Il contributo approfondisce il principio codicistico dell’automaticità delle prestazioni previdenziali (art. 2116 c.c.), con particolare riguardo al suo ambito d’applicazione soggettivo. Muovendo dal rilievo generale di questa regola sancito nella giurisprudenza costituzionale, l’A. analizza gli argomenti a favore della sua applicabilità oltre il perimetro della subordinazione, aderendo al recente orientamento giurisprudenziale favorevole all’estensione della tutela ai lavoratori non subordinati per i quali è il committente a soggiacere all’obbligazione contributiva. Per le collaborazioni etero-organizzate individuate dal Jobs Act, comunque, la questione pare superata dal fatto che la disciplina del lavoro subordinato applicabile appare essere non solo quella lavoristica ma anche quella previdenziale.
This essay examines the Italian legal principle stating the s.c. “automatic” right to social security benefits (art. 2116 of the Civil Code), in particular as regards its subjective scope. Moving from the importance of this legal rule as specified in the case law of the Constitutional Court, the Author analyses the reasons in favor of its applicability beyond the boundaries of subordinate employment relationships: he agrees with recent appeal courts case law in favor of the extension of this social protection to non-employee workers for whom the client is subject to the obligation to pay compulsory contributions to social security administration. For the s.c. hetero-organized type of autonomous labour contracts introduced by the 2015 Jobs Act, however, this issue does not arise, according to the Author, because for these contracts the applicable discipline of subordinate employment includes social security rights.
Keywords: social security - social security contributions - failure to pay contributions due under national statutory social security schemes - insolvency of the employer - legal protection in event of failure to pay social security contributions - age pensions.
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1. L'automaticità delle prestazioni previdenziali - 2. L'art. 2116, comma 1, c.c. come principio generale - 3. La tradizionale limitazione ai dipendenti - 4. L'estensione per le prestazioni infortunistiche e per quelle di genitorialità - 5. L'idea di estendere ai lavoratori parasubordinati la copertura automatica anche per le prestazioni d'i.v.s. - 6. Segue: Ulteriori argomenti a favore dell'estensione della tutela - 7. La novità delle collaborazioni etero-organizzate - NOTE
L’automaticità delle prestazioni è una delle poche regole dell’allora nascente sistema previdenziale italiano che fu ritenuta meritevole di collocazione nel Codice civile del 1942. Inserita nell’art. 2116 c.c., com’è noto, tale regola stabilisce che, salvo previsioni diverse, le prestazioni previdenziali spettano anche quando i correlati contributi non sono stati versati. Trattasi di un’importante declinazione del principio di solidarietà sociale il quale trovò consacrazione pochi anni dopo nella regola della “adeguatezza” prescritta dall’art. 38, comma 2, della Carta costituzionale. L’icastica locuzione “automaticità” delle prestazioni va intesa in senso non letterale, dato che per conseguire le prestazioni previdenziali è indispensabile formulare istanza amministrativa, peraltro ben circostanziata poiché gli accrediti contributivi mancano. Detta locuzione va invece intesa nel senso per cui il presupposto contributivo è per legge irrilevante qualora sia comprovato il presupposto lavorativo da cui l’omesso obbligo contributivo discendeva. L’automaticità risiede non nel modo in cui il procedimento di attribuzione della prestazione sociale si avvia, ma nell’esonero di questo procedimento, e quindi del lavoratore, dalla soggezione all’esito e agli oneri della riscossione, oltre che ai relativi tempi. L’automaticità difatti implica non solo la suppletiva copertura previdenziale pubblica delle lacune contributive, ma anche un anticipo della copertura relativa ai contributi riscossi tardivamente. Nella legislazione speciale detta regola codicistica è stata attuata in maniera non identica per tutte le tutele previdenziali. Con riguardo alle fattispecie di diritto della sicurezza sociale che sono a formazione progressiva nel tempo, l’omissione contributiva pone le questioni di maggiore rilevanza valoriale, oltreché economica. Trattasi infatti di un bilanciamento tra plurime istanze con implicazioni crescenti nel lungo periodo: in primo luogo, la certezza del diritto pubblico relativo all’imposizione contributiva, con le relative ricadute in termini di contabilità pubblica per la copertura delle provvidenze riconosciute dalla legge; in secondo luogo, la certezza dei diritti nel corso dell’attività propria dell’imprenditore; e [continua ..]
