argomento: Novitá legislative
Il decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 70 del giorno 17 marzo 2020 e in vigore dalla medesima data) ha introdotto, da un lato, alcune misure di “potenziamento” del Servizio sanitario nazionale e, dall’altro, alcune misure di “sostegno economico” per le famiglie, per i lavoratori e per le imprese, misure tutte “connesse alla emergenza epidemiologica da Covid – 19”.
Con riferimento alle misure di “sostegno economico” dedicate ai lavoratori e alle imprese, il decreto legge n. 18 del 2020 ha previsto, tra l’altro, sia trattamenti di integrazione salariale e indennità, sia congedi e bonus per l’accudimento della prole, oltre che divieti di licenziamento, proroghe e sospensione di termini.
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il documento (Decreto legge 17 marzo, n. 18)
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di Avv. Valentina Zaccarelli
- Le tutele dedicate ai datori di lavoro.
Tra le misure previste dal decreto legge n. 18 del 2020 a sostegno dei datori di lavoro si citano:
- l’accesso, per una durata massima di nove settimane, a uno specifico trattamento ordinario di integrazione salariale, avente quale causale “emergenza Covid – 19” e caratterizzato da una procedura semplificata (art. 19);
- l’accesso (da parte dei datori di lavoro iscritti al Fondo di integrazione salariale che occupano, in media, più di cinque dipendenti), per una durata massima di nove settimane, a uno specifico assegno ordinario, avente quale causale “emergenza Covid – 19” e caratterizzato, anche esso, da una procedura semplificata (art. 19);
- la sospensione sia del procedimento di accesso al trattamento di integrazione salariale straordinario, sia dello stesso trattamento di integrazione salariale straordinario in corso e la sua sostituzione, per una durata massima di nove settimane, con il trattamento ordinario di integrazione salariale speciale con causale “emergenza Covid – 19” (art. 20);
- la sospensione sia del procedimento di accesso all’assegno di solidarietà, sia dello stesso assegno di solidarietà in corso e la sua sostituzione, per una durata massima di nove settimane, con l’assegno ordinario speciale con causale “emergenza Covid – 19” (art. 21) e ciò poiché il Governo ha individuato quale strumento principale di sostegno al reddito il trattamento di integrazione salariale ordinario. Quindi, trascorso il periodo massimo di nove settimane, il datore di lavoro potrà chiedere di nuovo il trattamento di integrazione salariale straordinario e l’assegno di solidarietà. Tuttavia, salvo diversa interpretazione amministrativa, la “trasformazione” del trattamento di integrazione salariale da straordinario in ordinario con causale “emergenza Covid – 19” è riservato, in via esclusiva, ai datori di lavoro che possono fruire di entrambi gli ammortizzatori sociali. Dunque, sono esclusi i datori di lavoro non ammessi al trattamento di integrazione salariale ordinario (quali i datori di lavoro del settore del commercio che occupano più di cinquanta dipendenti). In ogni caso, sia la fruizione del trattamento di integrazione salariale e dell’assegno ordinario con causale “emergenza Covid – 19”, sia la sostituzione del trattamento di integrazione salariale straordinario con il trattamento di integrazione salariale ordinario specifico e dell’assegno di solidarietà con l’assegno ordinario specifico non comportano il pagamento da parte del datore di lavoro del contributo addizionale (posto a carico del bilancio dello Stato);
- l’accesso da parte dei datori di lavoro del settore privato (compresi i professionisti, ma esclusi i datori di lavoro domestico, in ragione della peculiarità del relativo rapporto di lavoro) che non possano fruire delle tutele previste in caso di sospensione della attività o di riduzione dell’orario di lavoro al trattamento di integrazione salariale in deroga (art. 22) e ciò al fine di non lasciare privi di tutela i dipendenti di questi datori di lavoro. Ad esempio, in data 20 marzo 2020, la Regione Emilia – Romagna ha sottoscritto la integrazione all’accordo sulla cassa integrazione in deroga stipulato, in data 6 marzo 2020, con le parti sociali che che hanno a suo tempo sottoscritto il c. d. Patto per il lavoro.
