Il sistema di sicurezza sociale è improntato al principio della territorialità in forza del quale solo i fatti accaduti e trascorsi nel territorio nazionale hanno rilievo per il rapporto assicurativo, restando invece ininfluenti quelli che si verifichino nel corso di un periodo trascorso all’estero.
Tuttavia, però, l’allontanamento dell’assicurato all’estero, in un Paese non convenzionato con l’Italia, non può comportare, da sé solo, decadenza dal diritto all’indennità di disoccupazione. La perdita del diritto al beneficio, infatti, può essere, sulla base del principio di specialità, conseguenza solo dell’inosservanza delle specifiche regole della condizionalità e, quindi, dei comportamenti attivi imposti dal legislatore al fine di controllare la permanenza dello stato di involontaria disoccupazione.
The social security system is based on the principle of territoriality pursuant to which only the events that happened in the national territory are relevant for the insurance relationship, while those that happened during a period spent abroad remain irrelevant.
However, the voluntary departure of the insured person abroad, in a Country that haven’t an agreement with Italy, cannot involve, by itself, to forfeiture of right to unemployment benefits. The loss of the right to benefit, in fact, can be, in according to the specialty’s principle, only consequence of the non-observance of the specific rules of conditionality and, therefore, of the active behaviors imposed by the legislator in order to control the permanence of the involuntary unemployment status.
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1. Premessa - 2. Il principio di territorialità del sistema di sicurezza sociale - 3. L'involontarietà della disoccupazione e la condizionalità - 4. L'irrilevanza dell'allontanamento dal territorio statale - 5. Argomentazioni conclusive - NOTE
Sebbene il sistema di sicurezza sociale sia improntato al principio della territorialità, la perdita del diritto all’indennità di disoccupazione non può essere ancorata ad un generico allontanamento all’estero dell’assicurato, bensì, e solo, all’inosservanza degli specifici comportamenti attivi imposti dal legislatore al fine di controllare la permanenza dello stato di disoccupazione, come previsti dall’art. 4 del d.lgs. n. 181/2000, ratione temporis vigente. È, questo, il fondamentale principio di diritto che la Suprema Corte di Cassazione ha espresso, a più riprese, tra il 2017 e il 2018 [1], ponendo così l’accento su uno dei temi cruciali dell’attuale sistema della sicurezza sociale: la tensione, se non addirittura (almeno in linea di principio) la vera e propria contraddizione, tra la territorialità dei sistemi di sicurezza sociale, che esigono la fissazione di confini e che, se si vuole, vivono grazie a questi, e la libera circolazione delle persone o, più in generale, il processo di globalizzazione, che, viceversa, si regge sull’apertura e il superamento dei confini stessi [2]. Esiste, tra queste due istanze, un evidente attrito dialettico che richiede di mettere in rapporto e, possibilmente, in equilibrio logiche di chiusura (poiché tutti i sistemi di protezione sociale e di giustizia distributiva sono bounded worlds, ovvero mondi necessariamente “delimitati”, per dirla con la nota espressione del filosofo Michael Walzer [3]) e di apertura (in quanto il processo di integrazione europea, internazionalizzazione e globalizzazione esige, per l’appunto, il tendenziale abbattimento dei vincoli territoriali di accesso ai diritti sociali tutte le volte in cui sia in gioco la libera circolazione dei lavoratori e, comunque, delle persone [4]). Le decisioni della Suprema Corte di Cassazione, e le questioni alle stesse sottese, si inscrivono nell’area di intersezione tra i princìpi giuridici fondamentali della previdenza sociale attuale: territorialità, libertà di circolazione, condizionalità e solidarietà, e ne impone un bilanciamento nuovo, all’insegna della rinnovata fisiologia del mercato del lavoro [5]. Ciò posto, se per la mobilità intra-Unione europea il contemperamento di queste contrapposte esigenze di [continua ..]
