L’articolo propone alcune riflessioni in merito al lavoro agile introdotto dalla l. n. 81/2017 e al lavoro tramite piattaforma digitale. Le due forme di occupazione sono accostate perché espressione di modalità organizzative che allontanano il prestatore dal centro operativo, materiale e umano costituito dall’impresa e dalla disciplina eteronoma di tutela. Dopo averne identificato i tratti distintivi, l’A. osserva che le deviazioni contenute in tali schemi rispetto al lavoro subordinato non sono sufficienti a provocare uno slittamento verso il modello dell’autonomia: o perché limitate ad un ambito di disciplina ristretto, o perché non garantiscono al prestatore un autentico spazio di libertà e indipendenza nell’organizzazione del lavoro. In entrambi i casi, emerge un rischio di estensione dell’area dell’adempimento che deve essere corretto al fine di evitare uno scambio iniquo e un eccessivo coinvolgimento della sfera personale del prestatore.
The article offers some considerations on the “agile work” introduced by law n. 81/2017 and on the crowdwork as well. These forms of employment are compared because they both remove the worker from the management of the undertaking and, at the same time, they exclude him from some protection regulations. After identifying their main features, the A. highlights that the deviations from the “subordination model” do not determine a shift towards the “self-employment model” because of the narrow scope of the law or because of the lack of actual indipendence of the worker in setting his activity. It emerges instead a risk of extension of the contratual obligations that should be amended in order to avoid an unequal contratual exchange and an unreasonable involvement of the worker’s personality.
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1. Il contesto di riferimento - 2. Il modello negoziale del crowdwork: l'eclissi delle prestazioni di durata - 3. Contaminazioni tra crowdwork e lavoro agile - 4. Il rapporto di lavoro subordinato in forma agile: distopia o piccole deviazioni? - 5. I confini della prestazione: il tempo di lavoro e gli obiettivi - 6. La crisi della subordinazione non genera autonomia - 7. La necessaria integrazione della disciplina - NOTE
La trasformazione in chiave digitale dei processi produttivi ha determinato una rilevante propensione alla flessibilità spazio-temporale, alla delocalizzazione dei servizi e alla sperimentazione di innovative modalità organizzative. Grazie alle interconnessioni in apparenza paritarie facilitate dal web, l’elenco delle forme di occupazione si è arricchito di tipologie occasionali e parcellizzate, non (ancora) tipizzate per via legislativa. Le innovazioni tecnologiche hanno altresì promosso l’impiego di nuovi modelli di coordinamento della forza lavoro che non richiedono una struttura rigidamente gerarchica [1]. Mentre il crowdwork [2] si inserisce in un vuoto regolamentare, il lavoro agile disciplinato dalla l. n. 81/2017 asseconda e anticipa tendenze emergenti in alcuni contesti produttivi già in parte recepite negli accordi collettivi aziendali. Entrambe le articolazioni si atteggiano a forme ibride o anomale del tipo negoziale che ne costituisce il riferimento astratto: la prima mostra elementi di divergenza rispetto al modello contrattuale dell’autonomia; la seconda rispetto all’area della subordinazione in cui è stata collocata dal legislatore.
