Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Il controllo a distanza dell'attività dei lavoratori e la nuova struttura dell'art. 4, legge n. 300/1970 (di Carlo Zoli (Prof. Ordinario di diritto del lavoro nell’Università di Bologna))


L’Autore si sofferma sulla recente riforma della disciplina dei controlli a distanza sull’atti­vità dei lavoratori resa opportuna dall’esigenza di superare l’obsolescenza dell’art. 4, legge n. 300/1970, divenuto ineffettiva a causa dell’evoluzione dei sistemi di produzione.

Dopo aver illustrato che la nuova disposizione implicitamente ripropone il divieto di utilizzare apparecchiature che abbiano quale esclusiva finalità il controllo a distanza dei lavoratori, l’Autore esamina le principali novità introdotte, soffermandosi sui profili di maggiore interesse: l’ampliamento dei presupposti giustificativi necessari per utilizzare gli strumenti dai quali può derivare un controllo a distanza; le modifiche apportate alla procedura sindacale e amministrativa richiesta per impiegare tali strumenti; gli impianti la cui installazione non richiede il rispetto della procedura; le condizioni che la norma pone per l’utilizzo delle informazioni acquisite.

Distance control on employees'activities and the new structure of art. 4, ley n. 300/1970

The essay analyzes the recent reform concerning the regulation of instruments that can realize a remote control on employees’activities (art. 4, ley n. 300/1970). The reform was op­portune to overcome the obsolescence of the precedent law, which has become ineffective due to the evolution of production systems.

After explaining that the new provision implicitly prohibits the use of instruments that have as the sole aim the employees’remote control, the Author analyzes the main changes introduced focusing on the most interesting elements: the enlargement of conditions necessary to use the instruments that make it possible this kind of control; the changes introduced to union and administrative procedure required to use that instruments; the instruments whose installation does not require the respect of the procedure; the conditions that the employer must respect to use the information obtained.

1. La riforma dell’art. 4, legge n. 300/1970 ed il contemperamento tra in­teressi contrapposti La revisione della normativa in tema di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo costituisce un tassello della ampia riforma della legislazione in materia di lavoro che il Governo Renzi ha realizzato cercando di valorizzare le esigenze delle imprese ad una maggiore flessibilità. Come in altre occasioni sottolineato, ciò è avvenuto, a differenza di quanto accaduto con la c.d. riforma Biagi, non già attraverso una moltiplicazione dei modelli negoziali, di cui al contrario si attua una pur contenuta riduzione, bensì mediante una rimodulazione delle tutele nell’ambito del lavoro subordinato, che ha conosciuto i suoi episodi più significativi con il c.d. contratto a tutele crescenti (d.lgs. n. 23/2015) e con la modifica della disciplina delle mansioni (art. 3, d.lgs. n. 81/2015). Si è avviato al riguardo un percorso destinato a favorire l’«autorità dell’impresa nell’amministrazione del rapporto di lavoro» [1] con un evidente arretramento delle garanzie per i lavoratori [2]. Anche la riforma dell’art. 4 Stat. lav. muove quanto meno in parte nella stessa direzione, ma non sembra seguirne in tutto e per tutto la logica, né produrre un effetto innovativo così dirompente come le altre novità appena indicate. In particolare, un intervento legislativo in tema di potere di controllo era stato da tempo e da più parti evocato alla luce della ormai riconosciuta obsolescenza della norma, resa inadeguata e largamente ineffettiva dall’evoluzione dei sistemi di produzione e dei modelli organizzativi, oltre che dalle innovazioni tecnologiche [3]. Proprio tale inadeguatezza aveva reso estremamente difficile ed insoddisfacente il bilanciamento tra l’interesse al buon funzionamento dell’organizzazione imprenditoriale e le esigenze di tutela della persona, ivi comprese quelle alla riservatezza. La giurisprudenza aveva cercato di sopperire ai limiti di una norma ormai superata adottando soluzioni interpretative decisamente creative, quando addirittura non contrastanti con la lettera della legge, specie allorquando aveva ela­borato la nozione di controlli difensivi per legittimare l’utilizzazione di strumenti tecnologici e di altri mezzi largamente diffusi finalizzati a, o comunque in grado di, far emergere la commissione di illeciti da parte dei lavoratori. Non solo: in tale percorso la giurisprudenza si era mostrata piuttosto incerta ed ondivaga sia nella ricostruzione dell’area dei controlli leciti, sia nell’ammettere l’utilizzabilità delle informazioni ricevute dai datori di lavoro in ordine alle con­dotte dei propri dipendenti [4]. Era, quindi, evidente la necessità di superare le forzature e le ambiguità [continua..]

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