Un’assistente di volo di una impresa di trasporto aereo della Repubblica di Irlanda è stata licenziata perché aveva rifiutato di svolgere mansioni, a suo dire, dequalificanti e, in particolare, quelle di assistente di volo, dopo una precedente promozione a responsabile di cabina; il licenziamento era stato intimato sulla base del diritto irlandese. La lavoratrice aveva convenuto in giudizio il datore di lavoro davanti all’autorità giudiziaria italiana, in quanto ella prendeva servizio dall’aeroporto di “Ciampino” e tale era da considerare il luogo “da cui” svolgeva “abitualmente” la sua prestazione, ai sensi dell’art. 21 del regolamento del 12 dicembre 2015, n. 1215. La pronuncia ha confermato l’operare del diritto irlandese sia perché il rapporto aveva esecuzione su aeromobili irlandesi, sia in virtù di una espressa clausola contrattuale. Il contributo ha esaminato la fattispecie dal punto di vista dell’ordinamento italiano e si pone in correlazione con le riflessioni del collega irlandese che ha valutato la legittimità del licenziamento nella prospettiva del diritto irlandese.
A flight attendant employed in Republic of Ireland’s airline company was fired u to her refusal to perform duties, she said, de-qualifying and, in particular, flight attendants, after a previous promotion to cabin manager; the dismissal was ordered on the basis of Irish law. She sued the employer with the Italian judicial authority, as she took service from the airport of “Ciampino” and such was to consider the place from which “usually” she performed her service, according to art. 21 of the regulation of 12 December 2015, n. 1215. The ruling confirmed Irish law’s application both due to the fact that employment relationship was carried on an Irish aircraft, and also due to an express contractual clause. This essay examined the case from the point of view of the Italian legal system and it is correlated with the reflections of the Irish colleagues who assessed the legitimacy of the dismissal from the perspective of Irish law.
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1. L'attività in Italia di vettori aerei stranieri e l'applicazione della disciplina irlandese al licenziamento di una assistente di volo - 2. Le mansioni dell'assistente di volo nella navigazione italiana - 3. La pretesa del datore di lavoro di modificare in via unilaterale le mansioni e di ridurre la retribuzione, e l'applicabilità dell'art. 1460 cod. civ. - 4. L'illegittimità del licenziamento per violazione dell'art. 7 St. lav. e l'applicazione necessaria di tale norma anche a rapporti regolati dal diritto straniero - - 1. The activity of foreign air carriers in Italy and the application of Irish law to the dismissal of a flight attendant - 2. The flight attendant's tasks in the Italian navigation - 3. The employer's claim to unilaterally change the tasks and reduce the salary and the applicability of art. 1460 of the Italian Civil Code - 4. The unlawfulness of dismissal for infringement of art. 7 of the Italian Employment Law ("Statuto dei Lavoratori") and the necessary application of this law also to employment relationships governed by foreign law - NOTE
Il confronto con il punto di vista di un giurista irlandese è stato suggerito da una sentenza interessante [1] soprattutto perché ha applicato la legge di quel Paese al rapporto di lavoro con una assistente di volo di un noto vettore aereo straniero, poiché la stessa dipendente svolgeva la sua attività in partenza dall’aeroporto di Ciampino. A queste situazioni il diritto dei trasporti si è abituato da sempre, più quello marittimo che quello aeronautico, se non altro per l’ormai superata presenza della cosiddetta compagnia di bandiera italiana, ora in difficoltà costanti e incalzata dalla concorrenza. Non deve sorprendere il fatto che ciascun datore di lavoro possa cercare di provocare l’operare della sua legge nazionale, almeno perché ne ha una conoscenza piena e può sfruttare il difetto di informazione dei nostri prestatori di opere e dei loro difensori. Se si considera come, nel caso di specie, la dipendente risiedesse nel Lazio e decollasse in modo abituale da Roma, la fattispecie è inconsueta, tanto che a un nostro giudice è toccato dare attuazione alla regolazione irlandese sui licenziamenti. A tacere del diritto dei trasporti, l’attuale maggioranza parlamentare ha invocato a più riprese una internazionalizzazione dei rapporti di lavoro, a volere accettare questa locuzione impressionistica, poiché ha auspicato e favorito l’intervento in Italia di soggetti stranieri, i cosiddetti investitori, la cui iniziativa è stata richiamata spesso in modo un po’ approssimativo sul piano giuridico e senza considerazione del fatto che la loro azione nel nostro Paese potrebbe portare a frequenti controversie sul diritto applicabile. Poiché la sentenza si è imperniata sulla disciplina irlandese e la decisione è molto discutibile sulla base di quello italiano, è sembrata opportuna una valutazione sinottica dei due ordinamenti, proprio per vedere da entrambi i punti di vista quale fosse una soluzione razionale del problema. Un simile sforzo potrebbe essere ritenuto eccessivo rispetto alla portata delle questioni, delicate, ma non frequenti, se non altro per l’intreccio dei temi. Una valutazione sia sulla scorta del nostro diritto, sia sulla base di quello irlandese si giustifica in prospettiva, poiché tali situazioni si potrebbero moltiplicare e i giudici italiani si devono abituare. [continua ..]