Ci si domanda se, come traspare dal testo del decreto legge, la mera menzione della causale “emergenza Covid – 19” sia sufficiente ai fini dell’accesso ai citati ammortizzatori sociali. Secondo una parte della dottrina (tra cui il Dott. Eufranio Massi), trattandosi di una causale unica per tutti i datori di lavoro ed eccezionale, non sarebbe necessario alcun ulteriore riferimento. Altra dottrina (di cui il Prof. Enrico Gragnoli), pure ritenendo sostenibile la predetta tesi, consiglia un atteggiamento prudente e, in particolare, consiglia di illustrare, in sintesi, perché lo stato di emergenza epidemiologica da Covid – 19 determini la sospensione o la riduzione della attività, soprattutto con riferimento alla tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori nel luogo di lavoro.
- Le tutele dedicate ai lavoratori.
Tra le misure previste dal decreto legge n. 18 del 2020 a sostegno dei lavoratori, sia subordinati, sia autonomi, sia privati, sia pubblici, si citano:
- la introduzione di uno specifico congedo di durata, continuativa o frazionata, complessiva non superiore a quindici giorni (con conseguente riconoscimento di una indennità e della contribuzione figurativa) fruibile (qualora nel nucleo familiare non vi sia un altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito o un altro genitore disoccupato o non lavoratore) per accudire la prole di età non superiore a dodici anni che sia a casa per effetto della chiusura dei nidi per la infanzia e della scuole (art. 23 per i lavoratori dipendenti del settore privato, per i lavoratori iscritti, in via esclusiva, alla Gestione separata dell’Inps e per i lavoratori autonomi iscritti all’Inps; art. 25 per il pubblico impiego, per i dipendenti del settore sanitario pubblico e privato accreditato e per il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico impiegato per le esigenze connesse alla emergenza epidemiologica da Covid – 19). La fruizione di questo congedo è rimessa alla volontà del lavoratore. In altre parole, è il lavoratore a decidere se fruire del congedo e il datore di lavoro non può che limitarsi a prendere atto della volontà del lavoratore. Non è possibile il contrario. Inoltre, non è prevista la possibilità per il datore di lavoro di limitare la fruizione dei congedi al fine di garantire la continuità dei servizi essenziali. Infine, questo congedo speciale prevale sui congedi parentali ordinari. Di conseguenza, ai sensi dell’art. 23, secondo comma, del decreto legge n. 18 del 2020, “gli eventuali periodi di congedo parentale di cui agli artt. 32 e 33 del decreto legislativo n. 151 del 2001 fruiti dai genitori durante il periodo di sospensione (…) saranno convertiti nel congedo di cui al comma 1 con diritto alla indennità e non saranno computati né indennizzati a titolo di congedo parentale”. Nessun limite di età è previsto per l’accudimento dei figli disabili;
- in alternativa al congedo e in via esclusiva per i lavoratori autonomi non iscritti all’Inps (compresi i professionisti), la concessione di un bonus per l’acquisto di servizi di baby – sitting (art. 23 per i lavoratori dipendenti del settore privato; art. 25 per il pubblico impiego, per i dipendenti del settore sanitario pubblico e privato accreditato e per il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico impiegato per le esigenze connesse alla emergenza epidemiologica da Covid – 19);
- il diritto dei lavoratori dipendenti del settore privato di astenersi dal lavoro (qualora nel nucleo familiare non vi sia un altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito o un altro genitore non lavoratore) per accudire la prole di età compresa tra dodici e sedici anni che sia a casa e ciò per tutto il periodo di sospensione dei servizi educativi e per la infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, con divieto di licenziamento e con diritto alla conservazione del posto di lavoro, ma senza riconoscimento né di una indennità, né della contribuzione figurativa (art. 23);
- l’incremento del numero dei giorni di permesso mensile retribuito (previsti dall’art. 33 della legge n. 104 del 1992) di ulteriori complessive dodici giornate fruibili nel mese di marzo 2020 e nel mese di aprile 2020 (art. 24);