Il sistema della sicurezza sociale è improntato, in assenza di specifiche convenzioni, al principio di territorialità che, nella sua classica accezione, importa la rilevanza, per il rapporto assicurativo, solo dei fatti accaduti e trascorsi nel territorio nazionale, restando invece ininfluenti quelli che si verifichino nel corso di un periodo trascorso all’estero [7]. Ciò per una duplice argomentazione: una prima, di taglio essenzialmente soggettivo e micro-economico o micro-gestionale, incentrata sulla realtà personale dell’assicurato, un’altra, più propriamente rivolta a dinamiche macro-economiche e macro-gestionali, rivolta all’equilibrio economico e sociale del sistema delle politiche pubbliche. Le prestazioni sociali assicurate, infatti, obbediscono, innanzitutto, all’obiettivo di assicurare al singolo un sostegno, reale o monetario, in dipendenza di determinati eventi che influiscano negativamente sulla sua capacità di lavoro e/o di guadagno (ed è questa l’accennata dimensione micro-gestionale della protezione sociale) e, in secondo luogo, allo scopo di sostenere la domanda interna “rispetto alle flessioni negative che, altrimenti, sarebbero provocate dalla perdita di reddito che gli assicurati e comunque i beneficiari delle prestazioni normalmente subiscono in dipendenza della perdita del lavoro o della capacità di lavoro o di guadagno” [8]. La necessità, quindi, di selezionare, restringendoli, gli eventi assicurabili sulla base della territorialità, cioè del luogo in cui gli stessi si verifichino, è connaturata alla struttura e alla sostenibilità delle politiche pubbliche. Il sistema sociale vive dei contributi previdenziali e assistenziali che lo Stato, gli operatori economici attivi nel territorio e i lavoratori che lì prestano la propria attività pagano ed è intrinsecamente connesso all’economia e al tessuto produttivo e reddituale nazionale, non solo per la provenienza delle risorse finanziarie, ma anche per la finalità cui le stesse sono impiegate: evitare, o comunque ridurre, la contrazione della spesa per consumi e lo stallo del mercato, conseguenze normali della perdita di lavoro e, quindi, di reddito degli assicurati, dei beneficiari di prestazioni e dei loro nuclei familiari. Codesto obiettivo di politica economica verrebbe, evidentemente, frustrato [continua ..]
Ora, con riferimento alla specifica prestazione contro la disoccupazione, se è vero che la normativa presuppone un periodo di mancanza involontaria di lavoro trascorso nel territorio nazionale [11], non meno vero è che le fonti istitutive e regolative della prestazione ne connettono la fruizione alla circostanza che l’assicurato soggiaccia “alle norme per il controllo della disoccupazione” [12], subordinandola al ricorrere di precise condizioni, soggettive ed oggettive, tra le quali non compare il divieto di allontanamento dal territorio statale. Al di là del concetto di involontarietà della disoccupazione [13], che già rappresenta una condizione al godimento dell’indennità di disoccupazione [14], fin dall’origine dell’istituto il legislatore ha previsto, tra le ipotesi di decadenza dal diritto al trattamento previdenziale, la disponibilità ad accettare un’offerta di lavoro [15]. Con la riforma dei servizi per l’impiego di cui al d.lgs. n. 181/2001, e successive modifiche, si definisce, per la prima volta, lo stato di disoccupazione come “la condizione del soggetto privo di lavoro che sia immediatamente disponibile allo svolgimento e alla ricerca di un’attività lavorativa secondo modalità definite con i servizi competenti” [16]. În combiné con questa disposizione, va letta quella di cui all’art. 4, disciplinante la perdita dello stato di disoccupazione, che detta i princìpi che devono essere uniformemente seguiti, sul territorio nazionale, dai competenti servizi per l’impiego, per l’accertamento dello stato di disoccupazione, quali: a) conservazione dello stato di disoccupazione a seguito di svolgimento di attività lavorativa tale da assicurare un reddito annuale non superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione; b) perdita dello stato di disoccupazione in caso di mancata presentazione senza giustificato motivo alla convocazione del servizio competente; c) perdita dello stato di disoccupazione in caso di “rifiuto senza giustificato motivo di una congrua offerta di lavoro”; d) sospensione dello stato di disoccupazione in caso di lavoro subordinato di durata fino a sei mesi [17]. Il d.lgs. n. 150/2015, uno dei decreti attuativi del c.d. Jobs Act, ha abrogato la previgente normativa e all’art. 19, [continua ..]
