La disciplina della responsabilità solidale del committente nei confronti dei dipendenti dell’appaltatore è andata incontro a ripetuti interventi legislativi, l’ultimo dei quali è costituito dal decreto abrogativo n. 25/2017. In particolare, il saggio analizza gli effetti del decreto abrogativo, che, accogliendo le indicazioni della Corte costituzionale, è intervenuto sotto i due distinti profili dell’abrogazione delle regole processuali di recente introdotte con le riforme del 2012 e dell’eliminazione della facoltà di deroga al regime della solidarietà negli appalti ad opera dell’autonomia collettiva.
The regulation of joint liability has been the object of repeated and several changes by the legislator. The latest one is constituted by the abrogation decree n. 25/2017. In particular, the essay analyzes the effects of the abrogation decree, which, following the indications by the Constitutional Court, has taken action on two different profiles: the abrogation of the procedural rules recently introduced with the 2012 reforms and, then, the elimination of exemption right to joint liability carried out by collective bargaining.
Articoli Correlati: tutela del lavoro - appalto - responsabilità solidale
1. Premessa - 2. L'"azione diretta" dei dipendenti dell'appaltatore nei confronti del committente: l'attuale vigenza dell'art. 1676 c.c. - 3. Gli effetti del decreto abrogativo n. 25/2017 sul regime di responsabilità solidale ex art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003 - 4. Segue: le deroghe ad opera dell'autonomia collettiva al regime della solidarietà negli appalti - 5. Il campo di applicazione dell'art. 29, comma 2. In particolare, l'esclusione delle pubbliche amministrazioni - 6. La responsabilità solidale per i danni non indennizzati dall'Inail - 7. Considerazioni conclusive - NOTE
L’attenzione nei confronti del tema della tutela dei lavoratori coinvolti nei processi di esternalizzazione e scomposizione dell’azienda è stata di recente resa attuale in seguito all’emanazione del d.l. 17 marzo 2017, n. 25, conv. nella legge 20 aprile 2017, n. 49, che modifica, per l’ennesima volta, l’art. 29, comma 2, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (in materia di responsabilità solidale tra committente ed appaltatore per i trattamenti retributivi e previdenziali dei lavoratori coinvolti nell’appalto) [1]. L’emanazione del decreto ha avuto lo scopo di prevenire gli esiti del referendum abrogativo, dichiarato ammissibile dalla Corte costituzionale [2], promosso dalla Cgil sul regime di solidarietà negli appalti [3]. Ancor più di recente la tematica è divenuta oggetto di specifiche attenzioni da parte della giurisprudenza della Corte costituzionale, che ha esteso, attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 29 del d.lgs. n. 276/2003, il regime della solidarietà alla subfornitura [4], sul presupposto che “la ratio dell’introduzione della responsabilità solidale del committente – che è quella di evitare il rischio che i meccanismi di decentramento e di dissociazione fra titolarità del contratto di lavoro e utilizzatore della prestazione, vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell’esecuzione del contratto commerciale – non giustifica una esclusione (che si porrebbe, altrimenti, in contrasto con il precetto dell’art. 3 Cost.) della predisposta garanzia nei confronti dei dipendenti del subfornitore, atteso che la tutela del soggetto che assicura una attività lavorativa indiretta non può non estendersi a tutti i livelli del decentramento” [5]. In passato, lo scorporo all’esterno di quote del processo produttivo dell’azienda e l’affidamento di una o più parti di esso ad altre organizzazioni imprenditoriali è stato visto ed interpretato, anche in dottrina, in modo sfavorevole [6], in considerazione del fatto che non di rado gli imprenditori commissionavano il lavoro a piccole imprese, soprattutto per evitare l’ampliamento delle dimensioni dell’azienda, sottraendosi così ai relativi oneri. In altre parole, spesso si ricorreva al decentramento allo scopo di [continua ..]
