argomento: Editoriale
Qualora l’atto di avvio della procedura di mobilità identifichi le aree nelle quali vi siano dipendenti in numero eccessivo, l’accordo sindacale non deve essere coerente con tali indicazioni e non può fare ricorso al criterio della prossimità al godimento del trattamento pensionistico per prestatori di opere diversi da quelli ai quali faceva riferimento l’atto di avvio della procedura (massima redazionale).
» visualizza: il documento (Cass. 6 ottobre 2018, n. 24755)Articoli Correlati: licenziamento collettivo
La sentenza cassa quella App. Firenze 6 settembre 2016. A differenza della decisione di merito, quella di legittimità non persuade. L’ultima sentenza non recepisce il punto di vista della dottrina minoritaria (se si consente lo scherzo, minoritaria in assoluto, ma non in questo Sito), secondo cui l’accordo sindacale non può concorrere a definire l’ambito di comparazione (v. Carabelli; Gragnoli). Infatti, prima del ricorso ai canoni di selezione, il datore di lavoro deve designare quali dipendenti possano essere in potenza coinvolti. In difetto, la selezione non avrebbe significato e non porterebbe ad alcun risultato utile, anzi sarebbe in radice impossibile. I motivi del recesso rilevano per stabilire quali prestatori di opere possano essere licenziati e, per converso, quali debbano in ogni caso rimanere in azienda. Superato tale primo stadio, il parametro delle esigenze tecniche e produttive non è prioritario, poiché tutti i criteri devono essere considerati in concorso, ma l’idoneità professionale del dipendente non deve essere esaminata solo in relazione allo scopo del recesso. Infatti, possono avere risalto indici più articolati delle competenze tecniche del singolo, proprio perché l’ambito di comparazione è già stato definito.
Questa delimitazione "non è nella «disponibilità» né del datore di lavoro né della stessa autonomia collettiva" (v. Carabelli, I licenziamenti per riduzione di personale in Italia, in Aa. Vv.,I licenziamenti per riduzione di personale in Europa, a cura di Veneziani – Carabelli, Bari 2001, 212 ss.). Infatti, un paragone presuppone sempre l'identificazione del contesto, con il duplice riferimento alle mansioni e a questioni logistiche, se si vuole geografiche. Occorre una relativa omogeneità delle situazioni oggetto dell'indagine, a presidio della sua coerenza. In difetto, l'applicazione dei criteri perderebbe di significato. Spesso, le controversie riguardano questo primo stadio logico; talora, è difficile stabilire le persone con compiti fungibili e ciò permette a un datore di lavoro poco scrupoloso di giungere a distorsioni, non sempre intelligibili dal giudice.
L'art. 5 sottolinea la centralità di questo passaggio nell'argomentazione dell'impresa, costretta a spiegare le sue opzioni, con il relativo onere della prova. Non vi è spazio per interventi convenzionali, perché l'ambito della comparazione è definito dalle esigenze organizzative. Non è esclusa una specificazione contrattuale, ma essa non attenua la responsabilità dell'impresa, per le possibili contestazioni dei singoli. Inoltre, è preferibile un approccio estensivo per definire le mansioni fungibili. Sulla Rivista, nel primo fascicolo del 2018, v. Gaetano Natullo, I licenziamenti collettivi nel nuovo contesto normativo; Roberta Nunin, Le procedure e l’accordo sindacale; Giulio Centamore, I criteri di scelta tra incertezze passate, presenti e future.