Se questo è il quadro delle regole e dei princìpi giuridici che sottendono alla disciplina della tutela previdenziale contro la disoccupazione, è evidente come l’allontanamento medio tempore dal territorio statale sia un fatto assolutamente rilevante per la percezione del trattamento – giacché si rompe, quantomeno temporaneamente, il costitutivo nesso territoriale –, ma non regolamentato, se non per il caso di trasferimento in un Paese membro dell’Unione europea o che abbia stipulato con l’Italia una convenzione di diritto internazionale, come detto. La soluzione interpretativa cui, tradizionalmente, si è acceduto sostiene, in sintesi, che la protezione sociale presupponga l’involontarietà dello stato di disoccupazione e che l’allontanamento del lavoratore dal territorio nazionale o dell’Unione europea comporti la perdita del diritto all’erogazione del trattamento. Più in particolare: a) la permanenza sul territorio dello Stato costituisce un requisito oggettivo connesso allo status di “disoccupato”; b) l’assenza dal territorio dello Stato è, conseguentemente, incompatibile con la disponibilità immediata del lavoratore disoccupato allo svolgimento e alla ricerca di un’attività lavorativa; c) ciò, ulteriormente, comporta, da sé solo, il venir meno dello status di disoccupato, senza che sia necessario il verificarsi di una delle altre condizioni previste dalla legge ratione temporis vigente [26]. La nuova giurisprudenza nazionale di legittimità, inaugurata lo scorso anno, innova la materia e, pur non entrando direttamente in collisione con l’interpretazione classica, ne delinea il limite, al fine di non consentire una prassi eccessivamente ed ingiustificatamente restrittiva, stridente con la libertà di movimento delle persone. In particolare, la Cassazione precisa che è solo ed esclusivamente il legislatore ad avere la competenza di individuare il razionale “equilibrio tra l’eventuale esigenza del singolo beneficiario di una prestazione di dimorare altrove e la necessità (derivante dal sopra richiamato principio di territorialità, n.d.r.) di garantire che la spesa per consumi, garantita dalle prestazioni del sistema di sicurezza sociale, non venga distolta dagli scopi di politica [continua ..]
Con il nuovo orientamento giurisprudenziale, i grandi temi della disoccupazione, della condizionalità e della mobilità all’estero tornano repentinamente sulla scena e fanno recuperare, al dibattito politico-giuridico in materia, uno spessore costituzionale e valoriale di primaria importanza. La novità che questa recente interpretazione, dipesa anche dalla sistematica disciplina della disoccupazione e della condizionalità, apporta al sistema non si apprezza, infatti, tanto sul piano pratico e dell’applicazione, essendo direttamente la previsione legislativa di cui agli artt. 20 e 21, d.lgs n. 150/2015 ad impedire, di per sé, un allontanamento dal territorio nazionale per periodi di lunga durata e a rendere, per l’effetto, impossibile una fruizione della disoccupazione mentre si dimora stabilmente all’estero, in uno Stato non convenzionato. Oltre, ovviamente, all’affermazione di principio per cui l’allontanamento dal territorio dello Stato è inidoneo di per sé a fondare la decadenza dal trattamento previdenziale, vista la necessaria verifica della sussistenza e permanenza dei requisiti e delle condizioni disposte ex lege, ciò che è maggiormente degno di nota è il recupero del piano costituzionale della tutela contro la disoccupazione. E, guardando proprio alle disposizioni costituzionali fondamentali, lo stato di disoccupazione involontaria è previsto, infatti, come l’unico requisito che rende l’assenza di lavoro indennizzabile e giustifica l’intervento pubblico atto a garantire ai lavoratori che si trovino in una tale condizione adeguati mezzi di sussistenza [33]. Del resto, come chiarisce la stessa Cassazione nelle pronunce in discorso, accedendo all’interpretazione tutta centrata sulla territorialità e proposta dall’INPS, le disposizioni richiamate presenterebbero evidenti ragioni di incostituzionalità, avendo più volte la Corte costituzionale precisato che il diritto al trattamento di disoccupazione ordinaria è collegato soltanto all’osservanza del comportamento attivo prescritto dall’ordinamento a chi ne è beneficiario. Si sta facendo strada, quindi, un’interpretazione della normativa che, se si vuole, rafforza ancora di più il valore sistematico e cruciale della condizionalità: una condizionalità che, non solo, raccorda le [continua ..]