Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Codatorialità e (in)certezza del diritto (di Ester Villa, Ricercatrice di Diritto del lavoro nell’Università degli Studi di Bologna)


Nel 2013 la codatorialità ha fatto ingresso nell’ordinamento come “fattispecie” previ-sta, ma non regolata: la legge “nomina” l’istituto, ma non ne descrive le caratteristiche. Si pone, quindi, il problema di comprendere se sia possibile delineare i contorni della codatorialità con un minimo di affidabilità e distinguerla dalle fattispecie limitrofe, come l’assun­zio­ne congiunta. Nel contributo l’Autrice ripercorre le principali proposte ricostruttive della codatorialità, dimostrando come vi siano argomentazioni valide per supportarle tutte, a cau­sa della tecnica normativa utilizzata dal legislatore. Ma esiste una lettura preferibile rispetto alle altre?

Co-employership and legal (un)certainty

In 2013, for the first time, the legislation mentioned the “co-employer” figure, but it did not regulate it: the law “nominates” the institute but does not describe its characteristics and its effects. Therefore, the problem is understanding whether it is possible to delineate the boundaries of the co-employer’ figure with a minimum of reliability and distinguish it from neighboring cases, such as “joint hiring”. The Author traces the different reconstructions of the co-employer’ figure, demonstrating how, due to the normative technique used by the legislator, there are arguments capable of sup-porting all of them. Is there a preferable reading compared to the others?

Keywords: multi-employer – groups of companies – companies network.

SOMMARIO:

1. Introduzione: reti di imprese e codatorialità - 2. I problemi di una fattispecie nominata e non definita - 2.1. La codatorialità come "interposizione brevettata" - 2.2. La codatorialità come contitolarità del medesimo contratto di lavoro - 2.3. Codatorialità e assunzioni congiunte in agricoltura - 3. Considerazioni conclusive - NOTE


1. Introduzione: reti di imprese e codatorialità

L’impresa moderna è sempre più immateriale e leggera: si frammenta, infatti, in «una pluralità di soggetti giuridici, ciascuno dedito ad una fase della produzione, che poi, al fine di realizzare compiutamente il prodotto o servizio, si raccordano fra loro, in modo più o meno stabile ed intenso» [1]. Ciò può avvenire sia tramite la creazione di un gruppo di imprese, nel quale si realizza una vera e propria integrazione proprietaria, sia con la stipulazione di un contratto di rete, strumento idoneo a raggiungere livelli dimensionali più adeguati a competere in un mercato globale, lasciando fermo l’assetto proprietario, sia con la conclusione di contratti commerciali, tra i quali spiccano l’appalto e la subfornitura industriale [2]. La disarticolazione della struttura imprenditoriale ha avuto ripercussioni così significative sull’impianto regolativo del diritto del lavoro, da indurre a mettere in discussione la regola dell’unicità della figura datoriale, assurta al rango di dogma quando i confini del datore di lavoro coincidevano con quelli dell’impresa al cui interno era resa la prestazione [3]. Il luogo elettivo per osservare questo fenomeno è quello dei gruppi di imprese, nei quali l’attività economica è frazionata fra una pluralità soggetti che sono, tuttavia, legati da un rapporto di controllo azionario. Qualora la capogruppo coordini e diriga le altre società per perseguire un fine unitario, l’inte­grazione societaria si fa così stretta da ricreare l’impresa al di fuori dei suoi confini [4]. In tale contesto, a seguito di un percorso piuttosto lungo e ancora oggi tutt’altro che univoco, si è fatta strada anche la possibilità di imputare il medesimo rapporto di lavoro a più società del medesimo gruppo, in tutti i casi in cui le stesse utilizzino il medesimo lavoratore in modo indistinto e promiscuo [5]. Per descrivere tale fattispecie parte della dottrina [6] e della giurisprudenza [7] impiega l’espressione “codatorialità”. Nei gruppi di imprese, tuttavia, la codatorialità non assurge al rango di fattispecie, prevista e regolata dall’ordinamento, ma rappresenta una tecnica di tutela «per governare lo scarto fra la struttura formale del rapporto di [continua ..]