Il nuovo regime di responsabilità solidale, previsto dall’art. 29, d.lgs. n. 276/2003, si aggiunge alla tutela generale stabilita dall’art. 1676 c.c. per tutte le ipotesi di appalto di opere e servizi [26], al fine di fornire una tutela rafforzata al credito retributivo dei lavoratori impiegati negli appalti e di promuovere la regolarità degli stessi e lo sviluppo dell’imprenditorialità [27]. La norma codicistica configura un’“azione diretta” dei dipendenti dell’appaltatore nei confronti del committente, che la dottrina [28] e la giurisprudenza [29] prevalenti ritengono fonte di un’obbligazione solidale ex art. 1292 c.c., per conseguire “quanto è loro dovuto”, “fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore” al tempo della proposizione della domanda [30]. Secondo l’opinione prevalente, con l’art. 1676 c.c. il legislatore conferisce ai dipendenti dell’appaltatore e verso l’appaltante, soggetto estraneo al rapporto di lavoro che tuttavia si avvale del risultato della prestazione lavorativa [31], un diritto di credito proprio (e non derivato), diretto e del tutto autonomo [32] rispetto al rapporto giuridico che intercorre tra appaltatore e committente, “dando la possibilità di agire direttamente nei confronti di quest’ultimo (corsivo mio), verosimilmente più solvibile” [33]. Proprio in considerazione dell’autonomia della posizione assunta dai dipendenti dell’appaltatore rispetto al committente, si ritiene che l’“azione diretta” sia esperibile anche in caso di fallimento dell’appaltatore [34] e di cessione a terzi del credito dell’appaltatore nei confronti del committente [35]. L’oggetto della tutela prevista dall’art. 1676 c.c. è costituito dai crediti retributivi maturati dai lavoratori durante l’appalto, con il limite della “concorrenza del debito” che il committente ha verso l’appaltatore al tempo della proposizione della domanda [36]; rimangono invece estranei all’ambito di operatività della norma i crediti degli enti previdenziali ed assicurativi (contrariamente a quanto accade nell’art. 29, d.lgs. n. 276/2003). Per quanto riguarda l’ambito di applicazione [continua ..]
La disciplina prevista dall’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, in materia di responsabilità solidale del committente nei confronti dei dipendenti dell’appaltatore, è il risultato di ripetuti ed incessanti interventi legislativi e di continui aggiustamenti, che dalla riforma del mercato del lavoro del 2003 si sono susseguiti [44]. L’ultimo di tali provvedimenti, come si è accennato, è costituito dal decreto abrogativo n. 25/2017, conv. nella legge n. 49/2017, che, accogliendo le indicazioni della Corte costituzionale, ha nuovamente modificato la disciplina della responsabilità solidale [45], intervenendo sotto due distinti profili (art. 2): da un lato, ha abrogato la premessa al primo periodo del secondo comma dell’art. 29, introdotto di recente dall’art. 4, comma 31, lett. a), legge n. 92/2012, secondo il quale il regime di solidarietà ivi previsto non opera ove i contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore individuino “metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti”, e dall’altro, ha eliminato le regole processuali relative sia all’esercizio dell’azione ex art. 29, comma 2, sia al beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore, introdotte in sede di conversione del d.l. n. 5/2012, nella legge n. 35/2012 [46] (art. 21, comma 1) [47], successivamente modificato dalla riforma Fornero (art. 4, comma 31, lett. b), legge n. 92/2012). Il recente intervento abrogativo lascia inalterata invece la disciplina sostanziale della solidarietà negli appalti, per cui resta fermo che “in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento” (art. 29, comma 2, primo [continua ..]