A completare il quadro, verso la fine secolo scorso è intervenuta l’importante decisione con cui la Corte Costituzionale [7], ribaltando il rapporto regola-eccezione tra primo e secondo comma dell’art. 2116 c.c., ha affermato la portata generale del principio di automaticità delle prestazioni nel sistema di previdenza sociale. È così stata accantonata la tralatizia idea [8] secondo cui la tutela automatica sancita nel primo comma poteva valere solo nei casi espressamente indicati nella legislazione speciale. In detta pronuncia la Consulta non solo risolve con nettezza la questione sollevata [9], ma si esprime con statuizioni di rilievo sistematico. Merita menzione il passo ove afferma che il «principio generale […] è quello secondo cui le prestazioni spettano al lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati». Contrariamente al presupposto assunto dal giudice remittente, questo principio giuridico nella previdenza obbligatoria trova applicazione non già solo in quanto il sistema delle leggi speciali vi si adegui, ma, come si esprime l’art. 2116 c.c., «salvo diverse disposizioni delle leggi speciali». In sintesi, secondo la Corte può ritenersi sussistente una deroga all’automaticità «solo in presenza di una esplicita disposizione in tal senso». A ben vedere, il parametro di costituzionalità richiamato dalla Consulta non è espressamente l’art. 38. La Consulta difatti non modifica l’impostazione del pretore remittente, che aveva ipotizzato una disparità di trattamento incompatibile con l’art. 3 Cost. Nondimeno, l’art. 38 Cost. appare evocato, risultando così superato qualche precedente cenno di segno diverso che era rinvenibile nell’antecedente giurisprudenza costituzionale [10]. Secondo questa sentenza del 1997, la quale è tutt’oggi il punto di riferimento in tema, il principio d’automaticità costituisce una «fondamentale garanzia» per il lavoratore assicurato, intesa a non far ricadere su di lui il rischio di eventuali inadempimenti del datore in ordine agli obblighi contributivi, e rappresenta perciò un «logico corollario della finalità di protezione sociale inerente ai sistemi di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i [continua ..]
Sino a un decennio fa, la dottrina pressoché unanime era attestata nel ritenere che l’automaticità delle prestazioni d’invalidità, vecchiaia e superstiti, sia valevole solo nell’ambito del lavoro subordinato [18]. Nello stesso senso si è tradizionalmente posta la giurisprudenza [19]: nei pronunciamenti di legittimità [20] l’esclusione delle forme di lavoro autonomo dal campo d’applicazione dell’art. 2116, comma 1, c.c. risulta confermata anche dopo la summenzionata pronuncia della Consulta che nel 1997 ha dichiarato la valenza generale di tale principio dell’ordinamento previdenziale. In effetti tale sentenza è riferita al lavoro subordinato; ed a proposito del lavoro autonomo professionale è viceversa rinvenibile nella giurisprudenza costituzionale qualche cenno contrario [21]. La giurisprudenza di Cassazione argomenta la differenza di tutela in proposito sottolineando la «diversità di situazione esistente tra lavoratore subordinato, al quale non possono essere, all’evidenza, imputate omissioni contributive del proprio datore, e lavoratore autonomo (o, segnatamente, il libero professionista, come nella specie), che in dipendenza, appunto, della inapplicabilità del principio dell’automatismo, subisce soltanto le conseguenze pregiudizievoli dell’inadempimento di obbligazioni contributive a proprio carico» [22]. In sostanza, una generalizzata estensione al lavoro autonomo della regola stabilita dal primo comma dell’art. 2116 c.c. pare preclusa da ragioni logiche ancor prima che giuridiche, intrinseche all’assetto normativo delle responsabilità nel versamento della contribuzione obbligatoria. Difatti l’automaticità non pare nemmeno pensabile quando a beneficiarne sarebbe il medesimo soggetto che era responsabile del versamento della contribuzione indebitamente omessa.
