argomento: Novitá legislative
Direttiva (UE) 2019 / 1152 del Parlamento europeo e del Consiglio della Unione europea del giorno 20 giugno 2019.
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di Avv. Valentina Zaccarelli
Il giorno 31 luglio 2019 è entrata in vigore la direttiva (Ue) 2019 / 1152 del Parlamento europeo e del Consiglio della Unione europea del giorno 20 giugno 2019, direttiva relativa a “condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nella Unione europea”. Nello specifico, la predetta direttiva intende “migliorare le condizioni di lavoro promuovendo una occupazione più trasparente e prevedibile e garantendo nel contempo la adattabilità del mercato del lavoro”. In altre parole, l’obiettivo è quello di garantire a tutti i lavoratori della Unione europea di fruire di un livello adeguato di trasparenza e di prevedibilità delle condizioni di lavoro. Ciò mantenendo una “ragionevole flessibilità del lavoro non standard” (considerando n. 6). A tale fine, sono introdotte alcune prescrizioni minime e, in particolare, sono definiti nuovi diritti dei prestatori di lavoro.
I nuovi diritti dei prestatori di lavoro introdotti dalla direttiva (Ue) 2019 / 1152 riguardano diversi aspetti del rapporto di lavoro, primo tra tutti quello della informazione sulle condizioni di lavoro (capo primo, art. 3, e capo secondo). In particolare, i prestatori di lavoro hanno diritto a essere informati dal datore di lavoro sulla identità delle parti del rapporto di lavoro, comprese le parti utilizzatrici (in caso di assunzione da parte di una agenzia interinale), sul luogo di lavoro, sull’inquadramento contrattuale attribuito, sulla data di inizio del rapporto di lavoro, sulla data di fine o sulla durata (in caso di contratto di lavoro a tempo determinato), sulla durata e sulle condizioni del periodo di prova, sul diritto alla formazione erogata dal datore di lavoro, sulla durata del congedo retribuito o sulle sue modalità di attribuzione e di determinazione, sulla procedura da seguire in caso di risoluzione del rapporto di lavoro e, in ogni caso, sulla durata del periodo di preavviso e sulle modalità di determinazione dello stesso, sulla retribuzione, nonché sulla periodicità e sulle modalità di erogazione, sulla durata della giornata o della settimana lavorativa, sulle eventuali condizioni relative alle prestazioni di lavoro straordinario, sulle eventuali condizioni relative ai cambi di turno, sui contratti collettivi di lavoro applicati, sulla identità delle istituzioni di sicurezza sociale che ricevono i contributi sociali e su ogni forma di protezione in materia di sicurezza sociale (art. 4, lettere a – e e lettere n – o). Inoltre, i prestatori di lavoro impiegati in una organizzazione del lavoro per intero o in gran parte imprevedibile hanno diritto a essere informati sulla variabilità della programmazione del lavoro, sull’ammontare delle ore retribuite garantite, sulla retribuzione corrisposta per il lavoro prestato oltre le ore retribuite garantite, sulle ore e sui giorni di riferimento in cui può essere imposta la esecuzione della prestazione lavorativa, sul periodo minimo di preavviso e sul termine per l’annullamento (art. 4, lett. m).
Le predette informazioni devono essere date per iscritto (anche a mezzo di posta elettronica, considerando n. 24) entro una settimana di calendario dal primo giorno di lavoro (per le informazioni di cui alle lettere a – e, lett. g, lettere k – m) ovvero entro un mese dal primo giorno di lavoro (per le informazioni di cui alle lett. f, lettere h – j, lettere n – o) (art. 5). Invece, le eventuali modificazioni del rapporto di lavoro devono essere comunicate al prestatore di lavoro entro il primo giorno di decorrenza degli effetti della modificazione (art. 6).
Gli Stati membri possono predisporre modelli e formati per il rilascio delle informazioni (art. 5, secondo paragrafo). A tale fine, gli Stati membri possono essere coadiuvati dalla Autorità europea del lavoro (istituita dal regolamento (Ue) 2019 /1149 del Parlamento europeo e del Consiglio della Unione europea del giorno 20 giugno 2019).
La direttiva (Ue) 2019 / 1152 introduce anche alcune prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro (capo terzo) in materia di periodo di prova (art. 8), di incompatibilità (art. 9), di prevedibilità del lavoro (art. 10) e di formazione (art. 13).
Nello specifico, il periodo di prova non può avere una durata superiore a sei mesi. Di conseguenza, nei rapporti di lavoro a tempo determinato la durata del periodo di prova deve essere proporzionata alla durata del contratto individuale di lavoro e alla natura della prestazione dedotta nello stesso contratto. Tuttavia, gli Stati membri possono prevedere una durata superiore qualora ciò sia giustificato dalla natura dell’impiego o nel caso in cui ciò sia nell’interesse del lavoratore. Inoltre, il periodo di prova deve essere prorogato in misura corrispondente alla durata della assenza del lavoratore in prova. In ogni caso, il periodo di prova è escluso in ipotesi di rinnovo di un contratto individuale di lavoro avente a oggetto la stessa funzione e gli stessi compiti (art. 8).
Il divieto di accettare altri impieghi da svolgere al di fuori dell’orario di lavoro deve essere fondato su motivi oggettivi, quali la protezione della salute e della sicurezza, la protezione della riservatezza degli affari, la integrità del servizio pubblico e la prevenzione dei conflittiti di interesse (art. 9 e considerando n. 29).