Il decreto abrogativo n. 25/2017 elimina la facoltà di deroga al regime della solidarietà negli appalti ad opera dell’autonomia collettiva, introdotta per la prima volta dal decreto correttivo n. 251/2004 [54], successivamente abrogata dalla legge finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 911, legge n. 296/2006), ed infine inserita nuovamente, con modifiche sostanziali rispetto alla versione del 2004, dalla legge Fornero (art. 4, comma 31, lett. a), legge n. 92/2012) [55]. Anche a causa dell’ambigua formulazione letterale [56], la reintroduzione nel 2012 della facoltà derogatoria, utilizzata, come viene sottolineato da più parti [57], in modo esiguo nella prassi contrattuale [58], ha sollevato molteplici questioni in ordine alla sua applicazione concreta [59], solo in parte superate con l’emanazione del decreto abrogativo n. 25/2017: dall’individuazione del contratto collettivo nazionale legittimato alla deroga [60], all’ambito di operatività della stessa [61], al rapporto tra la previsione dell’art. 29, comma 2, ed il meccanismo derogatorio ad opera della contrattazione cd. di prossimità ex art. 8, d.l. n. 138/2011, conv. nella legge 14 settembre 2011, n. 148 (cd. manovra di agosto 2011) [62]. Con riferimento a quest’ultimo profilo, l’abrogazione della premessa al primo periodo dell’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, consente, per un verso, di ritenere superati, nonostante la portata innovatrice del Jobs Act [63], i dubbi sulla perdurante vigenza dell’art. 8, legge n. 148/2011 [64], e per l’altro, segna il ritorno “ad una sorta di originaria ed intransigente “purezza”, una specie di “grado zero” del precetto” [65], con tutte le perplessità che derivano dall’avere eliminato una norma derogatoria affidata alla contrattazione collettiva nazionale, lasciando in vita, sia pure nei limiti ed alle condizioni previste, quella affidata alla contrattazione cd. di prossimità [66]. Come è noto, l’art. 8, legge n. 148/2011, demanda all’autonomia privata collettiva, ed in particolare alla contrattazione collettiva aziendale o territoriale – cd. di prossimità per sottolineare la sua maggiore rispondenza agli interessi delle parti – la facoltà di sottoscrivere, con riferimento, tra le [continua ..]
La responsabilità solidale – come già accennato – opera per tutte le tipologie di appalto, e non solo per l’appalto di servizi (come previsto dall’originaria formulazione dell’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003) [87]. È pacifico poi che tra i compensi rientrino non solo i crediti di natura retributiva e contributiva, già inclusi originariamente dall’art. 29, comma 2, ma anche “le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i premi assicurativi” (art. 29, comma 2, nel testo modificato dall’art. 21, comma 1, d.l. n. 5/2012, conv. con modif. nella legge n. 35/2012) [88]. La novella del 2012 precisa inoltre che i trattamenti retributivi (compreso il TFR), contributivi ed assicurativi, oggetto dell’obbligazione solidale, sono esclusivamente quelli “dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto”, cioè i crediti dei lavoratori concretamente e direttamente impiegati nell’esecuzione dell’appalto [89], con esclusione dei “lavoratori la cui attività sia meramente strumentale” [90]. Sono invece espressamente escluse dalla responsabilità solidale le somme dovute a titolo di sanzioni civili per gli inadempimenti contributivi ed assicurativi dell’appaltatore (art. 29, comma 2, nel testo modificato dall’art. 21, comma 1, legge n. 35/2012) [91]. Parimenti estranee all’oggetto dell’obbligazione solidale risultano le somme spettanti al dipendente dell’appaltatore a titolo indennitario (per es., l’indennità sostitutiva del preavviso) o a titolo risarcitorio, esclusione giustificata in dottrina sulla considerazione che l’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, a differenza dell’art. 3, legge n. 1369/1960, contempla la solidarietà per i trattamenti retributivi ma non per quelli normativi [92]. Con riferimento all’ambito di applicazione soggettivo, ai lavoratori subordinati, tradizionalmente destinatari della norma, si aggiungono, i “lavoratori con contratto di lavoro autonomo”, ai quali il legislatore ha espressamente esteso il regime della solidarietà relativamente “ai compensi e agli obblighi di natura previdenziale e assicurativa” (art. 9, comma 1, d.l. n. 76/2013, conv. nella legge n. 99/2013) [93], al fine di superare la disparità di trattamento a danno [continua ..]
