Il contributo si propone di leggere, attraverso le vicende estintive del rapporto associativo e di quello di lavoro di cui è titolare il socio lavoratore, la complessità del fenomeno cooperativo. In particolare, l’Autrice si concentra sui profili più critici sui quali in giurisprudenza si riscontrano, a diversi anni di distanza dall’emanazione della legge n. 142/2001, pronunce di segno assai diverso: il c.d. licenziamento automatico, la problematica interazione tra le causali tipiche del licenziamento e quelle dell’esclusione, i profili formali e, in ultimo, le tutele.
Notes and remarks on the subject of exclusion and dismissal of Cooperatives working members The paper aims to address the complexity of the cooperative phenomenon, through the lens of the events that determine the ending of the membership agreement and the employment contract agreement, both belonging to the working member. In particular, the Author focuses on the most critical topics which, several years after the enactment of Law n. 142 of 2001, have often led to conflicting judgments: the so called automatic dismissal, the problematic link between the causes for the dismissal and those for the exclusion of the working member, the formal terms and, lastly, the guarantees.
1. Premessa
La figura del socio-lavoratore racchiude, sin dal nome costituito da un’indissolubile endiadi, quell’ambigua duplicità che l’ha da sempre caratterizzata, dando origine al lungo dibattito sviluppatosi in dottrina ed in giurisprudenza sulla sua qualificazione giuridica [1].
Ambiguità propria, innanzitutto, della società cooperativa che, pur perseguendo il fine mutualistico, è sottoposta alle regole del mercato capitalistico alla stregua di tutte le società con finalità di lucro; e ambiguità del socio lavoratore che, benché abbia scelto di “unirsi” agli altri soci con un contratto associativo per evitare l’intermediazione/sfruttamento del datore di lavoro insita nell’alterità propria del rapporto di scambio (di lavoro), finisce, tuttavia, per ritrovarsi nei conflitti tipici di ogni organizzazione del lavoro in cui si realizza una ineguale distribuzione del potere.
Ebbene, questa incomprimibile natura anfibia emerge continuamente nel rapporto di lavoro del socio lavoratore, dalla fase genetica a quella estintiva; ed è, quindi, proprio questo dato a costituire il punto di riferimento per qualsiasi operazione ermeneutica, dal momento che la costruzione giuridica del doppio rapporto, associativo e di lavoro, introdotta dalla legge n. 142/2001, non solo non elide l’ambiguità della figura del socio lavoratore, ma la ammette e ipostatizza nella forte compenetrazione dei due rapporti di cui questi è titolare e dei quali uno, quello associativo, prevale sul rapporto di lavoro. Ne consegue un’interferenza continua tra il rapporto sociale e quello di lavoro, oltre ad un’interazione di fonti legali, contrattuali ed endoassociative (atto costitutivo, statuto, regolamenti interni) che non consente l’applicazione tout court della disciplina del rapporto di lavoro.
2. La disciplina applicabile al socio lavoratore e la clausola di compatibilità
L’art. 1, comma 3, legge n. 142, cit. esclude testualmente l’applicazione automatica delle norme che disciplinano i rapporti di lavoro, prevedendo che: «Dall’instaurazione dei predetti rapporti associativi e di lavoro in qualsiasi forma derivano i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale e tutti gli altri effetti giuridici rispettivamente previsti dalla presente legge, nonché, in quanto compatibili con la posizione del socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi altra fonte».
In primo luogo, è dunque la stessa legge n. 142 a prevedere e disciplinare espressamente i casi nei quali vi è scostamento rispetto alla disciplina standard. Detto scostamento si verifica soprattutto quando è più intensa l’interazione tra i due rapporti del socio-lavoratore e dove, quindi, vi sarebbero maggiori frizioni rispetto all’applicazione [continua..]