Il contributo analizza le regole speciali dettate dalla legge per il contratto di lavoro subordinato che sia stipulato a tempo determinato per impiegare il lavoratore in attività stagionali. Dopo aver indagato le ragioni della previsione di un regime speciale e i cambiamenti ad esso apportati dal d.l. n. 87/2018 (conv. in legge n. 96/2018), viene approfondita la nozione di attività stagionale, anche attraverso l’analisi della definizione fornita da alcuni recenti contratti collettivi. Il contributo si conclude valutando i problemi di legittimità costituzionale posti dalla regola che prevede una maggiorazione contributiva in caso di rinnovo del CTD, nonché la rilevanza della nozione di stagionalità per la somministrazione di lavoro.
The essay analyzes the legal regulation for seasonal fixed term labour contracts and the reasons of this special status. Then, the Autor examines the changes introduced by d.l. 87/2018 (conv. l. 96/2018) and the legal definition of seasonal activities, also through the study of recent collective bargaining. Lastly, the essay examines the con-stitutional issues posed by the rules of social contribution and the relevance of the definition of seasonal activities for the temporary agency work.
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1. Il regime delle eccezioni per i CTD stipulati per attività stagionali dopo il Decreto dignità - 2. La nozione di attività stagionale - 3. I recenti contratti collettivi sulle attività stagionali - 3.1. La stagionalità nel settore del trasporto aereo - 3.2. La stagionalità nel settore comunicazione dell’artigianato - 3.3. La stagionalità nei settori alberghiero, pubblici esercizi, ristorazione collettiva e turismo - 3.4. La stagionalità nel settore terziario, distribuzione e servizi - 4. L'incostituzionalità della disposizione che prevede la maggiorazione contributiva dello 0,5% in caso di rinnovo di CTD stagionale - 5. Stagionalità e somministrazione di lavoro - NOTE
L’assunzione con contratto a tempo determinato (CTD) di lavoratori da impiegare in attività stagionali è stata oggetto, sin da epoca risalente, di una regolamentazione di carattere speciale, che, con riferimento a diversi profili, deroga alla disciplina altrimenti applicabile a tutti i CTD. Ciò principalmente in ragione del fatto che il pericolo dell’abuso del CTD, al cui contrasto sono votate praticamente tutte le disposizioni che in vario modo limitano la possibilità di apporre un termine di durata al contratto di lavoro, è molto meno intenso nel caso in cui il lavoratore debba essere impiegato in attività che risentano di un andamento stagionale e che, dunque, per questo, siano discontinue (dando luogo a periodi di chiusura aziendale) oppure vedano il succedersi di periodi di forte intensificazione intervallati da periodi di ridimensionamento della produzione. Ne consegue, per un verso, che l’assunzione a termine è ammessa all’interno di limiti meno stringenti, poiché la scelta del datore di lavoro di avvalersi del rapporto temporaneo è sostanzialmente “obbligata” dalla natura sicuramente temporanea dell’esigenza che la prestazione lavorativa è destinata a soddisfare. Per un altro verso, meno pressante è il bisogno di porre limiti alla possibilità di stipulare accordi di proroga o di rinnovo del CTD finalizzati ad evitare che il lavoratore rimanga legato allo stesso datore di lavoro per un periodo eccessivamente lungo nell’ambito di più rapporti a termine successivi. L’andamento stagionale dell’attività è, infatti, destinato a rendere naturalmente discontinua anche l’attività lavorativa, così da far sì che, in quel determinato settore o territorio, i lavoratori che abbiano la professionalità necessaria per svolgere quella certa prestazione lavorativa vengano inevitabilmente a trovarsi impiegati per una lunga parte della propria vita lavorativa (se non per tutta) tramite rapporti di lavoro temporanei. Dovendo così eventualmente sopperire alla discontinuità occupazionale indotta da tale andamento, o dedicandosi ad attività lavorative diverse, ovvero spostandosi in località ove la professionalità posseduta dal lavoratore sia richiesta in periodi diversi dell’anno. Peraltro, nell’ambito delle [continua ..]
