Il contributo si propone di analizzare il ruolo della contrattazione collettiva nel procedimento di aggiudicazione degli appalti pubblici, così come disciplinato dal nuovo “Codice degli Appalti Pubblici”, il d.lgs. 50/2016. Dopo aver dato conto dell’evoluzione normativa e degli influssi comunitari, si analizza in particolare il ruolo della contrattazione collettiva quale parametro di valutazione dell’anomalia dell’offerta. Ciò alla luce delle plurime criticità interpretative che il nuovo Codice propone all’interprete con riguardo all’esclusione dell’offerente ed all’esclusione dell’offerta anormalmente bassa.
Collective bargaining and abnormally low tender in the new Italian public procurements Code The paper wants to analyze the role of collective bargaining in the public procurement awarding procedure, as reformed by the new “Public Procurement Code”, the Legislative Decree no. 50/2016. After having considered the evolution of internal legislation and the EU policies’ influence, it will be defined the role of collective bargaining as criterion of evaluation of abnormally low or non-compliant tenders. The analysis will be focused especially on the multiple interpretative problems the new Code presents, especially regarding the bidder and the tender exclusion.
1. Interessi pubblici, disciplina degli appalti e contrattazione collettiva
L’impiego degli appalti pubblici nelle politiche di sviluppo rappresenta da sempre un’importante leva di crescita economica [1]. Le più recenti indagini in materia evidenziano, però, che accanto a questa primaria funzione se ne stanno consolidando di ulteriori e diverse, poiché ispirate a finalità più marcatamente “sociali” [2].
Una simile tensione verso la sfera sociale nasce come scelta di politica del diritto, e si traduce sul piano giuridico nell’estensione del novero degli interessi pubblici che l’Amministrazione si propone di perseguire anche quando agisce iure privatorum [3].
Una simile modificazione della finalità perseguita mediante il contratto d’appalto non è di certo inedita per la disciplina di settore. Nella primissima legislazione in materia, ad esempio, l’interesse connesso al contratto “di opera pubblica” coincide con quello economico-finanziario dell’Amministrazione, ossia realizzare l’opus con un dispendio di risorse quanto più ridotto, funzionale ed imparziale possibile [4].
In una seconda fase, grazie all’influsso della Costituzione prima, e delle norme comunitarie poi, l’affermazione di principi generali quali la pubblicità, la trasparenza, la proporzionalità, l’efficacia e l’efficienza, ma soprattutto il buon funzionamento del mercato comune (che a sua volta esige la libera concorrenza e la par condicio degli offerenti) hanno indotto una prima significativa revisione delle procedure ad evidenza pubblica [5], in particolare nelle loro fasi di selezione del contraente e di valutazione della congruità dell’offerta [6].
Il terzo momento di questo iter, sommariamente riassunto, coincide con le recenti virate nelle politiche comunitarie verso un più attento bilanciamento delle esigenze del mercato con quegli interessi pubblici a più spiccata valenza “sociale”, in precedenza dimostratisi sempre recessivi.
Di quest’ultima fase una tappa significativa è rappresentata dalla direttiva 2014/24/UE, nella quale, pur rimanendo prevalente la tutela della concorrenza [7], vengono promossi interessi quali l’accessibilità per le piccole-medie imprese [8], l’inclusione di soggetti portatori di handicap [9], la tutela dell’ambiente [10], la promozione dell’innovazione [11], e non da ultima la tutela della persona-lavoratore.
Non è certamente la prima volta che simili interessi vengono in rilievo nella disciplina di settore [12], ma nell’attuale quadro ordinamentale paiono ricevere una più effettiva protezione, come emerge anche dalle modifiche introdotte dal “nuovo” Codice dei [continua..]