Sulla base di recenti pronunce che hanno interessato il principale vettore aereo nazionale in relazione alla cessione di aeromobili ad altro esercente, il presente contributo esamina la portata applicativa della norma di cui all’art. 917 c. nav. che, nel caso di cambiamento di esercente, consente al lavoratore di mantenere il rapporto di lavoro. Dopo una disamina dei concetti di esercizio, impresa ed azienda nel diritto della navigazione, l’analisi della fattispecie è condotta anche mediante un confronto con la speculare disciplina in materia di cambiamento dell’armatore nella navigazione marittima, giungendo alla conclusione della perdurante attualità della norma esaminata. La diversità ontologica e giuridica dell’esercente rispetto all’imprenditore del trasporto aereo giustifica – anche nella sistematica del codice della navigazione – l’esistenza dell’art. 917 c. nav. e l’irrilevanza del mezzo nautico ai fini dell’incardinazione dei rapporti di lavoro.
The paper focuses on relation between employee and employer in a case of air carrier winding up. The issue relies on the interpretation of art. 917 of Italian navigation law code which provides the continuation of any working relations among employees and aircraft operator. According to Italian law there is a difference between aircraft operator and air carrier due to the fact that the first one is acting without a necessary economic goal while on the other hand the second one, as entrepreneur, has the specific target to make profits. From these grounds the paper tries to trace a legal framework mixing navigation law, labour law and commercial law also with the EU law sources. The aim is to support the consideration that despite the evolution of the air transport and the air carrier, the provision of the above art. 917 is still in force and is viable the consideration that divide operator from carrier.
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1. La vicenda giudiziaria - 2. Esercizio, impresa e azienda nel diritto della navigazione - 3. Trasferimento d’azienda e cambiamento dell’esercente di aeromobile - 4. Conclusioni - NOTE
Il presente contributo muove da recenti arresti giurisprudenziali [1] che hanno affrontato il tema della continuazione dei rapporti di lavoro nell’ipotesi di modificazione soggettiva della parte datoriale, quale impresa esercente il trasporto aereo. La vicenda è ben nota ed ha riguardato la riorganizzazione del principale vettore nazionale che, in forza di una ormai cronica crisi, legata all’asimmetria tra lo storico modello di business aziendale e l’evoluzione del mercato del trasporto aereo (sia a livello europeo che globale) verso una netta distinzione tra compagnie low cost e full service [2], ha tentato con alterne vicende di rilanciare la propria attività d’impresa con conseguenze che sono tutt’ora evidenti sul piano dei rapporti di lavoro [3]. Un simile processo è transitato attraverso diverse tappe che hanno visto la progressiva riduzione della quota di controllo pubblico sul vettore e l’ingresso di capitali privati nel dichiarato intento di orientare la gestione della compagnia verso modelli di maggiore efficienza. La presenza di un mercato sempre più competitivo, in una con esigenze di politica sociale, hanno indotto il legislatore nazionale ad agevolare la riorganizzazione del vettore aereo mediante la creazione di una bad company, in cui mantenere quell’insieme di rapporti giuridici poco attraenti per investitori e potenziali acquirenti, e di una newco a cui, invece, conferire gli asset di maggiore interesse per i privati chiamati a risollevare le sorti dell’impresa [4]. In tale quadro si inserisce la vicenda oggetto dei pronunciamenti in epigrafe, incentrata, per quanto qui rileva, sulla portata applicativa della fattispecie di cui all’art. 917 c. nav. [5]: la norma, come è noto, prevede che, nell’ipotesi di cambiamento di esercente, il nuovo titolare dell’impresa di navigazione succeda in tutti i diritti e gli obblighi derivanti dai contratti di lavoro in essere, fermo restando il diritto del lavoratore di richiedere la risoluzione del contratto. La vicenda ha preso le mosse dal ricorso presentato da un pilota della compagnia aerea predetta, a seguito della perdita del posto dovuta alla dismissione – tra l’altro – dei beni funzionali all’esercizio dell’attività aeronautica, oggetto di cessione secondo la disciplina speciale [continua ..]
La breve descrizione dei fatti giudiziari induce a svolgere qualche riflessione preliminare sulla configurazione e sui contenuti giuridici dell’esercizio di un mezzo destinato alla navigazione (aerea o marittima). Ciò al fine di meglio individuare gli elementi minimi sufficienti che qualificano un soggetto come esercente (di aeromobile) e, dall’altro lato, tracciare il confine tra l’esercizio stesso e l’attività d’impresa. Il tema della qualificazione giuridica dell’esercizio nautico ha impegnato la migliore dottrina navigazionista (e non) in un vivace dibattito già all’indomani dell’emanazione del codice della navigazione. La presenza in esso di una rubrica dedicata all’impresa di navigazione, sia nella parte marittima (titolo III, parte I) che in quella aeronautica (titolo III, parte II), ha peraltro condotto a feconde speculazioni scientifiche ed imponenti studi monografici [8] sui caratteri della fattispecie che, tuttavia, non hanno trovato diffuso accoglimento tra i più autorevoli studiosi della materia [9]. Secondo un primo orientamento, infatti, l’“impresa di navigazione” costituisce una fattispecie indipendente rispetto all’impresa commerciale, in quanto l’esercizio della singola nave è, come tale, sottoposto alle regole del diritto speciale che presiedono alla realizzazione di un’attività di mera navigazione, mentre ove tale esercizio tenda ad un risultato produttivo, esso può dar luogo ad un’impresa commerciale, determinando l’applicazione alla medesima fattispecie della disciplina generale, che si affianca a quella speciale, ma non la sostituisce [10]. In questo contesto, l’esercizio (della singola nave o dell’aeromobile) costituisce una organizzazione di cose e di persone funzionale ad un obiettivo determinato, ossia lo spostamento del mezzo nell’ambiente suo proprio (navigazione), suscettibile di considerazione economica, ma non necessariamente orientato al mercato. In tale quadro, il bene rappresenta l’unità minima su cui si “organizzano” gli altri fattori produttivi [11], come l’equipaggio, il capitale, ecc., che tutti insieme permettono di traguardare il risultato (tecnico) della “navigazione”. Di contro, secondo altri il sintagma “impresa di navigazione” costituisce una sorta di [continua ..]
