Il saggio analizza la recente disciplina racchiusa nella l. 8 marzo 2017, n. 24, in tema di ripensamento complessivo delle responsabilità in àmbito sanitario. Dalla nuova normativa, scaturisce ora un vero e proprio sistema, fondato sul concetto di rischio clinico, addossato, quanto alla prevenzione e alla gestione, alle strutture sanitarie o sociosanitarie, private o pubbliche, e, quanto alla risarcibilità, principalmente alle imprese assicurative.
The new system of healthcare civil liability The essay analyzes the recent discipline contained in l. March 8, 2017, no. 24, with regard to the overall rethinking of responsibilities in the health field. From the new legislation now comes a real system, based on the concept of clinical risk, with regard to prevention and management, to health or social, private or public structures, and, in terms of compensation, mainly to insurance companies.
1. Il diritto alla salute come diritto a prestazioni di cura sicure
L’espressione «diritto alla salute» costituisce, in realtà, una formula sintetica per esprimere la cifra comune di una pluralità di situazioni giuridiche soggettive, tutte ritenute oggi riconducibili all’ampia cerchia dei così detti diritti sociali, all’interno della quale vivono, come diritti fondamentali e inviolabili, sia diritti assoluti di partecipazione o di libertà, caratterizzati dall’esistenza in capo al singolo di una facultas agendi, ma anche diritti all’uguaglianza sostanziale e all’ottenimento di una prestazione nei rapporti tra privati [1].
L’individuazione di una matrice unitaria, alla radice del diritto alla salute, il quale «coniuga in sé aspetti di rilevanza pubblicistica, allorquando il titolare si confronta con i pubblici poteri per le richieste di cura, e aspetti di rilevanza privatistica allorquando il titolare reclama protezione ogniqualvolta la sua integrità psico-fisica abbia subito una lesione da terzi» [2], è frutto di una visione sempre più allargata dell’oggetto della tutela giuridica offerta dall’art. 32 Cost. Da bene e interesse della collettività, la salute è divenuta bene e interesse anche – e soprattutto – individuale [3], a partire dall’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (cfr. art. 1, primo comma, l. 23 dicembre 1978, n. 833), fino alla sua riforma (d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502) e alla successiva normativa che riconosce al cittadino il diritto di accedere, in modo uniforme, ai livelli essenziali di assistenza sanitaria (i così detti L.E.A., sui quali dispone ora il d.p.c.m. 12 gennaio 2017) [4]: essa diviene diritto di fruire, benché nei limiti nell’ammontare delle risorse assegnate al Servizio Sanitario Nazionale, delle prestazioni di prevenzione e di cura offerte dalle strutture pubbliche o accreditate [5], secondo le regole statuali e regionali, dopo che la sua tutela è diventata materia di legislazione concorrente, ex art. 117, terzo comma, Cost. [6]. Il principio, peraltro, è stato più volte declinato in tempi recenti anche a favore del cittadino straniero che si trovi sul territorio nazionale, nel senso che la garanzia del diritto fondamentale alla salute impedisce l’espulsione nei confronti di chi, dall’immediata esecuzione del provvedimento, potrebbe subire un irreparabile pregiudizio, «dovendo tale garanzia comprendere non solo le prestazioni di pronto soccorso e di medicina d’urgenza, ma anche tutte le altre prestazioni essenziali per la vita» [7].
Inoltre, la salute, nella prospettiva dinamica di esercizio del relativo diritto, si delinea sempre meno come mera assenza di malattia e sempre più come aspirazione al [continua..]