2. I problemi di una fattispecie nominata e non definita

La codatorialità «in senso generale, e quindi generico, allude alla circostanza che alla tradizionale coppia binaria del rapporto di lavoro (datore/la­voratore) si sostituisca dal lato del creditore di lavoro una pluralità di soggetti. Ma qui si ferma la capacità espressiva della definizione. Non esistendo una nozione legale, da questo punto in avanti iniziano i problemi» [12]. Questo spiega perché già intorno al significato di “codatorialità” si fronteggino posizioni multiformi che, tuttavia, possono essere «coagulate attorno a due partiti» [13]


2.1. La codatorialità come "interposizione brevettata"

Secondo una prima lettura, la codatorialità è una nuova “interposizione brevettata” che consente a tutti gli imprenditori della rete di esercitare il potere direttivo sul medesimo prestatore, nonostante il rapporto di lavoro sia imputato ad uno solo di essi [14]. Dire, infatti, che “è ammessa la codatorialità” rivela «la ragione ultima della disposizione [che è quella di] rendere nel contratto di rete ammissibile ciò che altrimenti non sarebbe ammissibile» [15], ovvero l’eser­cizio del potere direttivo su un lavoratore il cui rapporto è formalmente imputato ad un diverso soggetto. Poiché è ammessa secondo “le regole stabilite attraverso il contratto di rete” [16], la codatorialità consisterebbe in un impiego condiviso del medesimo lavoratore fra più imprese retiste, secondo regole previamente fissate da queste ultime [17]. L’interpretazione prospettata si imporrebbe per diverse ragioni: da un lato, nella disposizione con la quale è stata introdotta la codatorialità non si impiegano mai espressioni come “contitolarità del rapporto di lavoro” o “assunzione”, dalle quali si potrebbe desumere che codatorialità sia sinonimo di rapporto di lavoro multidatoriale. Dall’altro, le imprese legate da un contratto di rete possono ricorrere non solo alla “codatorialità”, ma anche all’“assunzione congiunta” [18]. Per quanto pure quest’ultima sia una fattispecie “nominata, ma non definita”, per codatorialità deve intendersi qualcosa di non sovrapponibile all’assunzione congiunta dal punto di vista normativo: le imprese legate da un contratto di rete possono, infatti, impiegare la prima fattispecie senza ulteriori condizioni, mentre la seconda solo se il 40% di esse sono imprese agricole [19]. Dal nomen utilizzato dal legislatore è possibile desumere che solo l’as­sunzione congiunta è una vera e propria contitolarità del medesimo contratto di lavoro. Questa conclusione è peraltro confermata dal regime di solidarietà dei coassuntori, i quali rispondono in solido di tutte le obbligazioni contrattuali, previdenziali e di legge che scaturiscono dal contratto di lavoro subordinato [20]: un regime di corresponsabilizzazione [continua ..]


2.2. La codatorialità come contitolarità del medesimo contratto di lavoro

Alla luce di una diversa ricostruzione è la codatorialità – e non l’as­sunzione congiunta – a dar vita ad una contitolarità del contratto di lavoro [31]. Affinché nelle reti non si riproponessero le incertezze che nei gruppi di imprese circondano la possibilità stessa di configurare un rapporto di lavoro multidatoriale, con l’art. 30, comma 4-ter, d.lgs. n. 276/2003 è stata espressamente “ammessa” la codatorialità fra le imprese legate da un contratto di rete. Si tratta di un’interpretazione dell’espressione “è ammessa” diversa da quella prospettata nel precedente paragrafo, ma ugualmente plausibile. Attraverso l’instaurazione di un rapporto di lavoro multidatoriale, tutte o parte delle imprese della rete dirigono ed organizzano in modo promiscuo la prestazione del medesimo lavoratore. Se, quindi, datore di lavoro è chi utilizza effettivamente la prestazione nell’ambito della propria organizzazione, in presenza di più soggetti che impiegano in modo promiscuo lo stesso lavoratore, può darsi l’esistenza di un rapporto di lavoro multidatoriale: d’altronde, come è stato affermato, «dalla regola del datore di lavoro effettivo non discende automaticamente quella del datore di lavoro unico» [32]. Si tratta, tuttavia, di comprendere se per aversi codatorialità sia necessario e sufficiente aver riguardo a chi esercita in concreto i poteri datoriali sul lavoratore, oppure sia necessario anche che la prestazione sia destinata a soddisfare l’interesse comune per il quale la rete è stata costituita [33]. Tale interrogativo si giustifica perché secondo taluni nei gruppi di imprese la destinazione della prestazione a soddisfare l’interesse di gruppo è requisito idoneo a selezionare le ipotesi in cui la codatorialità si può configurare [34]: siffatto criterio consentirebbe di distinguere fra lavoratori impiegati nel contesto esclusivo di una singola impresa e lavoratori del gruppo la cui prestazione è funzionalmente destinata al disegno imprenditoriale comune. Solo in questo secondo caso si avrebbe un rapporto di lavoro multidatoriale: «la “condivisione” della prestazione di lavoro da parte delle varie società in vista del perseguimento di uno scopo comune, è elemento capace [continua ..]