Le piattaforme digitali ricorrono a contratti di lavoro autonomo, anche nella forma delle collaborazioni coordinate e continuative o delle prestazioni occasionali, oppure a contratti atipici e misti in cui lo svolgimento di attività di lavoro viene tradotta nei concetti di condivisione o di collaborazione tra partner imprenditoriali. Smascherati senza difficoltà i tentativi di sharing washing cui talvolta ricorrono gli operatori del web [3], le relazioni di lavoro mostrano in ogni caso tratti peculiari rispetto a quelli del lavoro autonomo. L’infrastruttura digitale ha la disponibilità di un’illimitata forza lavoro, estremamente variegata e di facile reperibilità, che rende maggiormente conveniente l’accesso ripetuto al mercato, azzerando il vantaggio economico derivante dalla sostituzione delle transazioni di mercato con decisioni volte alla gestione nel tempo delle relazioni giuridiche [4]. Il principale elemento di differenziazione rispetto al lavoro autonomo si ravvisa pertanto nell’assenza o nella minima rilevanza del coordinamento tra piattaforma o beneficiario finale, da un lato, e prestatore, dall’altro, anche qualora si tratti di attività che si succedono con una certa costanza. Tale modello giuridico tende a escludere ogni caratteristica che lo possa avvicinare ai contratti di durata [5] perché non esiste un interesse della piattaforma (e nemmeno del committente) allo svolgimento del rapporto in forma continuativa o intermittente da parte del medesimo prestatore. Le operazioni di organizzazione sono concentrate nella fase che precede la conclusione dei contratti e utilizzano forme di estrinsecazione automatiche e standard che portano all’eccesso l’irrilevanza dell’apporto del prestatore nella definizione del regolamento contrattuale. Le clausole unilaterali definiscono le caratteristiche del rapporto (così come della relazione tra committente e piattaforma) con un elevato grado di dettaglio, perché, in tale schema, la limitatezza temporale della relazione priva di significato sia un intervento di adattamento dinamico da parte del beneficiario, che la predisposizione di accordi per lo svolgimento delle relazioni giuridiche nel tempo [6]. Il personale necessario per offrire sul mercato un determinato servizio viene dunque reperito ricorrendo a transazioni episodiche con condizioni [continua ..]
La facoltà di organizzare i processi produttivi sulla base di micro-compiti può determinare una preferenza per l’esternalizzazione digitale rispetto alla forza lavoro interna e agli schemi negoziali standard per l’affidamento di servizi. Consente altresì di gestire l’attività lavorativa attraverso sistemi di crowdwork che coinvolgono la generalità del personale aziendale per l’ideazione e realizzazione di progetti [11]. Tali articolazioni organizzative conducono a incisive modifiche dell’equilibrio tipico del lavoro subordinato nella misura in cui l’accettazione e lo svolgimento dei tasks caricati sulla piattaforma diviene parametro di determinazione della retribuzione o condiziona la cessazione del rapporto, vanificando «un principio immanente alla struttura stessa del rapporto»: è onere del datore garantire le occasioni di lavoro [12]. Oltre al ricorso a tali strutture gestionali, la diffusione di tecnologie digitali e automatizzate nelle catene produttive [13] può condizionare le caratteristiche dell’obbligazione di lavoro. L’interazione uomo-macchina è in grado di modificare diversi aspetti definitori del lavoro subordinato, incidendo «sulla dimensione quali/quantitativa della prestazione, sulle modalità d’esecuzione e sui risultati del comportamento solutorio» [14]. La stretta commistione tra contributo umano e apporto delle macchine influisce sia sulla diligenza quale criterio di conformazione della prestazione di lavoro, che sulla disponibilità continuativa di energie lavorative quale elemento identificativo dell’oggetto del rapporto. Una lettura di tali evoluzioni tecnico-economiche – con note ottimistiche – ipotizza che una regolazione articolata per progetti e fasi di lavoro sia in grado di valorizzare il prestatore e il suo contributo intellettuale nelle realtà produttive ad alta digitalizzazione. La piena realizzazione delle potenzialità dei cambiamenti in atto dipenderebbe in tale ottica dalla capacità delle regole giuridiche di incidere «sulla struttura della impresa, sulla sua concezione e sui relativi processi produttivi e di utilizzo del fattore lavoro» [15]. È al contrario possibile che la destrutturazione dei riferimenti spazio-temporali del lavoro [continua ..]
