argomento: Giurisprudenza - Giurisprudenza Amministrativa
Non vi sono i presupposti di pericolo per la riforma un decreto cautelare di un giudice amministrativo di primo grado, con riguardo a un provvedimento che impone la cosiddetta “quarantena”, in relazione all’attuale epidemia, poiché non sono sufficienti l’allegato rischio di licenziamento e il pregiudizio connesso alla perdita per quattro giorni della retribuzione, perdita che potrebbe trovare ristoro per equivalente, in caso di illegittimità dell’atto.
» visualizza: il documento (Cons. Stato, sezione terza, 30 marzo 2020, n. 1553, decr.)Articoli Correlati: licenziamento - provvedimento cautelare - emergenza sanitaria Covid – 19
Sorprende alquanto la motivazione del decreto, perché non è stata rilevata la completa assenza del rischio di licenziamento, poiché l’assenza correlata all’ottemperanza a un provvedimento interdittivo non può essere considerata ingiustificata e non può comportare mai un licenziamento. Di fronte a crediti retributivi e, quindi, di natura alimentare (a maggiore ragione, per un bracciante agricolo) è incomprensibile il richiamo della responsabilità risarcitoria della pubblica amministrazione, in quanto il relativo giudizio si può protrarre per anni. Al contrario, si sarebbe dovuto dire che un credito retributivo di quattro giorni è irrilevante.