Per delimitare l’ambito di applicazione delle regole eccezionali sin qui riepilogate, diviene allora centrale definire cosa debba intendersi per attività stagionale. Un’operazione, questa, la cui importanza è oggi fortemente accresciuta dal notevole inasprimento dei limiti alla possibilità di stipulare CTD realizzato dal decreto dignità. Per esplicitare il significato di tale affermazione e comprendere perché, nei mesi immediatamente successivi all’entrata in vigore del Decreto dignità, siano stati stipulati diversi contratti collettivi finalizzati a definire la nozione di stagionalità rilevante per lo specifico settore – con una tempestività che non è frequente riscontrare nell’attività negoziale collettiva laddove le parti sociali siano chiamate dalla legge ad esercitare rinvii facoltativi [2] – è utile qui brevemente ricordare che, a seguito della recente riforma, il nuovo art. 19, comma 1, d.lgs. n. 81/2015, limita ora la possibilità di assumere il lavoratore con CTD a-causale (ossia senza la necessità di esplicitare l’esigenza che giustifica l’impiego) alla sola ipotesi in cui si tratti del primo CTD intercorrente tra il datore ed il prestatore e purché il rapporto di lavoro abbia una durata non superiore ai 12 mesi. Nel caso in cui al momento dell’assunzione la durata del rapporto concordata sia inferiore ai 12 mesi, l’art. 21, comma 1, d.lgs. n. 81/2015, ne ammette la prorogabilità, senza necessità di indicare la causale, fino al raggiungimento del dodicesimo mese. Laddove il datore di lavoro voglia mantenere alle proprie dipendenze il lavoratore per un periodo superiore a 12 mesi – sia assumendolo con un contratto la cui durata iniziale ecceda tale periodo, sia superando i 12 mesi in virtù di una o più proroghe – ovvero voglia riassumere alle proprie dipendenze un lavoratore al quale sia già stato legato da un precedente CTD di durata anche inferiore ai 12 mesi (c.d. rinnovo), il contratto di lavoro (o l’accordo di proroga) dovrà recare, a pena di validità, l’indicazione di una delle condizioni specificate nell’art. 19, comma 1, d.lgs. n. 81/2015 [3]. Condizioni che risultano molto stringenti e che, con la sola eccezione della c.d. causale sostitutiva, appaiono tali da rivelarsi difficilmente [continua ..]
È però necessario chiedersi se nell’operazione di qualificazione della stagionalità l’autonomia collettiva sia totalmente libera di individuare le attività dotate di tale caratteristica, ovvero se il concetto di stagionalità abbia un suo contenuto minimo indisponibile alle parti sociali e che le stesse sono chiamate a specificare ed articolare. Come è stato osservato in maniera condivisibile [11], il comma 2, art. 21, d.lgs. n. 81/2015, non opera una delega in bianco alla contrattazione collettiva, tale da permettere alle parti sociali di attribuire la veste della stagionalità a qualunque causa di intensificazione dell’attività produttiva. Detto altrimenti, non può essere qualificata come stagionale un’attività che non sia tale sul piano oggettivo [12]. Il ruolo della contrattazione collettiva, pur importantissimo, è piuttosto limitato ad enucleare gli elementi che caratterizzano, in quel certo settore produttivo, in quel certo territorio o in quella specifica azienda [13], l’andamento stagionale dell’attività [14]. In questa prospettiva, l’autonomia collettiva è chiamata ad individuare quelle attività che possono dirsi stagionali in quanto subiscono intensificazioni o riduzioni per l’operare di cause esterne (all’impresa e alle sue scelte) periodicamente ricorrenti [15]. Partendo da questo contenuto minimo, è dunque possibile attribuire al termine “stagione” un significato ampio, che non coincide con le sole stagioni climatiche, e può essere utilizzato per selezionare tutti quei periodi nei quali si verifichi un’intensificazione dell’attività produttiva in conseguenza di una causa che ricorra periodicamente, indipendentemente dalla volontà del datore di lavoro. L’ordinamento ha così conferito alle parti sociali il compito di selezionare quali siano quei periodi di intensificazione dell’attività che posseggono una connotazione stagionale, nel senso appena indicato. Svolte tali considerazioni introduttive, appare utile spostare l’attenzione sulle soluzioni enucleate dalla contrattazione collettiva per individuare le attività stagionali, utilizzando come criterio di selezione delle stesse il fatto di essere definite all’interno di un contratto collettivo sottoscritto successivamente [continua ..]
