I poteri di rilevabilità officiosa delle nullità contrattuali, affermati dalle Sezioni Unite nel 2014, si rivelano idonei a generare non poche criticità nell’ambito del giudizio di impugnativa del licenziamento, dove una dichiarazione di nullità, in luogo dell’invalidità inizialmente invocata dal ricorrente, ben può condurre alla possibilità di elargire una forma di tutela diversa rispetto a quella originariamente richiesta: a tali scenari, e alla riconduzione del sistema al rispetto del principio della domanda, è dedicato il presente contributo.
On judicial power to declare voidness and dismissal procedure The judicial powers to void a contract, stated by the Supreme Court in 2014, may conflict with the appeal against dismissal, since the application of the voidness rule may imply a different judicial protection than the one requested by the plaintiff. This paper deals with the problem of the connection between the petition and the judgment.
1. Prologo. I principi affermati da Cass., sez. un., 12 dicembre 2014, nn. 26242 e 26243
A chiusura di un percorso iniziato due anni prima [1], le Sezioni Unite, con le sentenze gemelle 26242 e 26243 del 12 dicembre 2014 [2], sono intervenute, come oramai ampiamente noto, a offrire un quadro (almeno nelle intenzioni, e senz’altro auspicabilmente) definitivo su uno dei temi che maggiormente involgono i rapporti tra diritto sostanziale e processo, ossia quello relativo alla rilevabilità, nell’ambito di quest’ultimo, delle nullità contrattuali.
Altrettanto nota, peraltro, è la lunghezza che caratterizza tali pronunce, e che ha indotto l’unanimità dei commentatori ad annoverarle tra le c.d. sentenze-trattato. L’operazione che ci accingiamo a compiere nelle battute introduttive del presente lavoro, pertanto, non potrà – né, crediamo, dovrebbe – addentrarsi in un’analisi dettagliata di quanto espresso dalla Suprema Corte, bensì sarà limitata all’illustrazione di quei principi che appaiano fondamentali e, soprattutto, strumentali all’introduzione del tema che verrà affrontato in queste pagine, già adombrato nel titolo del presente contributo e che si provvederà a meglio definire nel corso del prossimo paragrafo.
Anzitutto, e quale immediata implementazione dei principi espressi nel 2012, le Sezioni Unite hanno affermato l’esistenza, in capo al giudice di merito, del potere-dovere di rilevare d’ufficio la nullità del contratto – salvo che il rigetto della pretesa avvenga per accoglimento di una “ragione più liquida” – non solo in caso di proposizione di domanda di risoluzione contrattuale, ma anche in caso di richiesta di adempimento e in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale, ivi comprese annullamento e rescissione. La Corte, in altri termini, sposa l’idea secondo cui l’oggetto del processo, nel sistema delle impugnative negoziali, sarebbe il rapporto contrattuale unitariamente inteso, e non il singolo diritto potestativo (all’annullamento, alla risoluzione, o alla rescissione del contratto) nel caso di specie azionato [3], con la conseguenza per cui il giudice non è chiamato, in tali casi, ad affermare o negare il singolo diritto di impugnativa fatto valere, bensì l’esistenza stessa del rapporto contrattuale, e dunque, quale necessario antecedente logico della decisione, nonché parte connaturale del thema decidendum, l’eventuale sua nullità: l’obiettivo, conformemente ai principi di economia processuale, di effettività della tutela e di prevenzione dell’abuso del processo, è che le parti abbiano a discutere della nullità del negozio (tendenzialmente) una volta soltanto [4]. Sul piano processuale, il rilievo officioso di una causa di [continua..]