Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Convivenza di fatto e pensione di reversibilità: riflessioni a seguito della legge n. 76/2016 (di Alessandra Cordiano (Prof. Associato di Diritto Privato dell’Università di Verona))


Il lavoro commenta una sentenza della Sezione Lavoro della Corte di Appello di Catanzaro in tema di mancato riconoscimento della pensione di reversibilità a favore del convivente di fatto, interrogandosi se particolarmente la nuova disciplina n. 76/2016 sul riconoscimento delle unioni civili e delle convivenze di fatto registrate abbia in qualche modo gettato una luce nuova sul tema de quo, il quale appare sostanzialmente consolidato.

Domestic Partnership and Survivor's Pension: Remarks following the law no. 76/2016

The work comments on a ruling by the Catanzaro Court of Appeals on the topic of non-recognition of the survivor’s pension in favor of the partner in the Domestic Partnership, questioning whether particularly the new discipline no. 76/2016 on the Civil Unions and the registered Domestic Partnerships has somehow cast a new light on the theme, which appears to be substantially consolidated.

1. Il fatto La causa oggetto della decisione della Sezione lavoro della Corte d’Ap­pello di Catanzaro[1] verte in tema di riconoscimento, a favore di una donna convivente per oltre trent’anni col partner deceduto, della pensione di reversibilità da quest’ultimo goduta precedentemente alla morte. L’appellante, in particolare, contestando l’interpretazione fornita dal giudice di prime cure, segnala il mancato riconoscimento del rilievo giuridico delle convivenze di fatto, sia a livello costituzionale alla luce degli artt. 2, 3, 31, 36 e 37 Cost., sia in ambito unionale a fronte dei significativi interventi della Corte di Giustizia dell’Ue in tema di progressiva parificazione del rapporto di fatto a quello coniugale. La pronuncia di primo grado, peraltro, si colloca nel solco consolidato della giurisprudenza interna, evidenziando le tradizionali eccezioni che interessano la convivenza di fatto, quale unione “liberamente ed in ogni istante revocabile” [2]. La Corte d’Appello, affrontando la questione, si pone sostanzialmente tre interrogativi dai quali poter verificare la correttezza dell’argomentazione logico-giuridica del giudice di primo grado: posto che l’art. 13, r.d.l. 14 aprile 1939, n. 363, riconosce il diritto a godere della pensione di reversibilità solo al coniuge, ai figli minori o inabili al lavoro e a carico, è necessario verificare (a) i possibili profili di illegittimità della norma invocata, (b) un eventuale ricorso alla vigente normativa unionale, (c) la possibilità di un’interpretazione estensiva della disciplina esistente alla luce dei principi costituzionali. Quanto al primo degli aspetti evidenziati, la Corte d’Appello aderisce al­l’in­terpretazione accolta dal giudice di primo grado, che ha negato, infatti, ogni profilo di illegittimità costituzionale. Nella precedente pronuncia n. 461 del 2000 della Corte costituzionale [3], infatti, la stessa è stata chiamata a verificare la compatibilità al sistema della norma di cui all’art. 13, r.d.l. 14 aprile 1939, n. 363, “nella parte in cui non include il convivente more uxorio nel­l’elenco dei legittimati ad ottenere la pensione di reversibilità, pur attribuendo il relativo diritto al coniuge superstite”, congiuntamente alla norma di cui all’art. 9, commi 2 e 3, della legge n. 898/1970 in materia di divorzio, che nega il godimento della pensione di reversibilità al convivente, “pur attribuendo il relativo diritto al coniuge divorziato ed ai soggetti superstiti succedutisi nel rapporto di coniugio con il de cuius”. In quell’occasione, l’irrilevanza nella prospettiva della presunta violazione del principio di eguaglianza è stata desunta dal diverso atteggiarsi della convivenza, fondata esclusivamente [continua..]

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