Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

05/09/2022 - I nuovi contenuti del contratto individuale di lavoro. La attuazione della direttiva della Unione europea n. 2019 / 1152 in materia di condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili.

argomento: Novitá legislative - Note di Commento

Con il decreto legislativo 27 giugno 2022, n. 104 (c. d. decreto trasparenza), l’Italia ha attuato le prescrizioni della direttiva n. 2019 / 1152 del Parlamento europeo e del Consiglio in data 20 giugno 2019, “relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nella Unione europea”.

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di avv. Valentina Zaccarelli

  1. La direttiva n. 2019 / 1152.

 

La direttiva n. 91 / 533 / CEE riconosce il diritto della maggiore parte dei lavoratori della Unione europea di ricevere informazioni scritte sulle proprie condizioni di lavoro e, per l’effetto, aveva predisposto un elenco degli elementi essenziali del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro in merito ai quali i lavoratori dovevano essere informati per iscritto. Tuttavia, la direttiva n. 91 / 533 / CEE non si applica a tutti i lavoratori della Unione europea.

Inoltre, dalla adozione della direttiva n. 91 / 533 / CEE, i mercati del lavoro hanno subito profondi cambiamenti a causa degli sviluppi demografici e della digitalizzazione e sono apparse nuove forme di lavoro che hanno favorito la innovazione, la creazione di posti di lavoro e la crescita del mercato del lavoro. Tuttavia, alcune di queste nuove forme di lavoro si differenziano notevolmente dai rapporti di lavoro tradizionali in termini di prevedibilità, così creando incertezza in merito alla protezione sociale e ai diritti applicabili ai lavoratori interessati.

Di conseguenza, è aumentata la esigenza che i lavoratori siano pienamente e tempestivamente informati per iscritto, in un formato per loro facilmente accessibile, in merito alle condizioni essenziali del loro lavoro.

Pertanto, è stato ritenuto opportuno stabilire a livello europeo alcune prescrizioni minime relative, da un lato, alle informazioni sugli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, dall’altro, alle condizioni di lavoro applicabili a ciascun lavoratore, al fine di garantire che tutti i lavoratori della Unione europea fruiscano di un livello adeguato di trasparenza e di prevedibilità in merito alle loro condizioni di lavoro, mantenendo al contempo una ragionevole flessibilità del lavoro non “standard” e salvaguardandone così i benefici sia per i lavoratori, sia per i datori di lavoro.

Tale necessità è stata confermata dalle risultanze della consultazione pubblica sul pilastro europeo dei diritti sociali effettuata nel quadro del Programma di controllo della adeguatezza e della efficacia della regolamentazione della Commissione. In particolare, dalla citata consultazione è emerso il fatto che i sistemi di ricorso basati unicamente sulle domande di risarcimento del danno sono meno efficaci di quelli che prevedono anche sanzioni (quali importi forfettari o perdita delle licenze) per i datori di lavoro che non rilasciano le dichiarazioni scritte. Inoltre, è emerso il fatto che i lavoratori raramente presentano ricorso durante il rapporto di lavoro.

Per fare fronte a tutto ciò, è stata adottata la direttiva n. 2019 / 1152 del Parlamento europeo e del Consiglio in data 20 giugno 2019, avente l’obiettivo espresso di “migliorare le condizioni di lavoro promuovendo una occupazione più trasparente e prevedibile e garantendo nel contempo la adattabilità del mercato del lavoro” (considerando n. 46 e primo comma dell’art. 1 della direttiva medesima).

La direttiva “stabilisce prescrizioni minime, lasciando così impregiudicata la prerogativa degli Stati membri di introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli” (considerando n. 47 e secondo comma dell’art. 1 della direttiva medesima).

Nella sua attuazione, “gli Stati membri dovrebbero evitare di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di micro, piccole e medie imprese. Gli Stati membri sono pertanto invitati a valutare l’impatto dei rispettivi atti di recepimento sulle piccole e medie imprese per accertarsi che non siano colpite in modo sproporzionato, riservando particolare attenzione alle microimprese e agli oneri amministrativi (…)” (considerando n. 48 della direttiva medesima).

