Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Su alcune implicazioni processuali del "mobbing" (di Marco Rendina (Dottore di ricerca in diritto processuale civile))


Il breve saggio affronta talune questioni processuali connesse con la proposizione di una “domanda di mobbing”, in particolare focalizzando l’attenzione su quale diritto costituisca l’oggetto del relativo processo. Si evidenzia come tale oggetto sia diverso ove la “domanda di mobbing” si articoli in una richiesta risarcitoria ovvero in una richiesta di mero accertamento dell’obbligo contrattuale gravante sul datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 c.c. Data la natura di durata del rapporto da cui le situazioni sostanziali dedotte nel processo traggono origine, qualche cenno viene speso rispetto alla stabilità nel tempo dell’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato, così mettendo in evidenza come l’efficacia del relativo giudicato sostanziale risulti particolarmente esposta al possibile sopravvenire di fatti rilevanti. In conclusione, alla luce di quanto acquisito in tema di oggetto del processo, si traccia un sintetico raffronto con “fattispecie sostanziali” che, pur prossime quanto a “epi­sodio della vita” evocato, tendono a involgere diritti differenti rispetto a quelli nascenti dal “mobbing” tout court, o, quanto meno, situazioni soggettive che pur richiedono una specifi­ca domanda di parte affinché il giudice, legittimamente, si pronunci nel merito.

On some procedural issues of the "mobbing in the workplace"

The short essay deals with some procedural questions connected to the institution of a legal proceedings concerning the so called “mobbing in the workplace”, particularly focusing on the matter of what is the subjective right which constitutes the object of that process. The author underlines the different object of the process whether the claim aims to compensation for damages or it aims to the mere assessment of the employer’s contractual duty set forth in article 2087 of the Italian civil code. As the two different subjective rights, which constitute the possible object of the process, arise from a long-term legal relationship, few words are consecrated to the problem of the stability of the assessment contained in the final judgment vis à vis the passing of time. It is specifically pointed out how the res judicata could be overturned by relevant subsequent facts. In the last part of the essay, in the light of the results obtained facing the problem of the object of the process, a short comparison is done with some substantial situations which, notwithstanding their vicinity to the same “episode of life” evoked in the “claim for mobbing”, represent different subjective rights or, at least, different subjective situations, which require a specific judicial claim in order to be lawfully decided on the merits.

1. Cenni introduttivi Da alcuni anni, oramai, alla ribalta delle cronache giudiziarie è salito ciò che, da qualcuno, è stato icasticamente definito un “fantasma” [1] che si aggira per le aule di giustizia: si tratta del c.d. “mobbing”, la cui fama certamente lo precede, facendolo così apparire all’osservatore un fenomeno in apparenza noto il cui richiamo, tuttavia, a uno sguardo sol più approfondito, risulta forse un po’ abusato. Com’è giustamente stato rilevato, la sofferenza sui luoghi di lavoro non è cosa né di ieri, né di oggi [2], ma attraversa la storia dell’uomo e quella, nobilissima, del lavoro medesimo, attività prima con cui questi esprime in modo assai rilevante la propria personalità, ed in fondo esercita la propria ontologica libertà. Sicché, al netto delle conoscenze contemporanee – sempre più precise e approfondite – del fenomeno osservato da un punto di vista sociale, sociologico e medico-legale, è sul piano del suo inquadramento giuridico che l’attenzione del cultore del diritto deve necessariamente appuntarsi. Proprio a causa della sua gravità e diffusione, si è ormai venuta consolidando una cospicua letteratura sul tema e una ancor più folta giurisprudenza. La finalità del presente breve intervento vuol essere quella di posare lo sguardo su alcuni dei profili della “fattispecie” – cosa non di certo nuova – tuttavia dal punto di vista delle ragioni del diritto processuale civile e, principalmente, dalla prospettiva dell’oggetto del processo. Pare proficuo prendere le mosse dall’analisi di un linguaggio che qua e là s’incrocia e che nasconde alcune insidie e potrebbe consentire qualche facile incomprensione. Ci si trova, invero, già al centro del nostro problema quando si comincia interrogandosi sulla consistenza concettuale della nozione di “azione di mobbing”, ovvero, in altre varianti linguistiche, di “domanda di mobbing”. Agli attuali fini, sgombriamo il campo dai problemi che già potrebbero intravedersi nell’utilizzo del termine azione ovvero di quello domanda; intendendo essi non come sinonimi, ma come equivalenti per ciò che a noi ora interessa, così da leggere nel termine azione il potere di adire il giudice, che viene riconosciuto a chiunque si affermi titolare di un diritto e che è esercitato per il tramite della proposizione della domanda giudiziale [3]. Svolte dette precisazioni, per “azione di mobbing” intendiamo il potere di far sorgere in capo al giudice il potere-dovere di pronunciarsi su una “domanda di mobbing”, onde poter procedere con l’affrontare la questione che ci siamo posti circa [continua..]

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