- la equiparazione a malattia (giacché costruisce l’istituto più simile), anche ai fini del trattamento economico, sia del periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva, sia del periodo trascorso in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva (art. 26);
- la non computabilità, ai fini del periodo di comporto, sia del periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva, sia del periodo trascorso in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva equiparati a malattia (art. 26);
- la equiparazione al ricovero ospedaliero del periodo di assenza dal servizio prescritto dalle autorità sanitarie competenti ai lavoratori dipendenti pubblici e privati disabili gravi o con condizione di rischio (art. 26);
- la equiparazione a infortunio sul lavoro della contrazione del virus Covid – 19 in occasione di lavoro (art. 42). Peraltro, già la giurisprudenza propendeva per tale qualificazione e ciò per la rapidità della azione del virus stesso, giacché considerava “causa violenta da infortunio ai sensi dell’art. 2 d. P. R. 30 giugno 1965 n. 1124 (…) anche la azione di fattori microbici o virali che penetrando nell’organismo umano ne determinano la alterazione dell’equilibrio anatomico – fisiologico, sempreché tale azione, pure se i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo, sia in rapporto (…) con lo svolgimento della attività lavorativa”; cfr. Cass. 27 giugno 1998, n. 6390);
- il riconoscimento di una indennità di importo pari a €. 600,00 per il mese di marzo 2020 ai liberi professionisti titolari di partita Iva attiva alla data del 23 febbraio 2020 iscritti, in via esclusiva, alla c. d. gestione separata dell’Inps e non titolari di pensione (art. 27);
- il riconoscimento di una indennità di importo pari a €. 600,00 per il mese di marzo 2020 ai lavoratori titolari di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa in essere alla data del 23 febbraio 2020 iscritti, in via esclusiva, alla c. d. gestione separata dell’Inps e non titolari di pensione (art. 27);
- il riconoscimento di una indennità di importo pari a €. 600,00 per il mese di marzo 2020 ai lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali della assicurazione generale obbligatoria (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, etc.) e, in via eventuale, anche alla c. d. gestione separata dell’Inps, comunque non titolari di pensione (art. 28);
- il riconoscimento di una indennità di importo pari a €. 600,00 per il mese di marzo 2020 ai lavoratori dipendenti stagionali del settore turistico e degli stabilimenti termali che abbiano cessato, in modo involontario, il rapporto di lavoro nel periodo 1° gennaio 2019 – 17 marzo 2020, che alla data del 17 marzo 2020 non abbiano in corso un rapporto di lavoro subordinato, che, quindi, alla data del 23 febbraio 2020 abbiano terminato di percepire la indennità di disoccupazione (c. d. Naspi) e che non siano titolari di pensione (art. 29);
- il riconoscimento di una indennità di importo pari a €. 600,00 per il mese di marzo 2020 agli operai agricoli a tempo determinato (cc. dd. otd) che nell’anno 2019 abbiano compiuto almeno cinquanta giornate effettive di attività di lavoro agricolo (art. 30);
- il riconoscimento di una indennità di importo pari a €. 600,00 per il mese di marzo 2020 ai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo che abbiano versato almeno trenta contributi giornalieri nell’anno 2019, con reddito non superiore a €. 50.000,00, che non siano titolari di pensione e che alla data del 17 marzo 2020 non abbiano in corso un rapporto di lavoro subordinato (art. 38);
- il riconoscimento di una indennità di importo pari a €. 600,00 per il mese di marzo 2020 ai collaboratori sportivi (anche di associazioni sportive dilettantistiche) con rapporto di collaborazione in essere alla data del 23 febbraio 2020 (art. 96). Per incidens, tutte le predette indennità non sono cumulabili tra di loro. Inoltre, esse sono precluse ai percettori del reddito di cittadinanza (art. 31) e non concorrono alla formazione del reddito, vale a dire sono esenti dal punto di vista fiscale;
- la istituzione del Fondo per il reddito di ultima istanza e il riconoscimento di una indennità ai lavoratori dipendenti e ai lavoratori autonomi (compresi i professionisti iscritti alle casse di previdenza) che abbiano cessato il rapporto di lavoro o che abbiano cessato, sospeso o ridotto la attività in conseguenza della emergenza epidemiologica da Covid – 19 (art. 44);
