in precedenza si era mossa nel vuoto di norme speciali [49]. Infatti, il riassorbimento riguarda, fermi gli altri requisiti analizzati al paragrafo precedente, il personale già dipendente a tempo indeterminato da amministrazioni pubbliche, sul presupposto che tale personale abbia a suo tempo superato non una procedura selettiva qualunque ma la procedura concorsuale pubblica prevista dall’art. 35 del decreto n. 165. Risulta escluso quindi il personale assunto a tempo indeterminato dalle società pubbliche dopo il 2008, ovvero quel personale reclutato con una procedura concorsuale ai sensi, originariamente, dell’art. 18, commi 1 e 2, d.l. n. 112/2008 [50] e, oggi, dell’art. 19, comma 2, decreto n. 175, ovvero, a valle di una selezione ispirata ai principi di cui all’art. 35 del decreto 165 [51]. Il legislatore, dunque, sembra aderire a quelle ricostruzioni dottrinarie e giurisprudenziali che tendono a valorizzare la differenza fra procedure concorsuali pubbliche e altre procedure di reclutamento variamente etero-regolate [52]. Personalmente trovo tale distinzione inutilmente formalistica, anche quando le conclusioni cui essa conduce sono condivisibili: distinguere fra una procedura di reclutamento pubblica e una solo etero-regolata significa finire in un vicolo cieco perché è impossibile o arbitrario fissare un confine solido fra le diverse procedure di reclutamento previste nell’ordinamento, ammesso che esse siano davvero distinguibili. Cercando di assumere un approccio più concreto (o sostanzialistico), direi piuttosto che tutte le discipline che limitano la facoltà di reclutamento datoriale a tutela del merito e della trasparenza rappresentano discipline speciali che derogano alla regola di diritto comune dell’as­soluta libertà datoriale di reclutamento – salvi i limiti posti dal diritto anti-discriminatorio – in attuazione dell’art. 97, comma 4, Cost. [53] E nulla vieta al legislatore di differenziare le modalità di applicazione della regola costituzionale del concorso [continua ..]


4. Un riepilogo e qualche spunto in prospettiva

Rinviando per i relativi argomenti ai paragrafi che precedono, le conclusioni cui si è giunti si possono sintetizzare come segue. 1) Il più recente fenomeno della (re)internalizzazione, come quello delle esternalizzazioni/privatizzazioni, ha un impatto problematico sui rapporti di lavoro e sugli interessi dei lavoratori. 2) La legislazione che, dopo un periodo di silenzio, è intervenuta a regolare il fenomeno, ha dedicato attenzione al problema del riassorbimento del personale, in modo non omogeneo: in certi casi si prevede l’applicazione dell’art. 2112 c.c., in altri casi si esclude la prosecuzione automatica di tutti i rapporti di lavoro a causa della necessità di non eludere il vincolo del concorso pubblico imposto alla P.A. Peraltro, la differenza fra enti pubblici non economici ed enti pubblici economici non viene valorizzata nel decreto n. 175, pertanto il “passaggio” dei dipendenti viene rigorosamente limitato anche rispetto agli enti, come quelli pubblici economici, cui non si applica in via generale la regola del concorso pubblico. 3) L’art. 19, comma 8, decreto n. 175 non regola specificamente il caso in cui la reinternalizzazione configuri anche un trasferimento d’azienda: la disciplina pertanto comporta la disapplicazione dell’art. 2112 c.c. nella parte in cui prevede la prosecuzione automatica dei rapporti di lavoro e di conseguenza un conflitto con l’ordinamento UE. Anche nel caso delle internalizzazioni che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 19, comma 8, decreto n. 175, nel silenzio della legge, rimane da risolvere il problema del conflitto fra norme interne di derivazione anche costituzionale e disciplina europea. 4) In attuazione dell’art. 97, comma 4, Cost., il legislatore ha disciplinato modalità di reclutamento diverse in relazione alla natura degli enti coinvolti (PA o società pubbliche): in caso di reinternalizzazione nella P.A., il riassorbimento automatico del personale assunto da una società pubblica secondo le procedure selettive più elastiche previste dal 2008 non rappresenta necessariamente una violazione dell’art. 97, comma 4, Cost. ma tuttalpiù una “elusione” di regole di rango ordinario che, evidentemente, lo stesso legislatore, e solo questo, ha la facoltà di ammettere. 5) La Corte costituzionale ammette che il riassorbimento del personale in una P.A. [continua ..]


NOTE