Com’era prevedibile, in alcuni di quei settori nei quali l’inasprimento dei limiti alla stipulazione dei contratti a tempo determinato era suscettibile di ostacolare il normale svolgimento dell’attività produttiva e di avere effetti negativi sull’occupazione in conseguenza dell’andamento stagionale dell’attività, la contrattazione collettiva si è urgentemente fatta carico di esercitare le competenze conferitele dalla legge. È quanto è avvenuto, ad esempio, nel settore del trasporto aereo, nel quale le organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative hanno sottoscritto in data 19 novembre 2018 un accordo sulle attività stagionali nel corso delle trattative per il rinnovo del CCNL del trasporto aereo, prima che fosse raggiunto un accordo sul complessivo testo del CCNL. Si tratta di un dato interessante che dà conto dell’importanza avvertita dalle parti sociali del settore di definire la nozione di stagionalità e della necessità di sottrarre immediatamente alcune attività all’applicazione dei nuovi limiti sulle assunzioni a termine. Importanza tale da convincere le organizzazioni sindacali a tirare fuori dalla trattativa per la stipulazione del contratto di categoria le concessioni sul terreno della stagionalità, nonostante tali concessioni avrebbero potuto essere utilizzate nell’ambito del più ampio negoziato per il rinnovo del contratto di categoria. Alla base vi è stata evidentemente la consapevolezza che le nuove regole avrebbero potuto avere un effetto deflattivo sulle possibilità di occupazione per i lavoratori del settore. Venendo ad esaminare i contenuti dell’accordo relativo al trasporto aereo, le parti sociali qualificano come stagionali tutte le “attività operative”, per lo svolgimento delle quali è possibile impiegare lavoratori assunti a termine tramite contratti stipulati «per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti». Al fine di valutare l’idoneità dell’accordo collettivo richiamato di permettere alle attività ivi selezionate di accedere al regime speciale di regolazione dei CTD dettato per le attività stagionali, è necessario considerare che, tramite il medesimo [continua ..]
Altro accordo collettivo successivo alla riforma realizzata dal Decreto dignità, meritevole di specifica attenzione, è quello siglato il 3 dicembre 2018 da Confartigianato, CNA e Casartigiani con le organizzazioni comparativamente più rappresentative del settore. L’accordo in questione qualifica come attività stagionali «quelle che per il loro carattere ricorrente e per le loro finalità, si svolgono o sono intensificate in determinate stagioni, eventi o periodi ciclici dell’anno». A differenza degli accordi raggiunti per il settore del trasporto aereo, il contratto collettivo dell’artigianato non si limita ad individuare le attività che possono essere soggette ad un andamento stagionale, ma seleziona altresì i fattori che possono causare un’intensificazione dell’attività produttiva da fronteggiare tramite l’assunzione di lavoratori a termine. È così previsto, ad esempio, che le attività connesse alla prestampa, stampa, packaging, marketing, ecc. sono soggette ad oscillazioni indotte dal periodo elettorale, dalle nuove collezioni del settore moda, occhialeria e orafo, dalle produzioni stagionali del settore agroalimentare, ecc. Anche in questo caso, dunque, le parti sociali non hanno esattamente delimitato il periodo dell’anno nel quale l’attività subirebbe un’oscillazione dovuta a fattori “stagionali”. Hanno però esattamente individuato tali fattori, esplicitando così, come richiesto dal secondo comma dell’art. 21, d.lgs. n. 81/2015, ciò che qualifica la stagionalità nelle attività produttive specificamente considerate nell’accordo.