- la proroga del termine per la presentazione della domanda di disoccupazione agricola (art. 32);
- la proroga del termine per la presentazione della domanda di disoccupazione c. d. Naspi e c. d. Dis – Coll per la cessazione involontaria della attività lavorativa nell’anno 2020 (art. 33);
- la proroga del termine per la presentazione della domanda di incentivo alla c. d. autoimprenditorialità (art. 33);
- il diritto dei lavoratori disabili gravi (la cui minorazione, singola o plurima, abbia ridotto la autonomia personale, correlata alla età, in modo tale da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera globale o nella sfera di relazione, ai sensi dell’art. 3, terzo comma, della legge n. 104 del 1992) e dei lavoratori con una persona disabile grave nel nucleo familiare di svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile (qualora ciò sia compatibile con le caratteristiche della prestazione) e il conseguente riconoscimento della priorità nell’accoglimento delle istanze (art. 39);
- la estensione al sesto grado del grado di parentela e di affinità stabilito quale limite entro il quale le prestazioni di lavoro agricolo svolte da parenti o da affini in modo occasionale o in modo ricorrente di breve periodo a titolo di aiuto, mutuo aiuto o obbligazione orale senza la corresponsione di compensi non integrano un rapporto di lavoro, né autonomo, né subordinato (art. 105);
- la preclusione, sino al giorno 15 maggio 2020, dell’avvio delle procedure di dichiarazione di mobilità e delle procedure di riduzione del personale previste dagli artt. 4, 5 e 24 della legge n. 223 del 1991 (art. 46);
- la preclusione, sino al giorno 15 maggio 2020, della prosecuzione delle procedure di dichiarazione di mobilità e delle procedure di riduzione del personale previste dagli artt. 4, 5 e 24 della legge n. 223 del 1991 pendenti e avviate dopo il giorno 23 febbraio 2020 (art. 46). Le procedure collettive sono sospese a prescindere dalle motivazioni addotte nella lettera indirizzata alle associazioni sindacali e, quindi, a prescindere da ogni valutazione sulla connessione o meno delle procedure medesime con la emergenza epidemiologica da Covid – 19. Al contrario di quanto indicato nella rubrica dell’art. 46 del decreto legge n. 18 del 2020, ai sensi della predetta disposizione non sono sospese le “procedure di impugnazione dei licenziamenti”. Il decreto legge n. 18 del 2020 non contiene una esplicita disposizione di sospensione delle “procedure di impugnazione” stragiudiziale e giudiziale dei licenziamenti;
- il divieto, sino al giorno 15 maggio 2020, in capo a tutti i datori di lavoro, a prescindere dal numero di dipendenti occupati, di procedere a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della legge n. 604 del 1966 (art. 46). Quindi, quale passaggio obbligato dopo la chiusura delle attività e in linea con il filo conduttore del decreto legge n. 18 del 2020, consistente nella salvaguardia dei posti di lavoro, il Governo ha previsto il “blocco” dei licenziamenti cc. dd. economici, sia collettivi, sia individuali;
- la non configurabilità di una giusta causa di recesso nella assenza dal posto di lavoro del lavoratore genitore convivente di una persona disabile, assenza dal lavoro che deve comunque essere comunicata al datore di lavoro in via preventiva e che deve essere motivata dalla necessità di accudimento in conseguenza della sospensione delle attività dei centri semi – residenziali;
- il riconoscimento di un premio (che non concorre alla formazione del reddito) di ammontare complessivo pari a €. 100,00 per il mese di marzo 2020 ai percettori di reddito di lavoro dipendente complessivo nell’anno 2019 non superiore a €. 40.000,00 che abbiano prestato attività nella sede di lavoro nel mese di marzo 2020 (art. 63). L’ammontare del premio deve essere rapportato al numero di giorni di lavoro in effetti svolti nella sede di lavoro nel mese di marzo 2020. Inoltre, il premio deve essere corrisposto (dal datore di lavoro) con la retribuzione del mese di aprile 2020 o, comunque, entro il termine di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno (art. 63 del decreto legge n. 18 del 2020). Il datore di lavoro recupererà quanto erogato a titolo di premio mediante l’istituto della compensazione.