Nel caso in cui la organizzazione del lavoro sia per intero e in grande parte imprevedibile, la prestazione lavorativa deve essere svolta entro ore e giorni di riferimento predeterminati e il lavoratore deve essere informato con un preavviso ragionevole. Inoltre, il prestatore di lavoro può rifiutare un incarico di lavoro senza subire conseguente negative. Infine, il prestatore di lavoro ha diritto a percepire una compensazione in caso di annullamento dell’incarico di lavoro in precedenza concordato.
Il prestatore di lavoro che abbia lavorato almeno sei mesi presso lo stesso datore di lavoro (e che abbia superato l’eventuale periodo di prova), può chiedere una forma di lavoro con condizioni di lavoro più prevedibili e sicure. Il datore di lavoro deve rispondere alla richiesta per iscritto e con motivazione entro un mese dalla richiesta (art. 12).
La formazione obbligatoria erogata dal datore di lavoro deve essere gratuita, deve essere considerata come orario di lavoro e deve essere svolta durante l’orario di lavoro (art. 13).
La contrattazione collettiva può prevedere disposizioni differenti rispetto a quelle del capo secondo della direttiva (Ue) 2019 / 1152 (art. 14).
Secondo la direttiva (Ue) 2019 / 1152, il prestatore di lavoro deve beneficiare di presunzioni confutabili (capo quarto, art.15), quali la presunzione del tempo indeterminato del rapporto di lavoro, la presunzione della mancanza del periodo di prova e la presunzione del tempo pieno del rapporto di lavoro (considerando n. 39).
Inoltre, tutti i prestatori di lavoro (compresi quelli il cui rapporto di lavoro è cessato) hanno il “diritto di ricorso” e il diritto di accedere a un meccanismo di risoluzione delle controversie individuali di lavoro efficace e imparziale (art.16), meccanismo in cui l’onere della prova è in capo al datore di lavoro (considerando n. 44).
Altresì, tutti i prestatori di lavoro (compresi quelli che rappresentano altri lavoratori) devono essere protetti da ogni trattamento sfavorevole da parte del datore di lavoro, nonché da ogni conseguenza negativa derivante da un reclamo o da un procedimento promosso dallo stesso datore di lavoro (art. 17).
Per ciò che concerne il licenziamento, la direttiva (Ue) 2019 / 1152 prevede il diritto del prestatore di lavoro licenziato che abbia esercitato i diritti previsti dalla direttiva stessa di chiedere al datore di lavoro di fornire, per iscritto, la motivazione del licenziamento.
Gli Stati membri devono stabilire le sanzioni (effettive, proporzionate e dissuasive, considerando n. 45) applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della direttiva (Ue) 2019 / 1152 (art. 19).
Infine, con riferimento al contratto a chiamata, al fine di prevenire pratiche abusive, gli Stati membri devono prevedere limitazioni al loro utilizzo e alla loro durata. Inoltre, gli Stati membri devono prevedere una presunzione confutabile della esistenza di un contratto individuale di lavoro con un ammontare minimo di ore retribuite sulla base della media delle ore lavorate in un determinato periodo di tempo (art. 11).
Qualora uno Stato membro abbia già introdotto tutele superiori alle tutele minime previste dalla direttiva (Ue) 2019 / 1152, lo stesso Stato membro non può ridurre il livello generale di protezione dei lavoratori. Allo stesso modo, le parti sociali di uno Stato membro possono mantenere, negoziare, stipulare e applicare contratti collettivi di lavoro che differiscono da alcune delle disposizioni della direttiva (Ue) 2019 /1152, a condizione del fatto che il livello generale di protezione dei lavoratori non diminuisca (considerando n. 38).
La attuazione della direttiva (Ue) 2019 / 1152 può essere demandata alle parti sociali qualora esse ne facciano richiesta congiunta (art. 21).
La direttiva (Ue) 2019 / 1152 si applica a tutti i lavoratori “che operano nell’Unione europea in ragione di un contratto di lavoro o di un rapporto di lavoro definiti tali dal diritto, dalla contrattazione collettiva o dalla prassi in vigore nello Stato membro” (capo primo, art. 1, secondo paragrafo). Inoltre, la direttiva (Ue) 2019 / 1152 si applica ai lavoratori che non hanno una “quantità garantita di lavoro”, compresi i lavoratori assunti con contratti a zero ore e con alcuni tipi di contratti a chiamata (considerando n. 12).
Sono esclusi i lavoratori che svolgono la loro prestazione per un tempo predeterminato ed effettivo di durata pari o inferiore a una media di tre ore a settimana in un periodo di riferimento di quattro settimane complessive, fatta salva la ipotesi in cui il contratto individuale di lavoro ometta di specificare una quantità garantita di lavoro retribuito (art. 1, terzo paragrafo). Inoltre, possono essere esclusi i funzionari pubblici, le forze armate, le autorità di polizia, i magistrati, i pubblici ministeri e gli investigatori, in ragione della specifica dei compiti che questi soggetti svolgono (considerando n. 9). Altresì, possono essere escluse le persone fisiche che agiscono in qualità di datori di lavoro nei nuclei familiari. Infine, sono esclusi i lavoratori marittimi e i pescatori (art. 1, ottavo paragrafo), in ragione delle loro specifiche condizioni di lavoro (considerando n. 10). In ogni caso, sono esclusi i lavoratori autonomi, fatta salva la ipotesi in cui, al fine di evitare alcuni obblighi giuridici e fiscali, il lavoratore sia formalmente dichiarato lavoratore autonomo, ma il suo rapporto di lavoro soddisfi tutti i criteri che caratterizzano un rapporto di lavoro (considerando n. 8).