Sempre nella sua attuazione, “gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive in caso di mancata ottemperanza (…). Si può trattare di sanzioni amministrative e finanziarie, quali ammende o il pagamento di una compensazione, come anche di altri tipi di sanzioni” (considerando n. 45 della direttiva medesima).

Inoltre, “per aiutare i datori di lavoro a fornire informazioni tempestive, gli Stati membri dovrebbero poter fornire modelli a livello nazionale e pertinenti informazioni sufficientemente complete sul quadro giuridico applicabile. Tali modelli potrebbero essere ulteriormente elaborati a livello settoriale o locale dalle autorità nazionali e dalle parti sociali (…) (considerando n. 25 della direttiva medesima).

La attuazione della direttiva può anche essere affidata alle parti sociali, a condizione che esse ne facciano richiesta congiunta. In ogni caso “gli Stati membri dovrebbero anche, in conformità del diritto e delle prassi nazionali, adottare misure adeguate per garantire la effettiva partecipazione delle parti sociali, nonché promuovere e rafforzare il dialogo sociale (…) (considerando n. 49 della direttiva medesima).

 

  1. Il decreto legislativo n. 104 del 2022.

 

Al fine di attuare la direttiva n. 2019 / 1152 del Parlamento europeo e del Consiglio in data 20 giugno 2019, “sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro”, il decreto legislativo n. 104 del 2022 ha apportato modificazioni:

-  al decreto legislativo n. 152 del 1997 (art. 4);

- al decreto legge n. 50 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2017 (art. 5);

- al decreto legislativo n. 81 del 2015 (art. 5);

- al decreto legge n. 510 del 1996, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 608 del 1996 (art. 5);

- al decreto legislativo n. 276 del 2003 (art. 5);

- al decreto legislativo n. 181 del 2000 (art. 5);

disposizioni tutte che disciplinano gli obblighi informativi del datore di lavoro.

Inoltre, il decreto legislativo n. 104 del 2022 ha introdotto alcune “prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro” (capo III), quali:

- la “durata massima del periodo di prova” (art. 7);

- il “cumulo di impieghi” (art. 8);

- la prevedibilità minima del lavoro” (art. 9);

- la “transizione a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili” (art. 10);

- la “formazione obbligatoria” (art. 11).

Da ultimo, il decreto legislativo n. 104 del 2022 ha individuato le “misure di tutela” (capo IV), quali:

- la possibilità per il lavoratore (compreso colui il cui rapporto di lavoro sia cessato) di promuovere il tentativo di conciliazione degli artt. 410 e 411 cod. proc. civ. ovvero di ricorrere al collegio di conciliazione e arbitrato degli artt. 412 e 412 quater cod. proc. civ. ovvero di rivolgersi alle camere arbitrali del dodicesimo comma dell’art. 31 della legge n. 183 del 2010 (art. 12);

- la applicazione della sanzione amministrativa prevista dal secondo comma dell’art. 41 del decreto legislativo n. 198 del 2006, vale a dire, l’ammenda di valore tra €. 250,00 ed €. 1.500,00, salvo che il fatto costituisca reato e ferma ogni conseguenza prevista dalla legge derivante dalla invalidità dell’atto ritorsivo o, comunque, comportante effetti sfavorevoli nei confronti del lavoratore che abbia presentato un reclamo al datore di lavoro o che abbia promosso un procedimento, anche non giudiziario;

- l’onere in capo al datore di lavoro e al committente della prova del fatto che i motivi addotti a fondamento del licenziamento o degli altri provvedimenti equivalenti non siano riconducibili al licenziamento o a trattamenti pregiudizievoli del lavoratore conseguenti all’esercizio dei diritti previsti dal decreto medesimo e dal decreto legislativo n. 152 del 1997 (art. 14).