Con riferimento al divieto di licenziamento previsto dall’art. 46 del decreto legge in esame, pare che ne siano esclusi:
- i licenziamenti per giusta causa, anche in considerazione del fatto che i termini di decadenza prescritti per i procedimenti disciplinari non paiono sospesi, nonché in considerazione del fatto che è possibile esperire la eventuale audizione del lavoratore in via telematica;
- i licenziamenti per giustificato motivo soggettivo;
- i licenziamenti per superamento del periodo di comporto (anche se sarebbe più prudente non procedervi);
- i licenziamenti dei dirigenti per “giustificatezza” (anche se non è possibile escludere una applicazione estensiva dell’art. 46 del decreto legge n. 18 del 2020 da parte della giurisprudenza, trattandosi pure sempre di un licenziamento per ragioni oggettive);
- i licenziamenti per raggiungimento del limite di età per la fruizione della pensione di vecchiaia;
- i licenziamenti per raggiungimento dei requisiti di fruizione della pensione anticipata;
-i licenziamenti dei lavoratori domestici, poiché si tratta di un recesso ad nutum;
- la risoluzione dei rapporti di apprendistato al termine del periodo di formazione;
- i licenziamenti per mancato superamento della prova;
- ci si chiede se sia sospesa anche la facoltà di esercitare il recesso in caso di una procedura di licenziamento collettivo conclusa con accordo prima del giorno 17 marzo 2020. In considerazione del fatto che la procedura è conclusa e che i licenziamenti vietati sono quelli disciplinati dall’art. 3 della legge n. 604 del 1966, parte della dottrina afferma possibile procedere all’esercizio della facoltà di recesso (ama anche in questo caso occorre cautela).
- Altre misure volte a fronteggiare le conseguenze della emergenza epidemiologica da Covid – 19.
Tramite il decreto legge n. 18 del 2020, il Governo ha anche previsto:
- la sospensione di diritto, dal giorno 23 febbraio 2020 al giorno 1° giugno 2020, del decorso dei termini di decadenza relativi alle prestazioni previdenziali e assistenziali erogate dall’Inps (art. 34);
- la sospensione di diritto, dal giorno 23 febbraio 2020 al giorno 1° giugno 2020, del decorso dei termini di decadenza relativi alle prestazioni assicurative erogate dall’Inail (art. 34);
- la sospensione di diritto, dal giorno 23 febbraio 2020 al giorno 1° giugno 2020, del decorso dei termini di decadenza relativi alle richieste di prestazioni erogate dall’Inail (art. 42);
- la sospensione di diritto, dal giorno 23 febbraio 2020 al giorno 1° giugno 2020, del decorso dei termini di scadenza relativi alla revisione della rendita Inail su domanda del titolare (art. 42);
- la sospensione, sino al giorno 1° giugno 2020, dei termini per il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali obbligatori in scadenza nel periodo 23 febbraio 2020 – 31 maggio 2020 dovuti dai datori di lavoro domestico (art. 37);
- la sospensione, nel periodo 23 febbraio 2020 – 30 giugno 2020, dei termini di prescrizione dei contributi previdenziali e assistenziali obbligatori (art. 37);
- la sospensione, sino al giorno 17 maggio 2020, degli obblighi connessi alla fruizione del reddito di cittadinanza, delle misure di condizionalità previste per i percettori delle indennità di disoccupazione (c. d. Naspi e c. d. Dis – Coll) e degli obblighi gravanti sui beneficiari di trattamenti di integrazione salariale (art. 40);
- la sospensione, sino al giorno 17 maggio 2020, delle procedure di avviamento a selezione e delle convocazioni da parte dei centri per l’impiego per la partecipazione a iniziative di orientamento al lavoro (art. 40);
- la non computabilità dell’infortunio sul lavoro consistente nella contrazione del virus Covid – 19 in occasione di lavoro ai fini della determinazione della oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico, oscillazione relativa al pagamento dei premi assicurativi (art. 42);