Il legislatore ha posto il lavoro agile nello schema della subordinazione ma lo ha connotato di tratti singolari che ne suggeriscono una classificazione in termini di rapporto di lavoro speciale. La ragione che ha portato ad una declinazione del lavoro a distanza ulteriore e, almeno in parte, diversa rispetto al telelavoro può essere rinvenuta nell’intenzione di realizzare una «commistione a contenuto variabile tra logiche di comando e controllo tipiche della idea novecentesca di subordinazione e forme emergenti di lavoro a progetto o per obiettivi, largamente auto-organizzate dal prestatore di lavoro o comunque rese in funzione di un tenue coordinamento con il committente/datore di lavoro» [21]. Sebbene non si tratti di «detipicizzazione della fattispecie fondante il diritto del lavoro» ma di «destandardizzazione della disciplina applicabile» [22], l’assetto complessivo delle regole mostra tratti di eccezionalità rispetto alla scelta ordinamentale di far prevalere l’apparato protettivo costruito attraverso le norme inderogabili sull’autonomia negoziale. La disciplina degli artt. 18 ss., l. n. 81/2017 incrocia gli elementi tipici dello schema dell’art. 2094 c.c. con altri più simili a quelli del rapporto di lavoro autonomo [23]: l’ampio spazio assegnato all’accordo individuale per la precisazione delle modalità di svolgimento della prestazione e la possibilità di organizzare il contenuto contrattuale «in funzione di obiettivi, cicli o fasi». All’accordo di lavoro agile integrativo del contratto è devoluta una parte significativa ed essenziale della disciplina cui sarà sottoposto il lavoratore, con una decisa espansione dell’ambito di operatività dell’autonomia individuale [24]. Datore e lavoratore hanno la facoltà di ridefinire l’ossatura dell’intero rapporto, quanto ai confini spazio-temporali della prestazione, alle modalità di controllo, all’individuazione delle condotte inadempienti all’esterno dei locali aziendali [25]. L’accordo può altresì allentare i vincoli di luogo e di tempo e prevedere che l’attività lavorativa sia organizzata per obiettivi: ne consegue che anche la fissazione dei confini quali-quantitativi dell’obbligazione è in ampia parte rimessa all’incontro delle [continua ..]
Sebbene il modello non sia così radicalmente diverso da quello dell’art. 2094 c.c. a causa dei limiti di operatività della disciplina, devono lo stesso essere chiarite le lacune e le incertezze del dettato legislativo [32] in merito alla determinazione dei confini dell’attività su cui incide la l. n. 81/2017. La maggiore libertà nel tracciare tempo, spazio e contenuto della prestazione esterna all’azienda [33] costituisce lo strumento attraverso il quale la legge intende perseguire le finalità di conciliazione vita-lavoro e di aumento della competitività. In assenza di indicazioni più specifiche è lecito mettere in discussione l’attribuzione di una facoltà derogatoria piena rispetto alla disciplina sull’orario di lavoro di origine europea, attuativa di precetti di rango costituzionale. Anzitutto, è la stessa necessità di rispettare la durata massima giornaliera e settimanale entro cui deve svolgersi la prestazione a comportare «l’applicabilità della definizione di orario di lavoro e la misurabilità dello stesso» [34]. Oltre a ciò, il riferimento all’orario di lavoro normale settimanale, di fonte legislativa o contrattual-collettiva secondo quanto previsto dall’art. 3, commi 1 e 2, d.lgs. n. 66/2003, diviene essenziale per garantire la parità in relazione al trattamento «economico e normativo» (art. 20, l. n. 81/2017), sebbene quest’ultima sia parametrata al trattamento complessivamente applicato a chi non accede alla modalità agile e dunque non richieda una corrispondenza completa, ma ammetta flessibilità nella collocazione temporale [35]. Il principale nodo da sciogliere consiste nella delimitazione della quota di lavoro destinataria della disciplina legislativa speciale. A causa dell’alternanza tra lavoro all’interno e all’esterno dell’azienda, l’indicazione del quantum di prestazione a cui si applicherà l’accordo è condizionata dalla mancanza di un orario normale giornaliero di fonte legislativa [36]. La distribuzione dell’attività nell’arco della settimana è rimessa alle decisioni organizzative del datore, secondo l’assetto fissato nel contratto ma modificabile nell’esercizio dello ius variandi, salvo il rispetto delle [continua ..]
