argomento: Editoriale - Giurisprudenza Amministrativa
L’Atto d’Indirizzo del Miur e il Piano Nazionale Anticorruzione hanno portata precettiva e, conseguentemente, è illegittima la procedura di un concorso universitario che si svolge violandone le “raccomandazioni”.
» visualizza: il documento (Tar Abruzzo, 21 giugno 2019, n. 87, ord. )Articoli Correlati: concorso universitario - piano nazionale anticorruzione
di Prof. Saverio F. Regastro
L’ordinanza cautelare del TAR Abruzzo (sede di Pescara) n. 87 del 2019 che, per l’ennesima volta, riguarda i procedimenti relativi ai concorsi universitari, oggetto ormai di impugnative costanti di fronte al giudice amministrativo, quando non di vere e proprie denunce-querele (che talvolta hanno dato luogo a condanne esemplari delle Commissioni giudicatrici), si segnala per essere il primo provvedimento giurisdizionale che, a un anno dalla sua “emanazione” e diversamente da alcune interpretazioni dottrinali piuttosto “tolleranti”, rendono precettive le disposizioni del Piano Nazionale Anticorruzione (nella parte di aggiornamento che si riferisce all’Università), nonché alle disposizioni contenute nell’Atto d’Indirizzo (emanato ai sensi della Legge 400/1988) del Miur avente il medesimo contenuto.
Il Giudice amministrativo, dunque, ritiene che i contenuti dell’Atto d’Indirizzo, ancorché denominate (in ossequio al principio di autonomia che connota gli Atenei) “raccomandazioni” abbiano portata precettiva e, conseguentemente, alla loro violazione, come accaduto nell’Ateneo resistente, consegua l’illegittimità della procedura. Si tratta di un provvedimento molto coraggioso che è destinato ad avere importanti conseguenze per tutti i futuri concorsi universitari ma, auspicabilmente, anche per quelli in itinere.
Il Piano Nazionale e l’Atto d’indirizzo, infatti, raccomandavano alle Università di modificare i propri regolamenti interni sui concorsi prevedendo che la composizione delle Commissioni giudicatrici avvenisse con criteri più oggettivi e coinvolgendo, in maggioranza, componenti esterni all’Ateneo. A tale raccomandazione (che più correttamente dovrebbe esser definiti prescrizione) non si è adeguata l’Università degli Studi G. D’Annunzio di Chieti, che nel concorso oggetto di contenzioso ha inteso applicare le disposizioni non aggiornate dei propri regolamenti (provvedendo, più in particolare, a nominare ben due componenti interni al Dipartimento su tre).
Sulla composizione della Commissione, sia l’Anac, sia il Miur avevano raccomandato (e, in verità continuano a raccomandare), con scarsi o quasi inesistenti esiti, di procedere nel senso indicato; d’altro canto la quasi totalità degli Atenei continuano a ritenere l’Atto d’Indirizzo e il Piano Nazionale Anticorruzione un mero documento amministrativo di difficile collocazione nella gerarchia delle fonti e, conseguentemente, ampiamente derogabile e, soprattutto, non avente contenuti obbligatori. L’ordinanza del TAR che, ovviamente, non ha il carattere della definitività, sembra andare proprio in direzione opposta.