Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

19/05/2020 - Le misure introdotte dal decreto legge n. 33 del 2020 volte a prevenire e a contenere la emergenza epidemiologica da virus c. d. Covid – 19 applicabili dal giorno 16 maggio 2020 al giorno 31 luglio 2020.

argomento: Novitá legislative

Nella Gazzetta ufficiale n. 125 del giorno 16 maggio 2020 è stato pubblicato il decreto legge 16 maggio 2020, n. 33, recante “ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid – 19”. Il decreto legge n. 33 del 2020, in vigore dallo stesso giorno della pubblicazione in Gazzetta ufficiale, ha lo scopo di introdurre nuove misure (urgenti) di contenimento della emergenza epidemiologica da virus c. d. Covid – 19 applicabili dal giorno 18 maggio 2020 al giorno 31 luglio 2020. In particolare, il decreto legge n. 33 del 2020 ha introdotto misure volte a regolare la prosecuzione della c. d. fase due della emergenza epidemiologica in atto, misure caratterizzate da un ampliamento della libertà di movimento e di circolazione e dalla riapertura di ulteriori attività economiche, produttive e sociali.

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Articoli Correlati: epidemia - protocollo - sospensione dell’attività imprenditoriale - infortunio sul lavoro - responsabilità datore di lavoro - emergenza sanitaria Covid – 19

  1. Lo svolgimento delle attività economiche, produttive e sociali.

 

“Le attività economiche, produttive e sociali devono svolgersi nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali. In assenza di quelli regionali trovano applicazione i protocolli o le linee guida adottati a livello nazionale. Le misure limitative delle attività economiche, produttive e sociali possono essere adottate, nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità, con provvedimenti emanati ai sensi dell’articolo 2 del decreto – legge n. 19 del 2020 o del comma 16” (art. 1, 14esimo comma, del decreto legge n. 33 del 2020).

Ancora una volta, lo svolgimento delle attività (ora anche economiche e sociali, oltre che produttive) è subordinato al rispetto (necessario, ma anche sufficiente?) di protocolli e di linee guida di prevenzione e di contenimento del rischio di contagio da virus c. d. Covid – 19. Ora a dovere essere applicati sono, prima di tutto, i protocolli e le linee guida adottati a livello regionale. Solo in loro mancanza devono essere applicati i protocolli e le linee guida stipulati a livello nazionale.

“Il mancato rispetto dei contenuti dei protocolli o delle linee guida, regionali, o, in assenza, nazionali, di cui al comma 14 che non assicuri adeguati livelli di protezione determina la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza” (art. 1, 15esimo comma, del decreto legge n. 33 del 2020).

È confermata la sospensione della attività “sino al ripristino delle condizioni di sicurezza” in caso di mancato rispetto delle prescrizioni contenute dei protocolli e delle linee guida regionali e, in mancanza, nazionali.

“Per garantire lo svolgimento in condizioni di sicurezza delle attività economiche, produttive e sociali, le regioni monitorano con cadenza giornaliera l’andamento della situazione epidemiologica nei propri territori e, in relazione a tale andamento, le condizioni di adeguatezza del sistema sanitario regionale. I dati del monitoraggio sono comunicati giornalmente dalle regioni al Ministero della salute, all’Istituto superiore di sanità e al comitato tecnico – scientifico di cui all’ordinanza del Capo del dipartimento della protezione civile del 3 febbraio 2020, n. 630, e successive modificazioni. In relazione all’andamento della situazione epidemiologica sul territorio, accertato secondo i criteri stabiliti con decreto del Ministro della salute del 30 aprile 2020 e sue eventuali modificazioni, nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 2 del decreto – legge n. 19 del 2020, la regione, informando contestualmente il Ministro della salute, può introdurre misure derogatorie, ampliative o restrittive, rispetto a quelle disposte ai sensi del medesimo articolo 2 (art. 1, 16esimo comma, del decreto legge n. 33 del 2020).