La dipendente è stata licenziata perché ha rifiutato di svolgere mansioni, a suo dire, dequalificanti e, in particolare, quelle di assistente di volo, dopo una precedente promozione a responsabile di cabina. La lavoratrice avrebbe formulato in modo espresso, con un atto scritto, una eccezione di inadempimento, a cui il datore di lavoro ha replicato, insistendo nell’assegnazione a compiti inferiori sul piano professionale. Ne è derivato il rifiuto a espletare l’attività, poiché il vettore ha ordinato la partenza come assistente di volo e la lavoratrice ha invocato l’art. 1460 cod. civ. Per l’indisponibilità a espletare quanto richiesto, è stato intimato un licenziamento per «abbandono del posto» [10] e «rifiuto di riprendere le proprie mansioni» [11]. Dopo avere confermato in modo persuasivo l’operare del diritto irlandese, la pronuncia ha constatato che nessuna norma di tale ordinamento vieterebbe «l’affidamento di mansioni superiori temporanee» [12], né «il patto o anche la disposizione unilaterale di assegnazione di mansioni superiori appare manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico» [13], proprio perché l’art. 8, primo paragrafo, del regolamento Ce n. 593/2008 non era applicabile. La sentenza si è chiesta se fosse giustificato il rifiuto di svolgere le mansioni inferiori e se l’attribuzione temporanea dei compiti di responsabile di cabina e per un significativo lasso di tempo, superiore a sei mesi, avesse determinato il diritto a compiere solo tale attività e non altra, con la conseguente, possibile proposizione dell’eccezione di inadempimento. Per l’altro contributo [14], la condotta della lavoratrice è stata ingiustificata alla stregua del diritto straniero ed ella non avrebbe potuto rifiutare di prendere servizio, allegando di dovere espletare solo mansioni proprie di una superiore posizione di inquadramento. Tra l’altro, si confermano la legittimità per l’ordinamento irlandese dell’assegnazione temporanea delle mansioni superiori [15] e l’inesistenza di un istituto simile alla nostra promozione automatica. Sebbene la decisione non lo dica in modo esplicito, si è domandata se, in tema di inquadramento, ricorresse una norma di applicazione necessaria, della quale la [continua ..]
L’assistente di volo ha sollevato una eccezione di inadempimento ai sensi dell’art. 1460 cod. civ. e si è rifiutata di proseguire l’attività fino a quando non fosse stata assegnata di nuovo alle mansioni di responsabile di cabina. Nel nostro ordinamento, per una posizione nota [26], si può invocare l’art. 1460 cod. civ. solo a seguito di una valutazione comparativa tra il preteso inadempimento del datore di lavoro e quello attuato in forza dell’eccezione stessa; la reazione del prestatore di opere è giustificata qualora sia conforme a buona fede [27]. Pertanto, «non si può consentire al lavoratore (…) di sospendere la prestazione in base alla propria personale valutazione di non equivalenza delle mansioni» [28], poiché eserciterebbe «un potere di autotutela» sufficiente a «sospendere una prestazione contrattuale, ma non per infrangere il vincolo personale di collaborazione» [29] proprio del lavoro subordinato. Ancora, come si è detto, «non è legittimo il rifiuto (…), a causa di una ritenuta dequalificazione» [30], poiché l’art. 1460 cod. civ. postula un inadempimento completo e non parziale, e il giudizio volto a constatare se il dipendente sia in buona fede rimanda alla proporzione tra gli inadempimenti stessi e, cioè, “fra la parte della prestazione rimasta ineseguita e quella rifiutata in via di eccezione” [31]. Peraltro, è stato considerato illegittimo il licenziamento disciplinare intimato nei confronti del dipendente, che, in forza dell’art. 1460 cod. civ., abbia rifiutato l’adibizione a mansioni inferiori, ma offerto in modo contestuale di eseguire quelle originarie [32]. È minoritaria l’impostazione secondo la quale la buona fede sarebbe criterio di commisurazione della gravità dell’inadempimento, poiché “solo a fronte di inadempimenti gravi sarebbe possibile esperire il ricorso al rimedio dell’art. 1460 cod. civ.” [33]. Poco seguita è la tesi “che dà rilievo (…) a valutazioni circa l’imputabilità dell’inadempimento al soggetto nei cui confronti l’eccezione è sollevata” [34]. Difatti, “ammesso che l’inadempimento sia incolpevole, non si comprende la ragione per cui si [continua ..]