2.3. Codatorialità e assunzioni congiunte in agricoltura

Una volta definita la codatorialità come contitolarità del contratto di lavoro, si deve chiarire cosa debba intendersi per assunzione congiunta. L’art. 31 del d.lgs. n. 276/2003, nel quale è nominata anche l’assunzione congiunta, disciplina le facilitazioni relative all’assunzione e alla gestione amministrativa dei dipendenti nei gruppi di imprese e nei consorzi di società cooperative: tali soggetti possono delegare alla capogruppo o al consorzio gli adem­pimenti relativi all’assunzione del personale di tutte le società del gruppo o di tutte le consorziate, senza che ciò incida sull’imputazione del rapporto di lavoro. Valorizzando tale collocazione sistematica, si può ritenere che le imprese avvinte dai legami di cui all’art. 31, commi 3-bis e 3-ter, d.lgs. n. 276/2003 – quindi anche le imprese della rete, se almeno il 40% sono imprese agricole – possano devolvere gli adempimenti relativi all’assunzione dei dipendenti ad una sola di esse. Il rapporto di lavoro verrebbe, pertanto, imputato ad una società fra quelle indicate nell’art. 31, commi 3-bis e 3-ter, d.lgs. n. 276/2003, nonostante gli a­dempimenti relativi all’assunzione di quel dipendente siano stati espletati da un’altra. Se, tuttavia, l’assunzione congiunta si limitasse a ciò, non sarebbe dato comprendere perché, in relazione ad un rapporto di lavoro che si svolge con un unico datore di lavoro, tutte le imprese di cui all’art. 31, commi 3-bis e 3-ter siano obbligate in solido per i trattamenti contrattuali, legali e previdenziali spettanti al lavoratore. Per chiarire cosa sia l’assunzione congiunta è allora opportuno considerare che con la stessa si è inteso regolamentare una situazione non infrequente in agricoltura, consistente nell’utilizzo di una prestazione di lavoro per esigenze temporanee e contingenti, legate ai tempi delle stagioni agricole, attingendo al personale di altro imprenditore agricolo con il quale si hanno rapporti di parentela o societari [56]. In presenza di un’assunzione congiunta, pertanto, il lavoratore è assunto da una singola impresa, presso la quale presta in modo prevalente la propria attività lavorativa, ma può essere inviato a svolgere la prestazione sotto la direzione e il controllo di un’altra impresa della [continua ..]


3. Considerazioni conclusive

In conseguenza della tecnica normativa impiegata dal legislatore che nomina la fattispecie, ma non ne delinea in alcun modo i confini e gli effetti, entrambe le ricostruzioni prospettate nei paragrafi che precedono paiono astrattamente accoglibili [57]. Le ripercussioni negative di tale tecnica normativa sono acuite dal fatto che la stessa non interessa solo la codatorialità, ma anche l’as­sunzione congiunta. Di conseguenza, non solo non si può impiegare una fattispecie nel difficile compito di delineare i confini dell’altra, ma diviene possibile descrivere in modo speculare e quasi antitetico codatorialità ed assunzione congiunta, senza cadere in contraddizioni insormontabili [58]. Per accogliere l’invito di fare «ciascuno il suo mestiere: il legislatore regoli, l’interprete interpreti» [59], è opportuno andare più a fondo e vedere se non vi sia qualche argomento che renda preferibile una delle letture prospettate. La codatorialità, intesa come contitolarità del contratto di lavoro, pare collocarsi in modo più convincente nel sistema di ripartizione di responsabilità datoriali dell’ordinamento lavoristico. La responsabilità solidale è, infatti, più limitata nell’appalto, dove non è dato ravvisare alcuna gestione promiscua dei rapporti di lavoro. La corresponsabilizzazione del committente nel pagamento di retribuzioni, contributi previdenziali e premi assicurativi che spettano ai dipendenti dell’appaltatore, limitata da un termine di decadenza, si giustifica perché il soggetto diverso dal datore di lavoro trae un’utilità indiretta dalle prestazioni di tali lavoratori. Nella somministrazione di lavoro il contratto commerciale e quello di lavoro sono negozialmente collegati per realizzare un’operazione economica complessiva. Per effetto di tale collegamento, l’utilizzatore dirige e controlla i dipendenti dell’agenzia in vista della realizzazione di un suo interesse produttivo. Ciò giustifica, da un lato, una corresponsabilizzazione dell’utilizzatore più ampia di quella dell’appaltante, la quale, tuttavia, non si traduce in un’estensione dell’og­getto della responsabilità solidale, che concerne sempre il pagamento di retribuzioni, contributi previdenziali e premi assicurativi, ma nella disapplicazione del [continua ..]


NOTE