L’Autrice intende dimostrare come l’art. 28 Stat. lav. resti una disposizione fondamentale per dare effettività ai diritti sindacali e che la norma, non modificata dalla sua emanazione e cioè da più di 45 anni, va apprezzata per la sua felice formulazione tecnica, tanto da essere presa a modello per la tutela di altre tipologie di diritti.
Nel saggio vengono ricapitolati gli esiti giurisprudenziali sulle più importanti questioni controverse e si sviluppano riflessioni sulla possibilità di ampliare la legittimazione ad agire avverso il comportamento antisindacale con lo speciale procedimento previsto dallo Statuto dei lavoratori.
The persistent topicality of art. 28 Stat. lav. The Author intends to demonstrate how art. 28 Stat. lav. remains a fundamental provision for enforcing trade union rights and that the rule, which has not been altered since its emanation, ie for more than 45 years, should be appreciated for its happy technical formulation, so as to be utilized for the protection of other types of rights.
The essay summarizes the case law outlining the most important controversial issues and reflects on the possibility of widening the legitimacy of acting against anti-union behavior with the special procedure provided by the “Statuto dei lavoratori”.
1. La forza della repressione della condotta antisindacale
Se è vero che negli ultimi anni anche il diritto sindacale è molto cambiato, sia con riferimento alle modifiche legislative dell’originale testo dello Statuto dei lavoratori, sia con riferimento alle regole e obiettivi dell’ordinamento intersindacale, l’art. 28 dello Statuto è rimasto invariato e ha continuato a svolgere la sua funzione protettiva dell’azione e dei diritti sindacali [1].
Non a caso, fin dai primi anni ’70 fu considerato una sorta di “fulcro” ovvero una “norma di chiusura” vòlta a conferire effettività ai diritti [2] attraverso la previsione in favore del sindacato di un procedimento giurisdizionale caratterizzato da rapidità ed efficacia, ed improntato a principi innovativi di oralità, concentrazione, ed immediatezza che di lì a poco sarebbero stati utilizzati per plasmare il rito predisposto per le controversie di lavoro, introdotto con la legge n. 533 del 1973.
Una disposizione dirompente, sia sotto il profilo tecnico potendo “coprire” tutta la gamma dei beni giuridici che il sindacato dei lavoratori ritenesse negati (e non a caso la previsione di difesa della libertà ed attività sindacale nonché del diritto di sciopero fa rientrare la disposizione tra quelle a contenuto teleologico) [3], sia sotto il profilo simbolico perché si attribuisce al sindacato ed alla sua azione nei luoghi di lavoro una soggettività giudiziaria introducendo un nuovo piano di regolazione del conflitto sindacale [4].
La complessità della norma, articolata su due profili così diversi, quello processuale e quello sostanziale, conferma quanto autorevolmente sin da subito sostenuto sull’intima connessione tra le due sfere, “la parte sostanziale dell’art. 28 (la quale) non è altro che la premessa alla identificazione di una particolare procedura e di una certa sanzione” [5] e spiega, dunque, la scelta metodologica di dar qui conto dell’attualizzazione delle nuove e vecchie questioni, con la relativa rassegna delle novità degli orientamenti giurisprudenziali, attraverso una bipartizione della trattazione.
2. Gli aspetti processuali. a) La scansione del giudizio e il foro competente
L’estrema attualità dell’aspetto relativo alla tecnica per assicurare giustiziabilità ad una serie di diritti che se lasciati su un piano di azione individuale resterebbero, il più delle volte, privi di effettività [6]fa il paio con la scansione del processo che prevede un primo grado “bifasico”, articolato in due distinti momenti processuali, il primo a cognizione sommaria non cautelare, da concludersi con decreto motivato, revocabile solo all’esito del giudizio di opposizione, e il [continua..]