Per il settore alberghiero, l’associazione datoriale di categoria aderente alla Confcommercio, Federalberghi, ha sottoscritto, in data 31 ottobre 2018, con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, un accordo destinato ad adeguare la disciplina contrattuale dettata per i CTD alle regole riformate dal Decreto dignità. L’accordo dedica una parte ai CTD stipulati per attività stagionali, riproducendo quasi fedelmente la regolazione già contenuta nel CCNL dell’industria turistica, siglato, per le imprese alberghiere che aderiscono al sistema confindustriale, da Confindustria alberghi unitamente alle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative del settore. Disposizioni di contenuto identico sono reperibili all’interno degli artt. 82 e 83 del CCNL per i dipendenti da aziende dei settori pubblici esercizi, ristorazione collettiva e commerciale e turismo, rinnovato in data 8 febbraio 2018 e seguito da un accordo del 7 febbraio 2019, tramite il quale le parti hanno voluto confermare, anche a seguito delle modifiche apportate dal Decreto dignità, la disciplina definita in materia di attività stagionali. Prima di passare ad esaminare il contenuto di tali disposizioni, vale la pena di considerare brevemente il problema dell’attuale vigenza delle clausole dettate in materia dal CCNL siglato da Confindustria alberghi in considerazione del fatto che tali clausole sono inserite in un accordo sottoscritto prima della entrata in vigore delle nuove disposizioni introdotte dal Decreto dignità. Quello della sorte dei contratti collettivi sottoscritti sotto il vigore di disposizioni normative successivamente modificate è un tema che si è posto più volte nella storia dell’evoluzione della legislazione del lavoro e che in alcuni casi il legislatore ha inteso risolvere facendo esplicitamente salvi gli accordi sottoscritti sotto il vigore di norme abrogate o modificate [18]. Laddove il legislatore abbia omesso di considerare questo aspetto, come avvenuto nel caso del Decreto dignità, non se ne può derivare un’automatica caducazione delle clausole contrattuali sottoscritte avendo come unico punto di riferimento una disciplina legale successivamente abrogata o modificata. Piuttosto, tenuto conto della natura di atto di autonomia privata del contratto collettivo, al fine di valutare la permanenza in [continua ..]
Analoghi problemi di corretto inquadramento sotto il cappello delle attività stagionali sono riscontrabili negli accordi del settore terziario, distribuzione e servizi, ove ad esempio il periodo natalizio (compreso tra il 20 novembre e il 6 gennaio) non viene incluso tra le attività connotate da stagionalità, ma viene indicato come periodo che comporta un picco di attività tale da giustificare, secondo le parti sociali, l’assunzione di lavoratori a termine per farvi fronte. È quanto ad esempio è riscontrabile nell’«accordo territoriale sui contratti a tempo determinato nelle aziende del settore terziario distribuzione e servizi della provincia autonoma di Trento» sottoscritto il 7 dicembre 2018 che, al riguardo, riprende i contenuti del CCNL della relativa categoria. La scelta così compiuta dalle parti sociali appare miope, poiché l’inclusione tra le attività che conoscono durante l’anno una semplice intensificazione non permette l’accesso al regime speciale delle attività stagionali, laddove le stesse ne possiederebbero invece i relativi caratteri.
