L’introduzione delle tecnologie digitali e informatiche nei luoghi di lavoro, unitamente alla facoltà di rendere la prestazione lavorativa in modalità di smart working, se recano il vantaggio di realizzare un work-life balance, inducono a domandarsi quale sia il confine tra flessibilità spazio-temporale e rischio di essere always on.
In tale contesto si inserisce il tema del diritto alla disconnessione, ossia il diritto alla irreperibilità senza il rischio di subire ripercussioni disciplinari.
Il presente intervento, percorrendo il panorama comunitario delineato dalla direttiva n. 93/104/CEE del 23 novembre 1993, dalla Loi Travail del 2016 che disciplina expressis verbis tale diritto, nonché dalla normativa italiana e, in particolare, dagli artt. 32 e 36, comma 2, Cost., e dalla recente legge n. 81/2017 sullo smart workingmira a fornire una prima soluzione al problema, da un lato prendendo posizione sullo stretto legame tra il diritto alla disconnessione e la tutela della personalità fisica e morale del prestatore di lavoro, in un’ottica di tutela e di garanzia di parità di trattamento, e dall’altro valorizzando il ruolo della contrattazione collettiva e del sindacato.
The introduction of new communication and information technologies in the working environment, together with the new model of work known as “smart working”, have on the one hand changed the balance between work and home, but on the other hand have lead to the question whether there is a boundary between flexibility and the risk of being always online. This is the context in which the right to disconnect emerges. The right to disconnect refers to the right of the employee to be unreachable outside working hours without running the risk of disciplinary consequences.
The aim of this research is therefore to provide a first solution to the problem, firstly by analysing the close link between the right to disconnect and the safeguard of physical and moral personality of the employee and secondly, by taking into account equal treatment of workers, collective bargaining and trade unions. In order to shine light on these debates the following directives and laws will be taken into account: directive 93/104/EEC of 23/11/93; Loi Travail of 2016, which disciplines expressis verbis the right to disconnect; artt. 32 and 36, §. 2 of the Italian Constitution and the recent Law n.81/2018 on smart working.
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1. Introduzione al tema - 2. Le droit à la déconnexion nella Loi Travail - 3. L’approccio italiano al tema della disconnessione: la legge n. 81/2017, il Decreto del Direttore generale dell’Università degli Studi dell’Insubria e il CCNL relativo al personale del Comparto Istruzione e Ricerca triennio 2016-2018 - 4. Diritto, divieto o mera norma comportamentale? - 5. L’ancoraggio al tema dell’orario di lavoro quale fondamento giuridico della previsione de qua - 6. Una diversa impostazione: la tutela della salute e l’obbligo di valutazione dei rischi - 7. Problematiche aperte e prime soluzioni interpretative - NOTE
Il presente scritto si pone quale obiettivo di tentare di fornire una risposta al seguente (e recente) interrogativo: nell’attuale epoca di grandi rivoluzioni tecnologiche la ricerca di un possibile equilibrio tra l’obbligo del lavoratore di adempiere alla prestazione lavorativa e la libera scelta di quest’ultimo di connettersi anytime and anywhere [1] può essere rappresentata da un diritto di nuova generazione? O, piuttosto che parlare di diritto, dovremmo più propriamente definirlo in termini di divieto di iperconnessione? Da qualche tempo, infatti, alla porta del legislatore ha bussato la tematica della disconnessione e forse è arrivato il momento di chiedersi se qualcuno aprirà a questo ospite inatteso. Nel caso, poi, in cui lo si faccia accomodare, ci si domanda se lo si farà sedere tra i diritti o tra i divieti e, ancora, se bisognerà aggiungere una sedia, in quanto ospite del tutto nuovo, o se si tratta solo di un diritto tradizionale rimodernato, quale vecchio amico soltanto diversamente agghindato [2]. Del resto la necessità che si instauri un dialogo tra tale tema e il legislatore si impone, oggi più che mai, in ragione della digitalizzazione del lavoro, fenomeno che trascina con sé, quale fosse un’inarrestabile cascata, il rischio per il dipendente di essere costantemente connesso e raggiungibile. Ciò riporterà forse alla mente di qualcuno una frase di qualche anno fa di un film olandese intitolato Ben X. Il protagonista, infatti, diceva: “Ah, se solo non ci fosse questa tecnologia potremmo vivere una vita felice!” e, fin da allora, si aprì il quesito se tale osservazione fosse o meno condivisibile. Ora, disquisire di disconnessione si collega in modo molto stretto al suesposto quesito, in quanto non è automatico che la tecnologia digitale e l’informatizzazione abbiano migliorato l’esistenza del lavoratore, in quanto se gli hanno concesso maggiore flessibilità è anche vero che lo hanno reso costantemente on line. E, ciò, con un’inevitabile invasione della sfera lavorativa all’interno della vita privata del dipendente e dei suoi tempi di riposo. Questo avviene perché l’innovazione tecnologica procede di pari passo con processi di cambiamento organizzativo e con una mutazione delle modalità di [continua ..]