La questione del trasferimento d’azienda avente ad oggetto uno o più aeromobili e, quindi, della portata precettiva dell’art. 917 c. nav. in rapporto all’art. 2112 c.c., è già stata oggetto di recente attenta analisi [26], con esiti che, riconoscendo la correttezza delle decisioni precitate pur nella critica di alcune delle motivazioni, divergono peraltro dai risultati cui è approdata autorevole dottrina nell’interpretazione della norma speciale di riferimento [27]. In sintesi, come sopra ricordato, il caso ha ad oggetto l’applicabilità o meno dell’art. 917 c. nav. nell’ipotesi di cambiamento di esercente conseguente ad una cessione di beni e contratti, in vista di una liquidazione aziendale ai sensi dell’art. 56, comma 3-bis, d.lgs. n. 270/1999 [28]. Secondo il più recente orientamento, in linea con gli arresti giurisprudenziali citati in premessa, l’art. 917 c. nav. è norma che consente la conservazione dei rapporti di lavoro, in caso di cambiamento di esercente, solo ove rimanga provato l’impiego effettivo del lavoratore su di un dato aeromobile, oggetto di trasferimento. In tale quadro, la disposizione avrebbe una limitatissima portata applicativa in virtù del fatto che, nella moderna impresa di trasporto aereo, non sarebbe possibile assegnare il personale di volo ad un aeromobile determinato e, dunque, in caso di cessione del bene, rimarrebbe non dimostrabile il presupposto applicativo della norma, cioè il rapporto specifico tra il lavoratore ed il dato aeromobile; l’evidente anacronismo della disposizione, codificata in un’epoca in cui il trasporto aereo si atteggiava in modo del tutto diverso rispetto al moderno fenomeno di massa, ne avrebbe, quindi, determinato la sostanziale inefficacia, in linea peraltro con le più moderne conquiste del diritto del lavoro, per cui principî e norme a tutela dei lavoratori pretendono applicazione generalizzata anche in settori tradizionalmente oggetto di normativa speciale. D’altro lato, il pieno vigore della disposizione di cui all’art. 917 c. nav. rimane, di contro, dimostrato – a nostro avviso – se si delimita la sfera di efficacia della norma speciale rispetto alla disciplina in materia di trasferimento d’azienda, secondo un criterio ermeneutico già indicato dalla dottrina [29] e dalla [continua ..]
Le considerazioni svolte inducono a riconsiderare la persistente attualità dell’art. 917 c. nav. e la sua particolare coerenza con la sistematica del codice della navigazione, in quanto disposizione orientata a fornire soluzioni normative adeguate alla specialità della fattispecie regolata rispetto alla “generale” dinamica del trasferimento di azienda. In tale quadro, la norma anticipa soluzioni oggi adottate anche nel comparto marittimo in vista di una più ampia tutela del lavoratore, secondo un orientamento diffuso in tutti i settori dell’economia. Di certo l’evoluzione del trasporto, sia marittimo che aereo, ha contribuito in misura determinante a sfumare i contorni della figura dell’armatore e dell’esercente, agevolandone l’immedesimazione con l’imprenditore. Tuttavia, giova segnalare che anche lì dove appare possibile assimilare, in presenza di un’impresa commerciale di trasporto, la nave o l’aeromobile ad unità di tipo “aziendale”, dotate di autonomia, è altrettanto vero che tale autonomia rileva solo dal punto di vista tecnico, e non giuridico, poiché è l’organizzazione e, dunque, l’inserimento del lavoratore (e del mezzo nautico) nel complesso dei beni e fattori di produzione a determinare il risultato d’impresa. Ci sembra utile, sul punto, ribadire che il mezzo nautico non assume – nella sistematica del codice – i caratteri di un centro d’imputazione d’interessi determinante ai fini della continuazione dei rapporti di lavoro [48]. Le esigenze tecniche che inducono a “frazionare” l’attività su di uno specifico mezzo rilevano, infatti, solo da un punto di vista operativo come, ad esempio, si evince dallo stesso art. 917, comma 2, c. nav., che esalta l’autonomia del mezzo quando questo si trova in navigazione, ma sempre in relazione ad un esercente o ad una impresa di trasporto aereo. Sulla base di tali considerazioni, l’art. 917 c. nav. si pone quale strumento di tutela avanzata dei lavoratori con compiti inerenti al “fatto tecnico” della navigazione [49], a prescindere dalla qualificazione in concreto dell’esercizio come impresa commerciale e dalla contingenza che la cessione del singolo aeromobile integri o meno un trasferimento d’azienda. La norma in parola esprime, quindi, [continua ..]