Il licenziamento è stato intimato per preteso “abbandono del posto di lavoro” e a fronte di un grave inadempimento. Con una simile motivazione, alla stregua del diritto italiano, il recesso ha natura disciplinare e non è neppure il caso di richiamare in merito la tradizionale tesi cosiddetta ontologica [38], poiché il vettore ha fatto riferimento espresso a un comportamento colpevole attribuito all’assistente di volo. A fronte della nota giurisprudenza costituzionale [39], non è più in discussione da molto tempo l’operare dell’art. 7 St. lav. a tutela del personale aeronautico e tale conclusione è stata basata proprio sulla riconosciuta necessità di un regime omogeneo in tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo a favore di tutti i prestatori di opere, tanto che queste importanti sentenze [40] possono indurre a una revisione critica della specialità del lavoro aeronautico, come ho cercato di dimostrare in un precedente contributo [41]. Non solo in ossequio alle decisioni della Corte Costituzionale [42], ma per la sua centralità nel diritto italiano, l’art. 7 St. lav. è norma di applicazione necessaria, in particolare se si riflette sul suo elemento portante e, cioè, sulla garanzia del contraddittorio. Infatti, vi è stata una estensione progressiva di questo criterio, sempre con il richiamo a valori di civiltà giuridica, indicativi dell’ordine pubblico per il modo nel quale è inteso nel nostro ordinamento. A tacere del caso dei dirigenti [43], lo conferma la parabola della tradizionale disciplina del Codice della navigazione [44], il quale, più favorevole al lavoratore di quanto fosse il Codice civile nel momento nel quale questo ultimo era stato concepito, ha, poi, subìto le trasformazioni del diritto comune e, in primo luogo, l’imporsi dell’art. 7 St. lav. [45]. Se il problema fosse stato sollevato (almeno per la tesi maggioritaria, secondo cui non può essere rilevata di ufficio la nullità del licenziamento) [46], a differenza di quanto accaduto per la promozione automatica il giudice avrebbe dovuto considerare la tutela del contradditorio come norma di applicazione necessaria e avrebbe dovuto rilevare l’illegittimità del recesso, per la mancata contestazione degli addebiti, [continua ..]
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The confrontation with an Irish jurist’s point of view was suggested by an interesting ruling [55], especially because it applied the law of that Country to the employment of a flight attendant of a well-known foreign air carrier, since the employee concerned carried out her job while leaving from Ciampino airport. Transport law is already used to these situations, more maritime law than air law, at least due to the obsolete presence of the so-called Italian national flagship airline, now in constant difficulties and pressed by competitors. It is not surprising that an employer may try to apply their national law at least because it has full knowledge of it and may take advantage of the lack of information of Italian employees and their counsel for the defence. If we consider that the employee concerned resided in Latium and usually took off from Rome, the case in point is so unusual that an Italian judge had to apply Irish rules on dismissal. Regardless of transport law, the current parliamentary majority wished several times for an internationalization of employment – if we want to accept this rather impressionistic expression – because it hoped for and favoured the presence of foreign subjects in Italy, the so-called investors, whose initiative has been quoted often in approximate terms from a legal standpoint and without taking into account that their business in our Country may lead to frequent disputes on the law to be applied. Since the ruling is based on Irish law and the decision is quite questionable based on Italian law, a synoptic assessment of the two regulations has been considered advisable to look for a rational solution to the problem from both points of view. Such an effort may be regarded as excessive compared to the scope of the questions, which are delicate but infrequent, at least due to the network of issues. An assessment based on both Italian and Irish law is prospectively justifiable, since these situations may multiply and Italian judges should get accustomed to them. Indeed, the remarks of the Irish colleague were partially surprising. He regarded the withdrawal legitimate from a substantive point of view, with a clear motivation. However, if we want to use expressions of our law with imprecision unavoidable in these cases, if the dismissal has been considered justified, procedural aspects have been highlighted that the flight attendant could have invoked with promising outcomes [56]. These [continua ..]