Il primo (e oggi ancora unico) Stato che ha teorizzato espressamente la disconnessione in termini di diritto è la Francia, che ciò ha fatto quale sbocco finale di un dibattito dottrinale che già nel 2002 definiva la disconnessione come “il diritto alla vita privata del ventunesimo secolo” [9]. Del resto tale dibattito si era addirittura esteso a paesi estranei all’area europea, quali la Svizzera ad esempio [10], dopo alcuni tentativi di affiorare all’interno di fonti di carattere privatistico [11]. Il diritto alla disconnessione (le droit à la déconnexion) è stato regolamentato con legge a partire dal 1° gennaio 2017 (la loi n. 2016-1088 dell’8 agosto 2016 relative au travail, à la modérnisation du dialogue social et à la sécurisation des parcours professionels, la c.d. Loi Travail o El-Khomri, dal nome del Ministro del lavoro pro tempore), normativa che ha modificato l’art. 2242-8 del Code du Travail, inserito nella Sezione III del capo II, dedicato alla negoziazione obbligatoria all’interno delle imprese [12]. A seguito dell’Ordonnance 2017-1385 la disposizione è stata successivamente mutata, anche nella collocazione numerica, che oggi corrisponde all’art. 2242-17. Tale intervento legislativo si ispira alla concezione secondo la quale coloro che si vedono riconosciuta una situazione di equilibrio tra lavoro e vita privata sono più produttivi degli altri, per cui l’essere sempre collegati non solo costituisce un rischio per la salute dei dipendenti, ma diminuisce anche l’efficienza aziendale [13]. La Loi Travail, quindi, in conformità con il ricordato obiettivo sancito nel preambolo al progetto di legge, crea un nuovo elemento di negoziazione prevedendo una gestione ed una regolamentazione del diritto in forma concertata tra datori di lavoro e sindacati o, in difetto di accordo, rimessa alla determinazione unilaterale del datore di lavoro, previo parere del comitato sociale ed economico. Il testo originario dell’art. 2242-8, invece, stabiliva che in difetto di un contratto collettivo aziendale il datore di lavoro dovesse prevedere tale diritto all’interno di una charte, previa consultazione dei comité d’entreprise o, in assenza di essi, con i rappresentanti dei [continua ..]
Nel solco tracciato qualche anno prima dalla Suprema Corte di Cassazione, la quale, pronunciandosi sul caso di un lavoratore turnista a tempo pieno, ha affermato che esiste un diritto del lavoratore alla programmazione del tempo libero a prescindere dalla tipologia di rapporto di lavoro [18], anche in Italia si sta iniziando a parlare del diritto alla disconnessione. L’input è stato dato, oltre che da alcuni contratti collettivi [19], dalla recente legge n. 81/2017 sul lavoro agile [20]. Tuttavia, a differenza della legge francese, il legislatore italiano non definisce la disconnessione come diritto, benché nel disegno di legge n. 2229/16 venisse definita in questi termini dall’Onorevole Sacconi [21]. Quale fosse una scatola vuota da riempirsi di volta in volta ad opera dei soggetti interessati, tenuto conto del particolare contesto aziendale e delle esigenze delle parti, la scarna regolamentazione italiana rinvia la determinazione dei confini delle modalità concrete di esercizio di tale diritto alla contrattazione individuale. Il ché rappresenta sicuramente una grandissima manifestazione di fiducia nei confronti della regolamentazione privata, ma forse pecca di eccessiva leggerezza, posto l’alto rischio di un abuso di libertà in capo alle parti, anche tenuto conto delle diverse posizioni di forza di esse. Infatti, l’art. 19, comma 1, legge n. 81/2017, rubricata “Misure (…) volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato” [22], nel rinviare ad un accordo scritto le modalità di ricorso al lavoro agile, si limita a stabilire che “l’accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”, in tal modo riconoscendo tale tema all’interno della disciplina del lavoro agile [23]. Inoltre, poco prima, l’art. 18, comma 1, legge n. 81/2017 precisa che: “La prestazione lavorativa viene eseguita (…) entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”, in tal modo ancorando la previsione della disconnessione alla disciplina dell’orario di lavoro, di cui meglio si [continua ..]
