Il saggio si propone, innanzitutto, di ricostruire l’evoluzione della normativa nazionale che consente il recesso ad nutum nei riguardi del lavoratore pensionabile, al fine di valutarne la compatibilità con il divieto di discriminazione in ragione dell’età, assurto al rango di principio fondamentale nell’ordinamento euro-unitario. Un ampio spazio viene dedicato alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, chiamata più volte a pronunciarsi sulle normative e sulle clausole contrattuali collettive che, in diversi Stati membri, prevedono la possibilità di recedere liberamente al raggiungimento di una certa età ed alla maturazione dei requisiti pensionistici. Pur prendendo posizione a favore della conformità della disciplina italiana con il dettato europeo, l’A. giunge da ultimo a proporre una soluzione interpretativa che veda rafforzata la posizione del lavoratore nei casi in cui la legge consente, al lavoratore, di esercitare l’opzione, o, alle parti, di accordarsi per la prosecuzione dell’attività oltre il raggiungimento dell’età utile per l’accesso al trattamento pensionistico.
The dismissal of pensionable employees in Italy, between the financial constraints and the fundamental principles of the multilevel legal order The article focuses on the development of Italian labor law provisions granting employers’right to dismiss the employees who become eligible for pension. The aim is to scrutinize the conformity of the latter discipline with the ban on discrimination on the ground of Age, which was enshrined as a general principle at EU level. A significant attention is paid to the most relevant judgments by the E.C.J., which generally ruled in favor of the consistency with EU principles of domestic law provisions allowing employers to freely dismiss the employees who become eligible for retirement. Ultimately, the A. puts forth an interpretation of Italian provisions in matter, which takes into account both the budgetary constraints of the State (well visible in EU law and domestic law allowing derogations to the ban on discrimination on the ground of age) and the interest of the pensionable employee to remain in the labor market.
1. Introduzione
È sin troppo noto, anche ai non addetti ai lavori [1], che si vive in un’epoca in cui l’allungamento dell’aspettativa di vita, unito ad una scarsa natalità ed ad un elevato tasso di disoccupazione giovanile, pone la necessità di garantire un efficace ricambio generazionale e, al tempo stesso, di salvaguardare i delicati equilibri del sistema pensionistico [2], che, per certi versi, sembra rappresentare il punto di partenza e, insieme, di arrivo di molte delle riflessioni dedicate al tema de quo [3].
L’oggetto delle brevi note che seguono è assai più circoscritto, investendo la questione del licenziamento del lavoratore pensionabile, generalmente ricondotto, a partire dalla manualistica, nell’ambito delle residuali ipotesi di libera recedibilità [4], ma sottoposto, specie di recente, a una serie di spinte e tensioni di diverso segno: da un lato, la “promessa di stabilità” quale incentivo alla prosecuzione del rapporto, nell’interesse del lavoratore alla massimizzazione della posizione pensionistica e, soprattutto, dell’erario alla postergazione dell’erogazione del trattamento, sullo sfondo delle sbandierate esigenze di ricambio generazionale [5]; dall’altro lato, l’ingresso del fattore età, a partire dal nuovo Millennio, nell’orbita del diritto antidiscriminatorio europeo, con un ruolo per giunta tutt’altro che marginale.
Come si vedrà, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha a più riprese avallato, forte dell’ampio novero di deroghe al divieto di disparità basate sull’età contemplate nella direttiva 78/2000/CE, le normative nazionali basate sul licenziamento libero (addirittura, “automatico”) del lavoratore al raggiungimento di una certa età e dei requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico, pur segnalando, al tempo stesso, l’esigenza di garantire coerenza e sistematicità ad un sistema (quand’anche) legittimamente fondato sul criterio “AGE-PLUS” (ossia età + requisiti pensionistici), e non su quello “AGE-ONLY”, censurato in più casi dalla Corte.
Fondandosi ormai da tempo l’apparato di regole in materia di recesso del lavoratore pensionabile sul criterio AGE-PLUS, verrà sottoposta a rilievi critici la lettura, che ha trovato recente accoglimento in una parte della giurisprudenza di merito, che ha ravvisato un contrasto tra la normativa de qua e il divieto di discriminazione in ragione dell’età; al tempo stesso, però, si cercherà di evitare l’appiattimento sulla conformità della normativa italiana, cercando di proporre una “terza via” con la quale coniugare le pressanti esigenze del sistema previdenziale e le istanze di tutela della [continua..]