Il contributo esamina alcune tematiche connesse al ruolo del sindacato di ragionevolezza esercitato della Corte Costituzionale nella graduale formazione di un coerente sistema previdenziale per liberi professionisti
The article takes into consideration some aspects of the role and function of the Constitutional Court and of its discretionary interpretation of the laws, with reference to the pension system applicable to freelance professionals
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1. Il pluralismo previdenziale e le differenze dei trattamenti alla luce della solidarietà di categoria - 2. La problematica attuazione dei principi di eguaglianza, ragionevolezza e adeguatezza della prestazione nell'ambito della previdenza dei liberi professionisti - 3. Il diritto all'accesso al trattamento pensionistico, tra solidarietà ed eguaglianza sostanziale - NOTE
L’inesistenza di un modello costituzionalmente necessitato di tutela previdenziale e la conseguente libertà del legislatore ordinario nella predisposizione dei mezzi adeguati contro lo stato di bisogno, è dato che può definirsi definitivamente acquisito dalla prevalente dottrina [1] e dalla giurisprudenza Costituzionale [2]. Tuttavia, anche in presenza di un modello “aperto” di sicurezza sociale [3] – nel quale il legislatore ordinario resta vincolato soltanto alle finalità di tutela [4] – la rilevata contrapposizione tra primo e secondo comma dell’art. 38 Cost., implica la necessaria distinzione tra solidarietà generale propria dei trattamenti assistenziali e solidarietà di categoria [5] cui possono informarsi le prestazioni dei lavoratori. Sicché, inevitabilmente, le connotazioni mutualistiche originariamente tipiche del modello storicamente privilegiato dell’assicurazione sociale, vengono in concorso [6] con la riconosciuta matrice solidaristica di categoria che necessariamente impronta il sistema delle tutele previdenziali [7]. Naturale corollario della riferita opzione interpretativa è la strutturazione del nostro ordinamento previdenziale [8] in un sistema frammentato nel quale, alla originaria articolazione corporativa [9] di un regime generale affiancato da una pluralità di regimi esclusivi, esonerativi o sostitutivi, si sono venuti ad aggiungere successivamente all’approvazione della Costituzione, separati regimi previdenziali per i lavoratori autonomi e liberi professionisti, ciascuno a propria volta articolato in più gestioni autonome. In questo contesto istituzionale, la Corte costituzionale, costantemente chiamata a valutare la legittimità delle profonde disparità tra le diverse discipline di categoria e dei correttivi solidaristici gradualmente innestati dal legislatore [10], ha contribuito alla costruzione di un sistema ibrido [11], la cui tenuta è garantita più dal pragmatismo di volta in volta profuso dai giudici [12] nel valutare la non eccessiva irrazionalità della norma vagliata, che dalla effettiva lineare applicabilità dei canoni costituzionali di eguaglianza, ragionevolezza e adeguatezza della prestazione [13]. È invero noto come, a pronunce caratterizzate da [continua ..]
Anche la previdenza dei liberi professionisti, a seguito delle riforme degli anni ’80, ha incominciato ad ispirarsi in misura sempre più marcata a matrici solidaristiche, assumendo una fisionomia resa ancora più complessa (dopo gli anni ’90) dalla privatizzazione delle Casse professionali e dal conseguente conflitto tra natura e funzione dell’ente [18], esaltato dalla problematica coesistenza dell’obbligo di autofinanziamento [19] con quello di conservazione dell’equilibrio finanziario [20]. Rispetto a questo precario equilibrio, la Corte, da un lato ha più volte avallato provvedimenti volti ad imporre la contribuzione previdenziale a qualunque soggetto in possesso dei requisiti di iscrizione alle gestioni libero professionali, a prescindere dalla concreta possibilità di maturazione del trattamento pensionistico [21]; dall’altra, attraverso il giudizio di ragionevolezza tarato sul bilanciamento di interessi costituzionali, ha cercato di delimitare i confini della solidarietà di categoria rispetto agli interventi in favore della fiscalità pubblica [22], al contempo marcando la distinzione [23] tra obbligazione contributiva (finalizzata al raggiungimento delle finalità proprie della Cassa libero professionale) e quella tributaria (priva di specifica finalità in quanto finalizzata alla tutela degli interessi generali) [24]. Il quadro che ne risulta è, allo stato, quello di una notevole “accentuazione della dimensione endocategoriale della solidarietà ed insieme della singolarità degli enti sia tra loro sia rispetto ai restanti regimi previdenziali [25]” che ha trovato, da ultimo, ulteriore avallo da parte del legislatore che, nella recente riforma del sistema previdenziale, sembra aver escluso ogni commistione della previdenza libero professionale anche rispetto al sistema di base [26]. In questo complesso quadro si inserisce una recente pronuncia della Corte costituzionale [27], chiamata al vaglio di legittimità degli artt. 10 e 22, comma 2, l. n. 576/1980 (riforma del sistema pensionistico forense) rispetto agli artt. 3, 38 e 53 Cost. Secondo la dettagliata ordinanza di rimessione i dubbi di legittimità riferibili all’art. 10 andrebbero rinvenuti nella previsione che pone a carico dell’iscritto alla Cassa pensionato in altra forma previdenziale [continua ..]
Focalizzando l’attenzione sul principio di solidarietà, occorre rilevare che il richiamo ad esso appare corretto per giustificare la richiesta di integrale versamento della contribuzione per chi, pur avendo da sempre contribuito ad altra forma pensionistica abbia incominciato a svolgere una nuova e diversa attività lavorativa di natura professionale [29]. Diversa e anzi opposta valutazione è sostenibile, invece, con riferimento alla possibilità di accordare trattamenti differenziati in ragione del diverso fondo dal quale si percepisce il trattamento pensionistico. Nello stesso senso, ed in più ampia prospettiva, è infatti vero che se il richiamo al principio di solidarietà appare, in linea generale, condivisibile nell’ottica della salvaguardia finanziaria della gestione professionale, non altrettanto può dirsi quando il solo risultato sia la valorizzazione del pluralismo previdenziale ben oltre la sua natura di semplice corollario della solidarietà stessa. Nel perplesso ragionamento della Consulta, infatti, le medesime ragioni postulate per l’esclusione di taluni pensionati dall’onere di integrale contribuzione (l’essere pensionati), vengono egualmente speculate per imporre ad altri soggetti, che versano in una situazione previdenziale sostanzialmente identica (in quanto anche essi pensionati), l’integrale finanziamento della gestione. Nell’ambito delle libere professioni, il principio solidaristico, come pure dichiarato all’atto della approvazione della legge di riforma della previdenza forense, concorre con quello di «proporzionalità della pensione ai contributi personali versati» [30], nel senso del tendenziale equilibrio tra sostenibilità della gestione e adempimento del precetto costituzionale dell’art 38. Sicché, la eventuale prevalenza del primo sul secondo e le conseguenti deroghe alla regola di corrispettività tra reddito, contribuzione e prestazione previdenziale, devono ritenersi legittime se giustificate dalla esigenza di garantire (anche indirettamente) ai professionisti meno fortunati, la possibilità di accedere a trattamenti previdenziali dignitosi; ovvero di consentire ai più giovani l’effettivo accesso al sistema previdenziale stesso (si pensi al regime c.d. dei minimi) al contempo garantendo la sostenibilità della gestione nel suo [continua ..]