Il saggio affronta l’esegesi del nuovo testo dell’art. 2103 c.c., nella versione introdotta dall’art. 3, d.lgs. n. 81/2015. Dopo una ricognizione storica dell’evoluzione della disciplina delle mansioni, anche alla luce dei problemi organizzativi che essa involge, l’autore si occupa delle principali criticità interpretative delle regole sulla mobilità orizzontale. Egli evidenzia non soltanto il ruolo sovrano della contrattazione collettiva nel delimitare il novero dei compiti esigibili dal datore di lavoro, ma anche i principi desumibili dalla direttrice di tutela dell’art. 2087 c.c.: il rispetto della personalità morale del lavoratore sub specie della sua professionalità deve ispirare anche oggi il datore nell’esercizio dello jus variandi orizzontale. Il breve paragrafo finale trova conferme a quanto sostenuto anche sul piano della teoria economica: un’illimitata fungibilità di mansioni nuoce in ultima analisi proprio all’efficienza dell’impresa.
The power to modify employee tasks and the protection of professional qualification after Jobs Act (or what has remained of Sect. 13 of the Workers' Statute) The article deals with the interpretation of the new text of Sect. 2103 of the Civil Code, in the version introduced by Sect. 3, Legislative Decree No. 81/2015. After summarizing the historical evolution of the provisions on the modification of employee tasks by the employer, also in the light of the organizational problems involved, the author analyses the trickiest issues of the rules on the horizontal mobility in the enterprise. In his opinion not only does collective bargaining have very extensive powers in delimiting the tasks the employers may demand that their employees perform; the principles deriving from Sect. 2087 of the Civil Code also set limits on this power. In particular, under Sect. 2087 the employer must respect the “moral personality” of their employees, and namely their professional qualification: as a consequence, the employer must stick to this principle even today while exercising his/her power to modify employee tasks. The short final paragraph shows that economic theory offers some confirmation to what has been said: an unlimited power to modify employee tasks is likely to jeopardize economic efficiency as well.
1. Il dilemma dell’oggetto del contratto di lavoro subordinato
L’oggetto del contratto di lavoro subordinato rappresenta senza dubbio una delle maggiori peculiarità rispetto al diritto comune dei contratti: il suo tratto più singolare non è costituito soltanto dalla circostanza che nell’obbligazione caratteristica sia dedotto lavoro umano, ma dalla strutturale indeterminatezza dei contenuti di tale lavoro. È merito di un geniale economista quale Ronald Coase quello di aver intuito che il passaggio dai rapporti di mercato a quelli di gerarchia, e quindi la nascita dell’impresa, riposi proprio sull’utilizzo di questa tipologia contrattuale, in grado di evitare all’imprenditore di negoziare giorno per giorno (ma si potrebbe dire anche ora per ora o addirittura minuto per minuto) sui contenuti e il valore dei diversi compiti cui volta per volta il dipendente viene adibito [1].
Insomma, l’indeterminatezza dell’oggetto della prestazione di lavoro è da sempre croce e delizia del lavoro subordinato, se non dell’intero sistema economico nato dalla Rivoluzione industriale [2]. Non desta pertanto stupore che una corrente del pensiero economico neo-istituzionale collochi il contratto di lavoro subordinato saldamente tra quelli c.d. “incompleti”, poiché attribuisce al creditore della prestazione lavorativa il potere di “completarlo” identificando di volta in volta i confini dell’obbligo di lavorare [3]. Da questa ricostruzione di alcuni economisti nonmainstream si possono trarre interessanti corollari anche in punto di regolazione del lavoro subordinato, sui quali tuttavia si tornerà alla fine di queste note (par. 6).
Indeterminatezza dell’oggetto della prestazione lavorativa non significa, naturalmente, che l’oggetto del contratto di lavoro sia indeterminato o indeterminabile: una deviazione così frontale dai principi cardine del diritto civile (art. 1346 c.c.) non potrebbe trovare accoglimento nemmeno in un diritto secondo così peculiare come quello di lavoro subordinato [4]. Già nella versione originaria dell’art. 2103 del codice civile il potere di conformazione della prestazione lavorativa attribuito al datore di lavoro venne confinato entro i limiti delle mansioni di assunzione, con la possibilità di una dilatazione a compiti diversi condizionata al rispetto di tre presupposti cumulativi: l’esistenza di esigenze aziendali, il divieto di mutamenti sostanziali nella posizione del lavoratore, la conservazione del trattamento retributivo pregresso o la corresponsione di quello, eventualmente più favorevole, spettante in relazione alle nuove mansioni. Secondo la ricostruzione più diffusa, la deroga ai principi generali del diritto civile consisteva proprio nella facoltà del datore di richiedere al prestatore [continua..]