The employee was dismissed because she refused to perform duties that, she said, were downgrading and, in particular, flight attendant duties, after being promoted to senior cabin crew member. The employee raised a written exception regarding non-performance, to which the employer replied by insisting on the assignment to professionally lower duties. This led to her refusal to perform the duties, since the airline ordered to take-off as flight attendant and the employee invoked art. 1460 of the Italian Civil Code. Due to her unwillingness to perform the required duties, dismissal was imposed on her for «abandoning her post» [64] and «refusing to resume her duties» [65]. After confirming the applicability of Irish law in persuasive terms, the ruling established that no Irish rules and regulations would prohibit «the entrusting of temporary higher duties» [66] and that «an agreement or even a unilateral direction to entrust higher duties is not manifestly incompatible with public order» [67]. The ruling asked whether the refusal to perform lower duties was justified and the temporary entrusting of the tasks of senior cabin crew member for a significant period of time, longer than six months, determined the right to carry out that activity only, with the subsequent possible exception of non-performance. According to the other contribution [68], the employee’s conduct was unjustified as stated by Irish law and she could have not refused to provide her services by pleading that she had to perform only tasks related to a higher employment position. Besides, the legitimacy of the temporary entrusting of higher tasks under Irish law [69] and the non-existence of an institution similar to the Italian automatic promotion in that law are confirmed. Although the ruling did not state it explicitly, it questioned whether, as for assignment, there was a rule of necessary application, of which the employee could have recourse to. Indeed, it reads «the principle of the so-called automatic promotion pursuant to art. 2103 of the Italian Civil Code does not represent an important building block of Italian (..) law, being essential only the guarantee, this certainly of constitutional significance, of the right to a remuneration commensurate to the quantity and quality of their work (art. 36 of the Italian Constitution). – something that occurred in the case in point [continua ..]
The flight attendant raised an objection of non-performance pursuant to art. 1460 of the Italian Civil Code and refused to continue her work until she was assigned again to the tasks of senior cabin crew member. Under Italian law, for a given job [80], it is possible to invoke art. 1460 of the Italian Civil Code only following a comparative assessment between the employer’s alleged non-performance and the employee’s non-performance related to the exception; the employee’s reaction is justified provided that it is in good faith [81]. Therefore, «the employee is not allowed (…) to suspend their performance based on their personal assessment of non-equivalence of tasks» [82], since they would exercise «a self-protection power» sufficient to «suspend a contractual performance, but not to infringe the personal collaboration bond» [83] that is typical of employment. Moreover, as said before, «refusal is not legitimate (…) if based on alleged downgrading» [84], since art. 1460 of the Italian Civil Code envisages full (and not partial) non-fulfilment and the assessment of whether the employee is in good faith refers to the non-fulfilment proportion, i.e. «between the unperformed part of the performance and the refused one due to the exception» [85]. Moreover, disciplinary dismissal has been considered illegitimate if ordered against an employee who, pursuant to art. 1460 of the Italian Civil Code, refuses assignment to lower tasks but simultaneously offers to perform the original ones [86]. The approach according to which good faith would be the commensuration criterion for the non-performance severity is a minority one, since “it would be possible to have recourse to the remedy pursuant to art. 1460 of the Italian Civil Code only in case of serious non-performance” [87]. The point “that gives importance (…) to assessments on non-performance chargeability to the party against which the exception was raised” is quite disregarded [88]. Indeed, “even assuming that non-performance is without fault, there is no reason to reward the non-performing party, if the same requests the consideration, in spite of being aware that it did not fulfil its obligation” [89]. Regardless of the fact that art. 2103 of the Italian Civil Code could not be invoked, the employee, even if believing [continua ..]
The employee’s dismissal was ordered for her alleged “abandoning her post” and against serious non-performance. Under Italian law, with such a motivation the withdrawal has a disciplinary nature and there is no need to refer to the so-called traditional ontological thesis [92], since the air carrier made explicit reference to misconduct attributable to the flight attendant. Based on well-known constitutional case-law [93], the applicability of art. 7 of the Italian Employment Law to protect air employees is no longer questioned and such a conclusion is based precisely on the recognized need for a homogeneous regulation on dismissal for cause and justified subjective reason, in favour of all employees, to the extent that these important judgments [94] may lead to a critical review of the special nature of air employment, as I tried to prove in a previous contribution [95]. Not only in observance of the Constitutional Court’s decisions [96], but also due to its central position in the Italian legal system, art. 7 of the Italian Employment Law is a rule of necessary application, particularly if one considers its cornerstone, i.e. the guarantee of the adversarial procedure. Indeed, this criterion has been progressively extended, again with reference to legal civilization values that are representative of public order as it is intended in our legal system. Without mentioning the case of managers [97], this is confirmed by the path of the traditional Navigation Code [98], which, more favourable to workers than the Civil Code when the latter was conceived, later was affected by the changes occurred in ordinary law and, first of all, the prevalence of art. 7 of the Italian Employment Law [99]. If the issue had been raised (at least for the predominant thesis according to which the dismissal invalidity cannot be raised by the court on its own motion [100]), unlike the case of automatic promotion, the judge could have taken into account the protection of the adversarial principle as a rule of necessary application and should have raised the withdrawal illegitimacy, due to failure to state objections, since there is no trace of it in the description of the events included in the decision. Although based on different assumptions, an analysis with similar final conclusions can be found in the foreign colleague’s contribution [101], who pointed out the peculiarity of the manner in [continua ..]