- la sospensione delle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso degli uffici degli enti impostori (sospensione accompagnata, tuttavia, dalla proroga di due anni dei termini di prescrizione e di decadenza, con la conseguenza del fatto che gli enti impositori potranno agire sino al giorno 31 dicembre 2022) (art. 67);
- la sospensione, dal giorno 23 febbraio 2020 al giorno 15 aprile 2020, dei termini relativi allo svolgimento dei procedimenti amministrativi, con alcune tassative esclusioni (art. 103);
- il rinvio di ufficio, a data successiva al giorno 15 aprile 2020, delle udienze civili e penali pendenti presso ogni ufficio giudiziario, con alcune tassative eccezioni (che, per lo più, non riguardano il diritto del lavoro) (art. 83);
- la sospensione, dal giorno 9 marzo 2020 al giorno 15 aprile 2020, del decorso dei termini per il compimento di ogni atto del procedimento (e non meramente del processo), compresi gli atti introduttivi del giudizio (tra cui quello di 180 giorni previsto dall’art. 6 della legge n. 604 del 1966) (art. 83);
- la sospensione, dal giorno 9 marzo 2020 al giorno 15 aprile 2020, dei termini per lo svolgimento di ogni atto in tutti i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie promossi entro il giorno 9 marzo 2020 e che costituiscono condizione di procedibilità della domanda giudiziale, nonché la sospensione, nello stesso periodo, della durata massima dei procedimenti medesimi (art. 83).
- Alcune considerazioni finali.
Molte disposizioni del decreto legge n. 18 del 2020 sono di interpretazione incerta, sia in ragione del loro tenore letterale, sia in ragione delle loro conseguenze sistematiche e applicative. Si richiama il commento del Prof. Sabino Cassese apparso sul quotidiano Il Corriere della sera in data 23 marzo 2020 (“Corona virus, il dovere di essere chiari”).
A titolo di esempio, con riferimento al tenore letterale, si consideri la totale incongruenza tra la rubrica dell’art. 46 del decreto legge n. 18 del 2020 (che fa riferimento alle procedure di impugnazione dei licenziamenti) e il contenuto della disposizione (che non disciplina, in alcun modo, la impugnazione dei licenziamenti). Sempre con riferimento al tenore letterale, si consideri la disposizione dell’art. 39 del decreto legge n. 18 del 2020, che introduce il diritto dei lavoratori disabili gravi a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile, ma poi condiziona l’esercizio del medesimo diritto alla compatibilità della modalità di lavoro agile con le caratteristiche della prestazione. Ci si domanda chi sia il soggetto deputato ad accettare la compatibilità o meno dello svolgimento della prestazione in modalità agile con le caratteristiche della prestazione medesima.
Invece, con riferimento alle conseguenze sistematiche e applicative, si consideri la disposizione dell’art. 47 del decreto legge n. 18 del 2020, che esclude la configurabilità di una giusta causa di recesso nella assenza dal lavoro del genitore che deve accudire la persona disabile convivente in ragione della sospensione della attività dei centri semi – residenziali. Tale disposizione non prende in considerazione né le mansioni svolte dal lavoratore assente (che possono essere strategiche per la attività datoriale), né la durata della assenza.
Ancora, con riferimento alle conseguenze sistematiche e applicative, si consideri la previsione dell’art. 87, terzo comma, del decreto legge n. 18 del 2020, secondo la quale, nel corso del periodo di esenzione dal servizio, la pubblica amministrazione non deve corrispondere al lavoratore la indennità sostitutiva del servizio di mensa. Ci si chiede se la predetta indennità debba essere corrisposta ai lavoratori che svolgono la prestazione di lavoro in modalità agile.
Con riguardo alla possibilità di domandare l’accesso al trattamento di integrazione salariale ordinario e all’assegno ordinario con causale “emergenza Covid – 19”, la procedura semplificata non dispensa il datore di lavoro dalla comunicazione preventiva alle associazioni sindacali. Inoltre, non è prevista alcuna efficacia retroattiva della comunicazione effettuata in via successiva.
