argomento: Giurisprudenza - Corte di Merito
I dipendenti dell’appaltatore possono agire nei confronti del committente ai sensi dell’art. 1676 cod. civ. anche dopo il fallimento del primo e senza che sia un ostacolo tale procedura concorsuale
» visualizza: il documento (App. Venezia 25 gennaio 2019. )Articoli Correlati: appalto - fallimento
Vi sono precedenti; infatti, “in materia di appalto, l'apertura del procedimento fallimentare nei confronti dell'appaltatore non comporta l'improcedibilità dell'azione precedentemente esperita dai dipendenti nei confronti del committente, ai sensi dell'art. 1676 cod. civ., per il recupero dei loro crediti verso l'appaltatore - datore di lavoro, atteso che la previsione normativa di una tale azione risponde proprio all'esigenza di sottrarre il soddisfacimento dei crediti retributivi al rischio dell'insolvenza del debitore e che è una azione ‘diretta’, incidente, in quanto tale, sul patrimonio di un terzo (il committente) e solo in via indiretta su un credito del debitore fallito, così che si deve escludere che il conseguimento di una somma, che non fa parte del patrimonio del fallito, possa comportare un nocumento delle ragioni degli altri dipendenti dell'appaltatore, che fanno affidamento sulle somme dovute (ma non ancora corrisposte) dal committente per l'esecuzione dell'opera appaltata; né tale situazione suscita sospetti di incostituzionalità, con riferimento all'art. 3 della Costituzione (letto in corrispondenza del principio della ‘par condicio creditorum’), poiché non è irrazionale una norma che accordi uno specifico beneficio a determinati lavoratori, anche rispetto ad altri, in relazione all'attività lavorativa dai medesimi espletata e dalla quale un altro soggetto (il committente) ha ricavato un particolare vantaggio” (v. Cass. 9 agosto 2004, n. 15359).