Proprio per l’appena enunciata ragione inerente all’autoresponsabilità, però, può dubitarsi della fondatezza del rilievo distintivo assegnato dalla giurisprudenza tradizionale all’assenza di subordinazione ex art. 2094 c.c. In proposito è rilevante considerare l’assetto vigente nell’ambito della tutela infortunistica. Difatti l’Inail assume come discrimine d’applicazione dell’automaticità previdenziale non la natura subordinata delle prestazioni lavorative, bensì la configurazione giuridica del meccanismo di versamento della contribuzione obbligatoria: prestazioni automatiche sono riconosciute non solo ai subordinati, ma anche a tutti coloro che, lavoratori nel senso più lato, subirebbero altrimenti conseguenze previdenziali negative a causa di omissioni contributive altrui. Il pertinente assetto normativo non è nitido ma la sua interpretazione è ormai consolidata. Tranne nel particolare ambito del lavoro casalingo [23], come noto l’automaticità è incondizionata per le prestazioni di infortunio e malattia professionale spettanti ai lavoratori subordinati: l’art. 67 del T.U. dell’Inail n. 1124/1965 stabilisce che gli «assicurati hanno diritto alle prestazioni da parte dell’Istituto assicuratore anche nel caso in cui il datore di lavoro non abbia adempiuto agli obblighi stabiliti» dal T.U. medesimo [24]. Secondo l’art. 59, comma 19, legge n. 449/1997, detto art. 67 «non trova applicazione nei confronti dei lavoratori autonomi»: per questi ultimi, i quali hanno la duplice veste di «assicurante» e di «assicurato» [25], è quindi esclusa l’automaticità delle prestazioni (seppur sia comunque applicabile una disciplina alquanto favorevole [26]). Tuttavia, detta norma d’esclusione del 1997, è irrilevante per tutti gli assicurati che non sono responsabili del pagamento dei loro contributi previdenziali [27]: secondo l’interpretazione preferibile [28] e la prassi dell’Inail [29], questa norma del 1997 non riguarda i parasubordinati, per i quali quindi l’automaticità risulta pienamente applicabile. L’automaticità inoltre è piena, ad esempio, per i lavoratori associati in cooperative, dato che tali società hanno [continua ..]
La predetta tendenza evolutiva in senso estensivo induce a domandarsi sin dove debba ritenersi operante quella che secondo la Consulta è (non una eccezione bensì) una generale regola dell’ordinamento previdenziale [42]. Per le prestazioni di malattia è rinvenibile un precedente di merito in senso estensivo [43]. Ebbene, un tale interrogativo inizia ad essere posto in giurisprudenza per le prestazioni d’invalidità, vecchiaia e superstiti di una parte dei lavoratori autonomi. In particolare, sta emergendo un orientamento di merito favorevole all’estensione ai lavoratori parasubordinati iscritti presso l’Inps all’apposita gestione separata. Esso è stato inaugurato da una pronuncia del Tribunale di Bergamo del 2013 [44] e risulta confermato più di una volta in grado d’appello in alcuni fori [45]. Si attende ora l’esito dei relativi ricorsi in Cassazione. Frattanto, tale orientamento ha riscosso in dottrina consenso ampio [46], seppur non universale [47]. V’era peraltro stato anche chi si era posto come convincente precursore di siffatta posizione [48]. Gli argomenti a favore di tale innovazione interpretativa sono molteplici e solidi. Il punto principale è che i collaboratori coordinati e continuativi sono incolpevoli delle omissioni contributive. Dell’intero versamento della contribuzione è responsabile il committente [49], compresa la quota di un terzo che viene loro trattenuta da costui: proprio come i lavoratori subordinati, della cui contribuzione è per intero responsabile il solo datore. Seppur al circoscritto fine dell’interpretazione della summenzionata norma del 2015 che ha esteso la copertura automatica all’indennità di maternità delle lavoratrici parasubordinate, quest’ottica è stata fatta propria pure dall’Inps [50]. In tema di prestazioni d’i.v.s. invece tale ente resta per ora ancorato al criterio della natura subordinata del rapporto lavorativo; ma dovrebbe ovviamente adeguarsi qualora l’innovativa giurisprudenza di merito ora in esame venisse confermata in Cassazione. Nella giurisprudenza di legittimità affiorano elementi che lasciano aperta siffatta possibilità: la S.C., in diverse occasioni in cui ha confermato l’inapplicabilità delle prestazioni automatiche al lavoro [continua ..]
