argomento: Giurisprudenza - Corte di Cassazione
L’annullamento del licenziamento collettivo per violazione dei criteri di scelta ai sensi dell’art. 5 della legge n. 223 del 1991, nella formulazione vigente in seguito alle modificazioni apportate dalla legge n. 92 del 2012, non può essere domandato in modo indistinto da ciascuno dei lavoratori licenziati, ma soltanto da coloro che, tra loro, abbiano in concreto subito un pregiudizio per effetto della violazione, perché avente rilievo determinante rispetto al licenziamento.
» visualizza: il documento (Cass. 22 luglio 2019, n. 19660)Articoli Correlati: licenziamento collettivo - criteri di scelta
La sentenza è corretta (v. Cass. 1 dicembre 2016, n. 24558). Chi non ha subìto un danno effettivo dalla violazione dei criteri di scelta non può fare valere il vizio del licenziamento collettivo, nonostante l’esistenza del vizio, qualora, se anche non fosse stato commesso, il lavoratore sarebbe stato licenziato lo stesso. Se mai, ma è mero profilo terminologico, la decisione rifiuta il termine “prova della resistenza” per descrivere la fattispecie e, se tale locuzione si riferisce per lo più ad altri istituti, è comunque sintetica e illustra la questione in modo evocativo. Peraltro, poco importano i nomi, quando il risultato interpretativo sia chiaro e condivisibile come nel caso di specie.