“Salvo che il fatto costituisca reato diverso da quello di cui all’articolo 650 del codice penale, le violazioni delle disposizioni del presente decreto, ovvero dei decreti e delle ordinanze emanati in attuazione del presente decreto, sono punite con la sanzione amministrativa di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19. Nei casi in cui la violazione sia commessa nell’esercizio di un’attività di impresa, si applica altresì la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni” (art. 2, primo comma, del decreto legge n. 33 del 2020).

“Le misure di cui al presente decreto si applicano dal 18 maggio 2020 al 31 luglio 2020, fatti salvi i diversi termini previsti dall’articolo 1” (art. 3, primo comma, del decreto legge n. 33 del 2020).

 

  1. I cc. dd. protocolli regionali.

 

Ai fini dello svolgimento della attività (sia essa economica, produttiva o sociale) è necessario rispettare le prescrizioni contenute nei protocolli e nelle linee guida sino a oggi emanati e che potranno essere integrati e / o sostituiti in ragione della evoluzione della emergenza epidemiologica.

Sino al giorno 18 maggio 2020, il riferimento di tutti i datori di lavoro era il “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid – 19 negli ambienti di lavoro”, sottoscritto dal Governo e dalle parti sociali in data 24 aprile 2020 e che ha integrato (sostituendolo) il “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid – 19 negli ambienti di lavoro” sottoscritto in data 14 marzo 2020.

Invece, a partire dal giorno 18 maggio 2020, il riferimento di tutti i datori di lavoro è costituito, in primo luogo, dai protocolli e dalle linee guida adottati “dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali”. Solo in loro mancanza, sarà applicabile il c. d. protocollo nazionale.

La regione Emilia – Romagna ha provveduto a stipulare alcuni “protocolli di sicurezza”, contenenti “linee guida e indicazioni operative che salvaguardino la salute di operatori economici, lavoratrici e lavoratori, clienti e persone, permettendo lo svolgimento in sicurezza delle attività stesse e la prevenzione della diffusione del Coronavirus” (www.regione.emilia-romagna.it). Questi “protocolli regionali sono del tutto conformi agli indirizzi sui quali Governo e regioni hanno raggiunto l’accordo” e riguardano:

- esercizi di somministrazione di alimenti e di bevande e attività di asporto e di consumo sul posto;

- esercizi di commercio al dettaglio in sede fissa e di commercio su aree pubbliche;

- acconciature ed estetica;

- stabilimenti balneari e spiagge;

- strutture ricettive alberghiere;

- strutture ricettive all’aria aperta.

 

  1. Alcune considerazioni.

 

Lo svolgimento delle attività continua a essere subordinato al rispetto delle prescrizioni contenute nei protocolli e nelle linee guida, in un primo momento nazionali e ora (e in via principale) anche regionali.

Il loro mancato rispetto (oltre a determinare la sospensione, anche immediata, della attività) comporta la imputazione della responsabilità civile e penale in caso di infortunio sul lavoro del dipendente per contrazione del virus c. d. Covid – 19 in ambiente di lavoro.

Nonostante i chiarimenti forniti dall’Inail (da ultimo, con la lettera del Direttore generale Giuseppe Lucibello pubblicata sul quotidiano Il sole 24 ore del giorno sabato 16 maggio 2020), forti sono le richieste dei datori di lavoro (grandi e piccoli), delle loro associazioni sindacali e dei professionisti di previsione (legislativa) di uno “scudo” contro la responsabilità civile e, soprattutto, penale derivante dall’infortunio sul lavoro del dipendente per contrazione del virus c. d. Covid – 19 in ambiente di lavoro.

A questo fine, Partito democratico, Lega nord, Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno presentato emendamenti al decreto legge n. 23 del 2020 (c. d. decreto liquidità). Nel frattempo, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l’Inail stanno lavorando di concerto per salvaguardare il datore di lavoro “dal rischio di ricevere un avviso di garanzia pure avendo rispettato i protocolli di sicurezza” (così la sottosegretaria del Ministero del lavoro e delle politiche sociali Francesca Puglisi nel commento pubblicato sul quotidiano Il sole 24 ore del giorno domenica 17 maggio 2020).