Un quinto argomento a favore dell’estensione della protezione contributiva automatica è rinvenibile nella parte motiva di quella giurisprudenza che ha assimilato, per altri aspetti, la disciplina previdenziale del lavoro autonomo a quella del lavoro subordinato, in particolare in tema di decorrenza della prescrizione, affermando: «Tanto più la conclusione proposta s’impone se la contribuzione, totalmente o parzialmente omessa, debba essere versata dal committente (quale l’Azienda sanitaria ricorrente) all’ente previdenziale competente (quale, nella specie, l’Enpam) – con evidente parallelismo, rispetto al rapporto di lavoro subordinato – anziché, come di regola, dallo stesso lavoratore autonomo (o dal professionista)» [59]. Seppur nelle motivazioni della Cassazione si tratti solo di obiter dicta o di argomenti ad abundantiam, anche su di essi fanno leva le predette pronunce di merito che, in consapevole superamento dell’orientamento tradizionale, concedono l’automaticità delle prestazioni d’i.v.s. ai lavoratori parasubordinati. Osservazioni analoghe sono contenute nella motivazione di talune pronunce di legittimità relative ad altre questioni nelle quali la disciplina previdenziale è differenziata tra lavoro subordinato ed autonomo: ad esempio sulla mancanza, per gli autonomi, di meccanismi legali riparatori dell’inderogabilità degli effetti estintivi della prescrizione della contribuzione, ossia la rendita vitalizia sostitutiva, e il diritto al risarcimento del danno da esercitare contro il datore ex art. 2116, comma 2, c.c. Ebbene, secondo la Cassazione tale mancanza non lede il principio di uguaglianza «in considerazione della diversità di situazioni sussistente tra il dipendente che perde benefici previdenziali a causa delle omissioni contributive del datore di lavoro, ed il professionista che omette per un periodo della sua vita professionale di versare i contributi e successivamente intende recuperare i benefici perduti trasferendo sull’assicuratore, almeno in parte, il costo» dell’operazione [60]. Tale ragionamento, peraltro, si combina con quello contenuto nella pronuncia interpretativa di rigetto della Consulta del 1995 [61] che ha dichiarato come unica costituzionalmente ammissibile la lettura secondo cui la disciplina dell’art. 13 della [continua ..]
Dopo l’eliminazione nel 2015 dell’associazione in partecipazione con apporto di lavoro [71], l’interrogativo qui in discussione sull’estensibilità del diritto a prestazioni automatiche attiene al solo lavoro parasubordinato. Per le omissioni contributive successive a quella riforma, comunque, la questione pare assai sdrammatizzata dall’importante disposizione contenuta nell’art. 2 dello stesso d.lgs. n. 81/2015 [72]. Come noto tale articolo, sostituendo il lavoro a progetto [73], ha introdotto la disciplina delle collaborazioni lavorative esclusivamente personali, continuative ed etero-organizzate anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. Come da ultimo conferma l’interpretazione data a detto art. 2 da parte della già ben nota pronuncia della Corte d’appello di Torino sui c.d. riders [74], l’intento del legislatore del 2015 è ridurre i problemi qualificatori, estendendo l’ambito d’applicazione dei diritti propri della subordinazione. E non si rinvengono motivi per escludere i diritti di tipo previdenziale da tale estensione soggettiva. Pare quindi ragionevole ritenere che dette collaborazioni etero-organizzate beneficino delle tutele del lavoro subordinato anche in merito alla disciplina previdenziale [75], compresa l’automaticità delle prestazioni. Per quanto riguarda invece le collaborazioni parasubordinate che non hanno i requisiti stabiliti dall’art. 2, d.lgs. n. 81/2015, la questione comunque continua a porsi. Resta inteso che, anche aderendo all’orientamento estensivo argomentato in queste pagine, in nessun caso l’automaticità delle prestazioni d’invalidità vecchiaia e superstiti, dei lavoratori (non subordinati ma comunque) sottoposti al meccanismo legale di divaricazione tra soggetto tenuto ai versamenti e beneficiario delle prestazioni, potrà estendersi oltre l’ambito d’applicazione dell’art. 23-ter del d.l. n. 267/1972. Ossia, come per i lavoratori subordinati, anche per questi lavoratori non subordinati l’automaticità delle prestazioni deve ritenersi limitata ai contributi omessi ma non ancora prescritti, fermo restando il caso d’insolvenza datoriale che è integralmente coperto in base all’art. 3 del d.lgs. n. 80/1992.