argomento: Giurisprudenza - Corte di Cassazione
Dopo l’entrata in vigore della legge n. 183 del 2010, con la conseguente modificazione dell’art. 6 della legge n. 604 del 1966, all’impugnazione dei licenziamenti collettivi (sulla scorta dell’art. 1, terzo comma, della legge n. 223 del 1991, nel testo originario, prima delle trasformazioni apportate dall’art. 1, comma quarantaseiesimo, della legge n. 92 del 2012) si applicano i principi dell’art. 6 della legge n. 604 del 1966, appunto nel testo dovuto all’intervento della legge n. 183 del 2010. Pertanto, oltre a impugnare con atto stragiudiziale nei sessanta giorni successivi alla comunicazione del licenziamento, il lavoratore aveva l’onere di depositare il ricorso introduttivo al giudizio di merito nei successivi sei mesi.
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Il caso è singolare e la decisione è innovativa e ragionevole. Poiché l’art. 5, terzo comma, della legge n. 223 del 1991 aveva un impianto identico a quello dell’art. 6 della legge n. 604 del 1966, anche prima della legge n. 92 del 2012, era ragionevole riferire all’impugnazione dei licenziamenti collettivi la disciplina dell’art. 6 della legge n. 604 del 1966 nel testo modificato dalla legge n. 183 del 2010. In difetto, si sarebbe creato un irragionevole squilibrio fra la regolazione dell’impugnazione dei licenziamenti collettivi e quella dell’impugnazione dei licenziamenti individuali.