Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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L'autonomia delle Casse di previdenza dei liberi professionisti alla prova della spending review (di Gabriele Franza (Professore associato di diritto del lavoro dell’Università di Macerata))


Il contributo analizza i problemi derivanti dall’inclusione degli enti di previdenza privatizzati tra i destinatari degli obblighi di riduzione della spesa, alla luce della recente giurisprudenza costituzionale che, anche in considerazione dell’autonomia di questi enti, ha ritenuto parzialmente illegittima la relativa normativa nazionale.

The autonomy of pension funds of free professionals to test the spending review

The essay analyses the problems arising from the inclusion of privatized social security institutions among those who are subject to the spending review obligations, as stated in the recent constitutional case law that, considering the autonomy of these bodies, has reputed the national legislation in question partially unlawful.

1. Le regole di spending review per le Casse dei professionisti, tra obblighi di risparmio e obblighi di riversamento Nell’ambito del processo di ripubblicizzazione [1], avviato nell’ultimo decennio dopo la – già controversa – privatizzazione del 1994 [2], anche le casse di previdenza dei professionisti sono state attratte negli interventi di spending review, in quanto classificate, mediante apposito elenco dell’Istat, tra le amministrazioni pubbliche appartenenti al conto economico consolidato, a sua volta rilevante per l’attuazione dei regolamenti comunitari finalizzati alla definizione delle politiche dell’Unione europea ed al monitoraggio delle economie degli Stati membri e dell’unione economica e monetaria. In questo contesto, il d.l. n. 95 del 2012, conv. l. n. 135 del 2012, disponeva, da un lato, la riduzione in percentuale dei trasferimenti dal bilancio dello Stato agli enti dotati di autonomia finanziaria rispetto alla spesa sostenuta per consumi intermedi; dall’altro, per gli enti e gli organismi che non beneficiano del finanziamento statale, tra cui appunto le casse [3], l’adozione, a loro carico, di interventi di razionalizzazione della medesima spesa in identica percentuale, ma con un ulteriore obbligo di versamento annuale dei corrispondenti risparmi in favore dell’erario (art. 8, co. 3, terzo periodo). Quest’ultima previsione normativa appariva, tuttavia, strutturalmente sospetta, fondandosi su una pretesa reciprocità, a condizioni invertite, dei flussi di spesa, cioè una pretesa chiaramente ultronea rispetto allo scopo perseguito, in quanto già assolto, per gli enti che operano in regime di autofinanziamento, mediante i richiesti interventi di razionalizzazione. La mancanza di un collegamento causale tra l’imposizione del riversamento al bilancio dello Stato e la finalità di riduzione della spesa poneva, dunque, una questione di giustificazione del prelievo, neanche riducibile alla tematica della funzione di rilevanza pubblica assegnata ai fondi di previdenza autonomi. Investita della questione di legittimità, a distanza di pochi anni la Consulta [4] ha esattamente rilevato, nel controllo di razionalità, che il prelievo imposto a favore dello Stato avrebbe valore “neutro”, non incidendo sul saldo complessivo delle risorse disponibili nel bilancio consolidato pubblico, che infatti – riversamento o meno – risulterebbe “invariato” [5]. Sicché ha potuto concludere che “tale prelievo costituisce una scelta autonoma del legislatore statale, del tutto distinta dall’adempimento degli obblighi di riduzione della spesa concordati in sede europea”. Dal che l’incostituzionalità della norma, limitatamente all’imposizione del riversamento nei confronti degli enti che si [continua..]

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