Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Profili sistematici del Terzo Settore (di Alberto Azara, Dottore di ricerca in Diritto dei contratti ed economia di impresa)


Nella legge delega n. 106/2016 era stato affidato al legislatore delegato il compito di provvedere «alla revisione della disciplina del titolo II del libro primo del Codice civile in materia di associazioni, fondazioni e altre istituzioni di carattere privato senza scopo di lucro, riconosciute come persone giuridiche o non riconosciute». L’intervento di revisione del titolo II del libro primo del Codice civile non è stato attuato, sicché spetta all’interprete stabilire quali siano i rapporti tra la disciplina di settore e quella generale. L’analisi si concentra sul criterio della compatibilità recato dall’art. 3 CTS e sulla sua interpretazione costituzionalmente orientata].

Systematic profiles of the Third sector

In the delegated law 106/2016 the delegated legislator had been entrusted with the task of providing to «the revision of the title II, first book of the Civil code discipline in the subject of associations, foundations and other private non-profit institution, recognized as legal persons or not recognized». The revision of the title II, first book of the civil code has not been implemented, so the interpreter must establish which are the relations between the sector discipline and the general one. The analysis focuses on the compatibility criterion established by art. 3 CTS and its constitutionally oriented interpretation.

Keywords: Third sector – Civil code – associations – foundations – ETS qualification – analogy – non-profit organizations – compatibility – constitutionally oriented interpretation – principle of equality – guiding principles and criteria – delegated law – commercial enterprise – special discipline.

 

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Gli Enti del Terzo Settore - 3. Dal Codice civile al Codice del Terzo Settore - 4. Dal Codice del Terzo Settore al Codice civile - NOTE


1. Introduzione

Il Codice del Terzo Settore appartiene al noto fenomeno della decodificazione [1]. La parola decodificazione – introdotta nel 1978 da Natalino Irti [2] – designa il declino di una struttura storico-giuridica (il Codice civile) e il proliferare di leggi speciali che sottraggono materie e casi alla disciplina del Codice e costituiscono nuovi microsistemi dotati di proprie ed autonome logiche. A partire dagli anni ’90 nella legislazione speciale sono comparse varie figure, e segnatamente: le organizzazioni di volontariato (legge n. 266/1991), le co­operative sociali (legge n. 381/1991), le ONLUS (d.lgs. n. 460/1997), le associazioni di promozione sociale (legge n. 328/2000), l’impresa sociale (d.lgs. n. 155-2006) e le start up innovative a vocazione sociale (legge n. 221/2012). I diversi interventi normativi, estemporanei o comunque legati ad interessi settoriali, hanno creato un inestricabile «groviglio» [3] di discipline civili e fiscali alimentato anche dalla legislazione regionale, la quale è proliferata dopo la riforma del Titolo V Cost. Nel magmatico caos normativo si rintracciano alcune linee comuni: il declino della persona giuridica e dei suoi profili formali o strutturali [4]; la centrale rilevanza dello scopo perseguito e dell’attività effettivamente svolta; la previsione di speciali regimi di pubblicità; l’esistenza di particolari sistemi di controllo e vigilanza; il venir meno di una netta e radicale distinzione tra enti no profit e enti lucrativi; l’obbligo di inserire alcune clausole negli statuti volte ad attuare il principio di democraticità [5]. Il tratto distintivo di questo vasto arcipelago di enti è la sua estraneità sia all’alveo strettamente pubblicistico, sia a quello speculativo-mercantile del­l’impresa commerciale. Il consueto schema bipolare pubblico-privato si rivela inadeguato, poiché le diverse forme organizzative non sono riconducibili alla struttura dello Stato, né alla dialettica del mercato [6]. L’espansione del Terzo Settore deriva proprio dalla crisi della volontà politica, la quale non riesce a dominare le forze economiche e le nuove forme aggregative della società civile [7]. Si osserva così il passaggio «dalla stagione del dominio dello Stato sull’economia a quella del dominio [continua ..]


2. Gli Enti del Terzo Settore

Gli ETS appartengono al fecondo e dinamico mondo del così detto “privato sociale”: sono organizzazioni private che perseguono finalità di pubblico interesse in chiave solidaristica e sussidiaria. Il nuovo Codice ne offre una definizione all’art. 4: «le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il persegui­mento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo Settore». La formulazione vaga e generica viene precisata all’art. 5, il quale reca un e­lenco tassativo delle attività di interesse generale, che gli enti devono esercitare «in via esclusiva o principale». L’esercizio di attività diverse è ammesso, purché esse siano consentite dall’atto costitutivo o dallo statuto e si configurino come «secondarie e strumentali» rispetto a quelle di interesse generale (art. 6) [13]. La definizione legislativa sembra suscettibile di analisi sotto tre distinti aspetti: il tipo, lo scopo e le condizioni per l’iscrizione. Sotto il profilo strutturale, gli ETS si caratterizzano per l’irrilevanza del tipo, giacché l’elenco dei vari soggetti che appartengono alla categoria termina con una formula aperta: «altri enti di carattere privato diversi dalle società». Le società non sono gli unici soggetti esclusi, poiché il nuovo Codice sottrae le amministrazioni pubbliche e anche altri enti (fondazioni bancarie ex art. 3, comma 3, d.lgs. n. 117/2017; formazioni e associazioni politiche, sindacati, associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, associazioni di datori di lavoro, enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati da tali enti ex art. 4, comma 2, d.lgs. n. 117/2017) [14] dall’àmbito [continua ..]