Alle esperienze francese e italiana si aggiungono, poi, la Germania [28] e la Gran Bretagna [29], con le iniziative poste concretamente in atto a livello aziendale sul tema, e l’intenso dibattito sviluppatosi in Spagna dal 2017 allo scopo di regolamentare tale diritto. Un primo quesito che si pone è quello relativo alla possibilità di configurare la disconnessione in termini di diritto, di divieto o di mera norma comportamentale. Intanto, per inquadrarlo quale divieto, il tema della disconnessione dovrebbe essere inteso nei termini di divieto di iperconnessione. La ragione per la quale la disconnessione potrebbe essere inquadrata in termini di divieto risiede nel fatto che, se si vanno ad esaminare le previsioni contenute nella contrattazione collettiva sul tema de quo, si può agevolmente rilevare come le parti sociali abbiano ricostruito la questione vietando la connessione in certe fasce orarie, in certe giornate o addirittura bandendo l’utilizzo di determinati strumenti telematici e/o di comunicazione [30]. Dall’analisi di tali previsioni contrattuali, quindi, si ricava che se il lavoratore può essere contattato solo con certi mezzi e solo entro certi limiti orari, ciò significa che contattare il dipendente in altro modo risulterà vietato. E tale divieto risiede nel fatto che, diversamente operando, il lavoratore sarebbe esposto ad un rischio di iperconnessione, ossia ad una connettività no-stop che determina un abbassamento della qualità del lavoro. Ecco, quindi, perché si potrebbe parlare di divieto di iperconnessione nell’affrontare il tema in oggetto. Tuttavia, sicuramente la disconnessione è un tema di ampiezza tale da non poter essere inquadrato in termini di mero divieto di iperconnessione, il che esclude una coincidenza tra i due concetti. Inoltre, nei riferimenti normativi esaminati la disconnessione non è formulata in modo negativo, costruzione che normalmente il legislatore adotta invece quando vuole vietare determinati comportamenti o situazioni. All’opposto, se la disconnessione fosse inquadrabile come divieto il legislatore presumibilmente, per non lasciare quest’ultimo sulla carta, lo avrebbe accompagnato con una sanzione, in modo da renderne più cogente la portata e da incentivarne il rispetto. Quindi possiamo dire che la disconnessione si lega ad un divieto di [continua ..]
Ma l’ancoraggio del diritto alla disconnessione al tema dell’orario non si esaurisce solo nel fatto che, grazie alla normativa comunitaria, le lacune della legge francese e di quella italiana possono essere colmate attraverso un rinvio alla normativa in tema di orario di lavoro, in quanto ove si vada a ricercare il fondamento giuridico di tale diritto l’interprete non può che soffermarsi proprio sul tema dell’orario di lavoro. Ove si voglia tentare di ricercare il fondamento costituzionale del diritto alla disconnessione grande importanza ed utilità riveste, infatti, l’art. 36 Cost., che al comma 2 prevede una riserva di legge circa la durata massima della giornata di lavoro e al comma 3 il diritto del lavoratore al riposo settimanale e alle ferie retribuite. Questo significa che la delimitazione della durata della giornata lavorativa consente al lavoratore di disporre di un tempo sufficiente da dedicare a sé stesso, alla propria famiglia, allo svago, all’arricchimento culturale, ecc., condizioni necessarie, queste ultime, per garantire al lavoratore “e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” ex art. 36, comma 1, Cost. [39]. Il diritto al riposo settimanale e il diritto alle ferie sono diritti perfetti, irrinunciabili e inalienabili, propri della persona umana come lavoratore, preordinati alla tutela della sua personalità fisica (attraverso la garanzia del reintegro delle proprie energie psico-fisiche), ma anche della personalità morale, attraverso la garanzia del “giusto” tempo, della ricreazione e della partecipazione alla vita della propria comunità di affetti [40]. In questa prospettiva il diritto alla disconnessione trae fondamento nella tutela della dignità del lavoratore ex art. 36 Cost., intesa come diritto del lavoratore a fruire di un tempo “proprio”, “libero” e “privato”. In questo modo, la nozione di tempo libero si viene ad arricchire di contenuti costituzionalmente rilevanti e funzionali al pieno sviluppo della persona nelle molteplici dimensioni del suo essere e del suo interagire con i consociati [41]. Ad esempio, il tempo libero consente al lavoratore di esercitare la propria funzione familiare e relazionale, così come tutelate dagli artt. 2, 30 Cost., ma anche dall’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali [continua ..]