I rapporti di lavoro presi in esame hanno offerto agli interpreti l’occasione per sottolineare l’acuirsi dell’insufficienza delle soluzioni qualificatorie e per formulare nuove proposte o aggiornare criteri di riforma esplorati in passato. La diffusione di forme atipiche caratterizzate dalla discontinuità ed episodicità ha concentrato l’attenzione su una possibile rivisitazione interpretativa per via giurisprudenziale dell’apparato di tutele volta ad attribuire le garanzie essenziali per lo svolgimento del lavoro a prescindere dalla ricorrenza degli indici della subordinazione [41]. Si tratta di un’opzione interpretativa che merita attenzione, per la quale è necessario l’apporto creativo – e forse anche un po’ spregiudicato – della giurisprudenza che dovrà selezionare le tecniche rimediali più adeguate ad assicurare la certezza e la parità di trattamento. Qualora non venga intrapreso tale percorso, può ancora farsi affidamento sulla capacità di adattamento della nozione di subordinazione alla realtà sociale. Nel crowdwork le piattaforme esercitano un elevato grado di controllo e di conformazione del lavoro [42] attraverso le indicazioni predeterminate per via contrattuale e rese operative grazie all’apporto degli strumenti digitali. Fatta eccezione per i siti che realizzano soltanto intermediazione, le strutture tecnologiche compongono assieme ai prestatori un «sistema integrato» [43], nel complesso idoneo a rendere il servizio oggetto dell’attività economica dell’impresa. Il principale ostacolo rispetto alla configurazione della subordinazione sta pertanto nell’alternanza tra fasi di lavoro, brevi e concentrate in una micro prestazione, e fasi di non lavoro, caratterizzate da una peculiare disponibilità di fatto del prestatore [44]. Alcune regole di funzionamento che collegano in maniera continuativa la prestazione al centro organizzativo possono far sorgere obbligazioni in capo ai prestatori durante le pause tra un compito e l’altro [45]. Tutte le volte in cui una quota delle azioni di organizzazione e direzione si estenda anche alla fase di non attività ne consegue un condizionamento alla libertà e indipendenza del prestatore che, superata una certa soglia, può assumere [continua ..]
La portata dell’inserimento nello scambio negoziale di elementi di maggiore indipendenza e auto-responsabilità del prestatore, ridimensionata e precisata nella sua estensione qualitativa e quantitativa, non richiede un ripensamento dei tratti definitori del lavoro subordinato [53]. Similmente, la subordinazione – assieme alla formulazione dell’art. 2, d.lgs. n. 81/2015 – ha sufficiente capienza per contenere le situazioni in cui la quota di apporto autonomo del prestatore in un’organizzazione produttiva sia incomparabilmente meno rilevante rispetto a quella del gestore di quest’ultima. Un’esigenza di altro genere accomuna lavoro agile e crowdwork. Per entrambe le forme di lavoro è necessario evitare che dietro l’affidamento di progetti, più ampi e articolati, così come micro ed eseguibili all’istante, si celi uno scambio iniquo che non consente la remunerazione dell’intera prestazione – eventualmente nella forma della disponibilità – e che corrispondentemente espone i lavoratori a rischi maggiori concernenti la dilatazione dell’area dell’adempimento [54]. Assume pertanto importanza centrale individuare per tali forme di occupazione i meccanismi più adeguati per determinare i termini dello scambio contrattuale con sufficiente precisione e corrispondenza alla realtà. Nel lavoro agile, senza svilire la capacità d’innovazione di accordi che interpretino in maniera più dinamica il sinallagma contrattuale, è necessario predisporre presidi per rendere predeterminati e verificabili i livelli e l’entità della prestazione. In tal modo si potrà evitare un carico professionale eccessivo e un’indebita soggezione personale [55] durante le giornate lavorate al di fuori dei confini dell’azienda. La ratio di conciliazione vita – lavoro dovrebbe inoltre limitare le prerogative datoriali imponendo che la distribuzione dell’orario avvenga sulla base delle scelte del prestatore ed escludendo il potere datoriale di variarne la collocazione [56]. Sebbene la legge non riservi alla contrattazione collettiva una specifica competenza, essa può legittimamente intervenire per garantire ex ante l’equa distribuzione dell’orario normale settimanale. Rivestirebbe altresì particolare utilità un intervento [continua ..]