3. Dal Codice civile al Codice del Terzo Settore

Nella legge delega n. 106/2016 era stato affidato al legislatore delegato il compito di provvedere «alla revisione della disciplina del titolo II del libro primo del codice civile in materia di associazioni, fondazioni e altre istituzioni di carattere privato senza scopo di lucro, riconosciute come persone giuridiche o non riconosciute» (art. 1, comma 2, lett. a). In questa parte la legge delega è rimasta sostanzialmente inattuata [26]; e, tuttavia, non possono escludersi taluni profili d’interferenza tra la nuova disciplina e quella recata nel Titolo II del Libro I c.c. Il problema è avvertito dal legislatore, il quale individua, all’art. 3 CTS, le norme applicabili ai casi non previsti. Le nuove disposizioni appaiono segnate, per un verso, da una forza espansiva, poiché «si applicano, ove non derogate ed in quanto compatibili, anche alle categorie di enti del Terzo Settore che hanno una disciplina particolare»; per altro verso, sembrerebbero compresse dalla contraria energia delle norme contenute nel Codice civile e nelle relative disposizioni di attuazione, le quali «si applicano, in quanto compatibili», ai casi non previsti dal d.lgs. n. 117/2017. Muoviamo da quest’ultimo profilo. Prima di applicare la norma del Codice civile, l’interprete è chiamato a svolgere un doppio giudizio: deve capire quando il caso possa qualificarsi «non previsto» e solo successivamente valutare se le norme del Codice civile e le relative disposizioni di attuazione siano «compatibili» con la disciplina degli ETS. Il primo giudizio dischiude lo sguardo sull’arduo e delicato tema del rapporto tra Codice civile e codici di settore. Si potrebbe pensare che, in assenza di una espressa disposizione del CTS, l’integrazione ad opera del Codice civile debba essere immediata. Non essendo possibile reperire una «precisa disposizione» all’interno del Codice di settore, bisognerebbe sùbito cercarla nel Codice civile. In questo caso, non ci troveremmo dinanzi ad una lacuna in senso proprio, poiché lacunosa è solo la disciplina settoriale, mentre completo ed esaustivo si mostra l’ordinamento guardato nel suo complesso. Una soluzione diversa e più convincente trova fondamento nella ormai innegabile energia centrifuga dei così detti codici di settore [27]. Le leggi speciali sottraggono [continua ..]


4. Dal Codice del Terzo Settore al Codice civile

Il legislatore delegato non ha provveduto «alla revisione della disciplina del titolo II del libro primo del Codice civile in materia di associazioni, fondazioni e altre istituzioni di carattere privato senza scopo di lucro, riconosciute come persone giuridiche o non riconosciute». Viene allora da chiedersi quali siano le ricadute della nuova disciplina su quella codicistica, la quale – proprio alla luce delle nuove disposizioni di legge – potrebbe rivelarsi lacunosa o comunque segnata da un minor grado di dettaglio. L’interrogativo diventa grave se si pensa che alcune norme contenute nel d.lgs. n. 117/2017 sono «state concepite nella prospettiva del superamento di criticità diffusamente denunciate con riguardo alla disciplina del codice civile» [37]. L’unico riferimento normativo è costituito dall’art. 3, comma 1, CTS, il quale stabilisce che «[l]e disposizioni del presente Codice si applicano, ove non derogate ed in quanto compatibili, anche alle categorie di enti del Terzo Settore che hanno una disciplina particolare». L’accento cade ancóra sulla perdita di centralità del Codice civile, giacché, da un lato, le discipline collocate fuori dal CTS sono qualificate come “particolari”; dall’altro, il nuovo Codice di settore si configura come fonte generale suscettibile di essere derogata [38]. Le associazioni e le fondazioni sono «categorie di enti del Terzo settore» per le quali il Codice civile stabilisce «una disciplina particolare» (art. 11 ss. c.c.), sicché l’assenza di una deroga e il positivo giudizio di compatibilità parrebbero rendere applicabili alle associazioni e fondazioni prive della qualifica di ETS le norme dettate dal d.lgs. n. 117/2017. Qui il criterio di compatibilità opera anzitutto in senso negativo: non sono compatibili le norme che si giustificano alla luce della peculiare disciplina tributaria [39]. Un esempio potrà chiarire il discorso. Il Codice del Terzo Settore prevede per alcuni ETS l’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese (art. 11, comma 2), l’obbligo di tenuta delle scritture contabili ai sensi dell’art. 2214 c.c. (art. 13, comma 4), l’obbligo di redazione del bilancio in conformità alle previsioni dettate dal Codice civile per le società di capitali, nonché [continua ..]


NOTE