Un’altra soluzione, però, potrebbe essere quella di ricondurre la problematica della disconnessione al tema della tutela della salute e della sicurezza del lavoratore ex art. 32 Cost. Infatti, la tutela della salute del lavoratore va intesa in senso ampio, non solo quale tutela in senso strettamente fisico e quale profilassi dall’insorgenza di patologie vere e proprie, ma anche in senso psichico e addirittura in senso sociale, contro fenomeni, quale l’utilizzo eccessivo degli strumenti tecnologici, che possono avere effetti negativi sulla vita sociale, familiare e di relazione. In questo senso il diritto alla disconnessione, venendo ad assurgere a diritto costituzionalmente garantito, verrebbe a prevalere anche sull’interesse del datore di lavoro ex art. 41, comma 2, Cost., in quanto, come è noto, l’iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e, nel caso in cui i due diritti si pongano in conflitto tra loro, l’iniziativa economica privata soccombe a favore della tutela della salute. In tal modo, si farebbe ricadere sul datore di lavoro l’obbligo di disciplinare tale aspetto secondo una logica di massima sicurezza tecnologicamente possibile, in particolare all’interno del documento di valutazione dei rischi, che deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui quelli collegati allo stress lavoro-correlato [44]. In questo solco si vengono a posizionare i due figli del bisogno di flessibilità del lavoro e del progresso tecnologico, ossia lo stress da tecnologia (tecnostress) e la porosità del tempo di lavoro (time-porosity), rischi di cui il datore di lavoro dovrebbe tenere oggi conto nella valutazione dei rischi in azienda. Ma oltre ad essi, nella valutazione dei rischi non si può trascurare neppure l’inevitabile calo di concentrazione che le continue interruzioni derivanti da messaggi, e-mail, telefonate, ecc. comportano, con conseguenti mal di testa, ipertensione, stanchezza, insonnia, deterioramento del lavoro e dell’organizzazione aziendale, aumento del carico cognitivo [45]. L’effettuazione della valutazione dei rischi che tenga conto di tali fattori di rischio dovrebbe prevedere [continua ..]
In conclusione, sia che il diritto alla disconnessione venga ancorato all’art 36 Cost., sia che il suo fondamento giuridico venga rinvenuto nell’art. 32 Cost., o, più in generale, che il tema sia ricondotto a quello dell’orario di lavoro o della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, ciò che emerge con chiarezza è comunque un dato: la disconnessione non è un diritto nuovo. Benché, infatti, taluno si sia spinto fino a parlare di nuovo diritto [47] che apparterrebbe ai c.d. diritti digitali, come si è appena tentato di dimostrare, gli interessi perseguiti mediante la garanzia della disconnessione sono già ampiamente tutelati a livello costituzionale, mediante il riconoscimento del diritto al riposo adeguato e alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. In questo senso, pertanto, la qualifica di diritto digitale riferita al diritto alla disconnessione ne può tutt’al più descrivere le modalità operative, ma non viene ad acquisire rilievo giuridico, giacché non si tratta di una situazione giuridica nuova rispetto a quelle tutelata dagli artt. 32 e 36 Cost. nonché dal d.lgs. n. 66/2003 e dal d.lgs. n. 81/2008, bensì di una nuova declinazione di tali diritti, rappresentati da un diritto, la disconnessione, che, al passo con i tempi e secondo una lettura dinamica di essi, è, in un certo senso, la summa di tutti gli interessi sottesi agli stessi. Secondariamente, occorre rilevare che riconoscere il diritto alla disconnessione solo con riferimento al lavoro agile [48] si presenta come una misura errata e miope rispetto alla reale portata della problematica de qua, in quanto è evidente che il problema si pone a ben più ampio raggio con riferimento a qualsiasi tipo di lavoro e di inquadramento professionale. Ancora, possiamo osservare che il diritto alla disconnessione presenta una natura in un certo senso “bifronte”, in quanto esso si configura sia come diritto del lavoratore, ma anche come dovere dello stesso. Affinché il diritto si realizzi pienamente, infatti, il lavoratore viene chiamato ad un’opera di collaborazione, chiedendosi a quest’ultimo di non fare uso della strumentazione tecnologica e dei mezzi di comunicazione per fini lavorativi durante l’orario di disconnessione. Del resto, com’è noto, il diritto [continua ..]