Il contenuto dell’obbligazione solidale a favore dei lavoratori coinvolti nell’appalto viene ampliato attraverso le modifiche alla disciplina della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro [107]: specificamente l’art. 26, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (modificato dal d.lgs. 3 agosto 2009, n. 106 [108], e successivamente dall’art. 32, comma 1, lett. a), d.l. 21 giugno 2013, n. 69, conv. con modif. nella legge 9 agosto 2013, n. 98 [109]), ha introdotto alcune significative innovazioni rispetto al quadro delineato dall’art. 7, d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626, nel testo novellato da interventi successivi [110]. In particolare, il citato art. 26, rubricato “obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o in somministrazione”, prende in considerazione i casi in cui l’affidamento a terzi del lavoro o di fasi di esso, tramite contratto di appalto o d’opera, comporta la contemporanea presenza nel medesimo ambiente lavorativo di più operatori legati da distinti rapporti negoziali [111] e, al fine di definire i rispettivi compiti di sicurezza e far confluire le responsabilità verso un unico centro di imputazione, impone a carico del committente, “sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro” [112], obblighi di coordinamento per gli interventi di protezione e prevenzione e di cooperazione per l’attuazione delle misure di sicurezza, al cui assolvimento deve provvedere mediante la redazione di un ulteriore e specifico documento – il documento unico di valutazione dei rischi – che indichi le misure adottate per eliminare, o quando ciò non sia possibile, per ridurre al minimo i rischi da interferenze tra le diverse lavorazioni [113]. Nei singoli contratti di appalto, subappalto (e somministrazione), al fine di prevenire i maggiori rischi connessi all’affidamento all’esterno di opere e servizi da parte delle imprese, devono poi essere specificamente indicati, a pena di nullità ex art. 1418 c.c., i costi, che “non sono soggetti a ribasso”, relativi alla salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni. Per quanto riguarda la responsabilità solidale, il comma 4 dell’art. 26, d.lgs. n. 81/2008, stabilisce che l’“imprenditore committente”, con [continua ..]
La responsabilità solidale rappresenta la tecnica di tutela tradizionalmente predisposta dall’ordinamento a salvaguardia dei diritti dei lavoratori impiegati nell’appalto, tipico strumento attraverso il quale si realizzano di regola i fenomeni di scomposizione e decentramento del processo produttivo. Nel tempo, nonostante nella pratica il ricorso allo strumento dell’appalto e del subappalto sia stato sempre più frequente, la tutela dei diritti dei lavoratori coinvolti in tali forme di esternalizzazione si è affievolita. Innanzitutto, la più importante garanzia per i lavoratori, unitamente alla solidarietà, in vigore per gli appalti “interni” fin dagli anni ’60, è stata eliminata. Con il d.lgs. n. 276/2003 il legislatore ha rimosso il principio della parità di trattamento economico e normativo tra i dipendenti dell’appaltante e quelli dell’appaltatore, con evidenti ricadute sulla compressione dei diritti dei lavoratori [121]; cosicché la tutela di questi ultimi rimane affidata esclusivamente al regime della responsabilità solidale tra appaltante ed appaltatore. Sin dai primi commenti, la dottrina, che ha valutato quale elemento di semplificazione l’eliminazione della discussa distinzione tra appalti “interni” ed appalti esterni, ha invece criticato il superamento del principio della parità di trattamento, sostenendo che in tal modo vi è un elevato rischio di incentivazione alla stipula di contratti di appalto determinati dalla mera ricerca di imprese con più basso costo del lavoro e non da reali esigenze produttive [122]. In effetti, la ricerca di imprese appositamente costituite per collocarsi nei settori contrattualmente più deboli, pur non dando luogo necessariamente ad appalti fraudolenti, può comunque produrre effetti distorsivi di deterioramento complessivo del sistema e di deresponsabilizzazione nella selezione di controparti contrattuali affidabili e in grado di offrire idonee garanzie [123]. Le recenti riforme del 2012 hanno inoltre ridimensionato, per alcuni aspetti, la tutela dei lavoratori impiegati negli appalti. Si allude sia al regime processuale che appesantiva in modo considerevole la posizione del lavoratore (litisconsorzio necessario tra committente e appaltatore ed eventuali subappaltatori, beneficio della preventiva escussione del patrimonio [continua ..]