 

  1. Considerazioni finali.

 

Con la entrata in vigore del decreto legislativo n. 104 del 2022, di recepimento della direttiva n. 2019 / 1152 del Parlamento europeo e del Consiglio in data 20 giugno 2019, i contratti individuali di lavoro e le lettere di assunzione dovranno contenere una corposa serie di informazioni aventi a oggetto lo svolgimento del rapporto di lavoro. Ulteriori informazioni obbligatorie dovranno poi essere fornite al lavoratore, per iscritto, entro sette giorni dall’inizio del rapporto di lavoro. Peraltro, per non incorrere nelle sanzioni, le medesime informazioni dovranno essere trasmesse anche alle rappresentanze sindacali aziendali o alle rappresentanze sindacali unitarie ovvero, in mancanza, alle sedi territoriali delle associazioni sindacali dei lavoratori più rappresentative.

Inoltre, sempre in attuazione della direttiva n. 2019 / 1152 del Parlamento europeo e del Consiglio in data 20 giugno 2019, il decreto legislativo n. 104 del 2022 introduce alcune previsioni volte a migliorare il grado di trasparenza e di prevedibilità delle condizioni di lavoro.

L’art. 7 in materia di durata massima del periodo di prova pari a sei mesi rafforza alcuni principi giurisprudenziali già formatisi sul tema.

Una importante novità è la disciplina del c. d. cumulo di impieghi (art. 8), vale a dire della c. d. clausola di esclusiva con cui il datore di lavoro vieta al lavoratore di svolgere una diversa attività professionale. Nello specifico, è stato prescritto il divieto in capo al datore di lavoro e al committente di impedire al lavoratore di svolgere una ulteriore attività al di fuori dell’orario di lavoro. Sono fatte salve le ipotesi in cui la eventuale seconda occupazione pregiudichi la salute e la sicurezza del lavoratore ovvero non garantisca la integrità del servizio pubblico ovvero sia in conflitto di interessi con la attività lavorativa principale.

Una altra rilevante novità è la “prevedibilità minima del lavoro” (art. 9), vale a dire la generale impossibilità per il datore di lavoro e per il committente di imporre al lavoratore la prestazione lavorativa nei casi in cui l’orario di lavoro e la sua collocazione temporale non siano predeterminati, con il conseguente riconoscimento del diritto del lavoratore a rifiutarsi di rendere la prestazione lavorativa medesima, senza alcuna conseguenza, anche di tipo disciplinare. In aggiunta a ciò, l’art. 10 ha previsto la possibilità per i lavoratori con una anzianità lavorativa di almeno sei mesi presso lo stesso datore di lavoro o presso lo stesso committente di chiedere, per iscritto, il riconoscimento di condizioni di lavoro più prevedibili, più sicure e più stabili, ove disponibili.

Da ultimo, è stato statuito il fatto che la formazione alla quale il datore di lavoro sia tenuto per legge o per contratto collettivo debba essere considerata come orario di lavoro (art. 11).

Tuttavia, poiché il decreto legislativo in esame è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 176 del giorno 29 luglio 2022 ed entrerà in vigore decorsi quindi giorni, vale a dire, in data 13 agosto 2022, paiono essere escluse dalla nuova disciplina le assunzioni effettuate nel periodo 30 luglio 2022 – 12 agosto 2022. Infatti, la disciplina transitoria prevista dal decreto legislativo medesimo si occupa solo delle modalità di trasmissione delle informazioni “a tutti i rapporti di lavoro già instaurati alla data del 1° agosto 2022”.

Inoltre, al contrario di quanto previsto nella direttiva n. 2019 / 1152 del Parlamento europeo e del Consiglio in data 20 giugno 2019 (terzo comma dell’art 4), il decreto legislativo n. 104 del 2022 non contempla la possibilità che buona parte delle informazioni siano fornite sotto forma di riferimento alle disposizioni legislative, regolamentari, amministrative o statutarie ovvero ai contratti collettivi di lavoro.

Secondo i consulenti del lavoro, la portata dei contenuti della direttiva n. 2019 / 1152 del Parlamento europeo e del Consiglio in data 20 giugno 2019 è stata “ampliata a dismisura”, con conseguente importante “aggravio di oneri burocratici nella gestione dei rapporti di lavoro”, peraltro senza avvalersi dei processi di semplificazione e di digitalizzazione previsti sia dalla disciplina europea, sia dalla disciplina nazionale (e senza tenere conto del periodo “feriale” in cui la entrata in vigore delle nuove disposizioni si colloca).