Sempre con riguardo alla possibilità di accedere al trattamento di integrazione salariale ordinario e all’assegno ordinario con causale “emergenza Covid – 19”, l’accesso stesso non pare condizionato dalla eventuale fruizione delle ferie pregresse. Questa considerazione è in linea con quanto sostenuto dall’Inps tramite il messaggio n. 3777 del 2019 in materia di cassa integrazione guadagni ordinaria. In ogni caso, il datore di lavoro che intenda posticipare la domanda di accesso agli ammortizzatori sociali alla fruizione delle ferie da parte dei lavoratori deve comunque salvaguardare il diritto (costituzionalmente previsto) di questi ultimi di godere (la prossima estate) di un periodo di ferie che permetta loro di recuperare le energie e di dedicarsi ai rapporti familiari e alle relazioni sociali.
Con riferimento agli ammortizzatori sociali degli artt. 19, 20 e 21 del decreto legge n. 18 del 2020, il “periodo non superiore a nove settimane” non pare sufficiente a sostenere le difficoltà conseguenti alla emergenza epidemiologica in atto, soprattutto in considerazione del fatto che questa ultima non accenna a rallentare. È auspicabile il fatto che, a breve, il Governo emani un nuovo decreto legge che aumenti la durata di fruizione dei predetti ammortizzatori sociali.
Con riferimento alla esclusione dei datori di lavoro domestico dalla fruizione del trattamento di integrazione salariale in deroga, le proteste delle associazioni dei datori di lavoro domestico potrebbero portare a una modificazione in sede di legge di conversione.
Con riguardo al congedo speciale introdotto dall’art. 23 del decreto legge n. 18 del 2020, la retribuzione riconosciuta è bassa, con conseguente possibile effetto negativo sulla economia familiare del lavoratore, il quale potrebbe scegliere di non fruire del citato congedo.
Con riferimento alla aspettativa prevista dall’art. 23, sesto comma, del decreto legge n. 18 del 2020, si tratta di misura discutibile con riguardo alla necessità di accudire figli già … grandicelli.
Sempre con riferimento al diritto di astenersi dal lavoro previsto dall’art. 23, sesto comma, del decreto legge n. 18 del 2020, è dubbia la portata del divieto di licenziamento ivi previsto. Al riguardo, è ragionevole pensare che siano esclusi dal predetto divieto il licenziamento per giusta causa e il licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
Con riguardo alla possibilità di fruire di un bonus per l’acquisto di servizi di baby – sitting, ci si domanda se tale misura non contrasti con il principio guida di tutti i decreti sino a ora adottati (di evitare la mobilità delle persone e di evitare la diffusione del virus Covid – 19). In altre parole, ci si chiede come un genitore possa essere certo del fatto che la baby – sitter alla quale affiderà i suoi figli sia… negativa al virus Covid – 19 (e … viceversa).
Con riferimento al divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo introdotto dall’art. 46, il licenziamento intimato in violazione del predetto divieto è nullo. Di conseguenza, sarebbe prudente revocare i licenziamenti intimati, revoca che si ritiene possibile effettuare poiché si tratta di una illegittimità sopravvenuta alla quale non si applica la disciplina generale. Inoltre, ci si chiede se l’art. 46 del decreto legge n. 18 del 2020 non pecchi di illegittimità costituzionale, in considerazione del fatto che esso introduce una forte limitazione alla libertà imprenditoriale, senza alcun criterio di ragionevolezza e così colpendo, in modo indiscriminato, situazioni diverse tra di loro dal punto di vista strutturale, senza poi tenere conto del fatto che il datore di lavoro è costretto a sostenere i costi del personale nonostante i ricavi ridotti e nonostante il divieto di svolgere la attività. In ogni caso, per trovare un precedente simile occorre risalire al decreto legislativo luogotenenziale n. 523 del 1945, con la osservazione per cui la situazione in essere non è molto diversa da una condizione di … guerra.
Grandi esclusi dalle misure sino a oggi previste sono i liberi professionisti, le cui esigenze di tutela dovranno essere prese in carico (nei limiti della legge e dei rispettivi regolamenti) dalle casse di previdenza e di assistenza.
(Ultimo aggiornamento, lunedì 23 marzo 2020)