Com’è noto, l’art. 2, comma 28, legge n. 92/2012, con effetto dal primo gennaio 2013, aveva accresciuto il costo dei «rapporti di lavoro non a tempo indeterminato», prevedendo l’applicazione di un «contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all’1,4 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali». In forza di quanto disposto dal comma 2 dell’art. 3 del Decreto dignità [21], tale incremento di costo, chiaramente finalizzato a rendere economicamente più conveniente (e quindi a stimolare) l’assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato, è stato ulteriormente inasprito attraverso l’applicazione di un contributo addizionale dello 0,5%; contributo dovuto «in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in regime di somministrazione» [22]. Anche questa regola è soggetta ad un regime speciale dettato per i CTD stipulati per attività stagionali. Ed invero, poiché l’art. 2, comma 29, lett. b), legge n. 92/2012, esclude l’applicazione del contributo addizionale dell’1,4% (previsto dal co. 28 dello stesso articolo) relativamente ai lavoratori assunti a termine per lo svolgimento delle attività stagionali di cui al d.P.R. 7 ottobre 1963, n. 1525, per tali contratti deve considerarsi altresì esclusa l’applicazione del contributo dello 0,5%, essendo qualificato quest’ultimo come un incremento dell’1,4%. In virtù di quanto appena constatato, la regola speciale appena riferita è destinata però a trovare applicazione alle sole attività stagionali individuate dal d.P.R. n. 1525/1963, con esclusione, dunque, dei CTD stipulati per impiegare il lavoratore in attività che siano qualificate come stagionali dalla contrattazione collettiva. La mancata inclusione delle attività stagionali individuate dalla contrattazione collettiva tra quelle che, ai sensi della disposizione appena riportata, beneficiano della mancata applicazione dell’incremento contributivo dello 0,5% sollecita alcuni dubbi di legittimità costituzionale, in considerazione della difficoltà di individuare i motivi che possano ragionevolmente escludere dal beneficio appena indicato le attività individuate dall’autonomia collettiva. Attività che, come più sopra messo in [continua ..]
Per concludere, appare utile prendere in considerazione la questione se il regime speciale previsto per le attività stagionali possa trovare applicazione anche nel caso in cui il datore di lavoro sia un’agenzia di somministrazione e se l’esigenza stagionale debba o meno essere quella propria dell’attività dell’utilizzatore. Il tema, com’è noto, si pone in conseguenza delle modifiche apportate dal decreto dignità alla disciplina del CTD, in virtù delle quali, salvo poche eccezioni [23], i limiti all’impiego dei CTD sono integralmente applicabili anche alle agenzie di somministrazione; laddove, viceversa, la disciplina previgente, muovendo dalla diversità di funzione propria dei due istituti e valorizzandola opportunamente, prevedeva un regime fortemente differenziato nel caso in cui il datore di lavoro fosse un’agenzia di somministrazione. Ne deriva, innanzitutto, che a seguito della novella del 2018, al pari di qualunque altro datore, anche le agenzie per il lavoro sono tenute ad indicare una delle condizioni previste dal primo comma dell’art. 19, d.lgs. n. 81/2015, in caso di rinnovo del CTD, di stipulazione di un CTD di durata superiore ai 12 mesi o di proroga della scadenza del CTD oltre tale ultima durata. La necessità per le agenzie di somministrazione di indicare all’interno del CTD del lavoratore somministrato la causale che ne ha giustificato l’assunzione solleva complessi problemi interpretativi. Ci si deve infatti chiedere se la condizione che, ai sensi dell’art. 19, comma 1, d.lgs. n. 81/2015, deve giustificare l’assunzione a termine (nelle ipotesi in cui la stessa sia richiesta dalla legge) debba essere riferita all’organizzazione dell’agenzia di somministrazione oppure a quella dell’utilizzatore. In assenza di una disposizione espressa, l’interpretazione formalmente più corretta sarebbe infatti quella di riferire tali condizioni all’organizzazione del datore di lavoro, ossia dell’agenzia di somministrazione. Una soluzione, questa, che appare però poco coerente con la struttura e le finalità della somministrazione di lavoro. Ed invero, per un verso, se si ritenesse di dover riferire l’accertamento sulla sussistenza delle condizioni previste dal primo comma dell’art. 19, d.lgs. n. 81/2015, all’organizzazione del somministratore, si [continua ..]