argomento: Giurisprudenza - Corte di Giustizia
L’art. 45 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e l’art. 7, paragrafo 1, del regolamento Ue n. 492 del 2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso per cui non ostano a una normativa nazionale che, al fine di stabilire se un lavoratore abbia totalizzato venticinque anni di anzianità lavorativa abbia diritto all’aumento delle ferie annuali retribuite da cinque a sei settimane, prevede che gli anni compiuti nell’ambito di uno o più rapporti lavorativi precedenti quello con il suo attuale datore di lavoro possano essere computati solo sino a un massimo di cinque anni di attività professionale, ancorché il loro numero effettivo sia superiore (principio di diritto ricavato dalla sentenza).
» visualizza: il documento (Corte di giustizia, Quinta Sezione, 13 marzo 2019, C-437/17)Articoli Correlati: ferie - anzianità di servizio
Si legge nella motivazione: “non emergono elementi che inducano a ritenere che i lavoratori austriaci restino di regola al servizio del loro (…) datore di lavoro per venticinque anni” e “non si può ritenere (…) che i lavoratori interessati dalla rilevanza limitata dei periodi di attività lavorativa (…) compiuta presso altri datori di lavoro (…) siano, in maggiore parte, cittadini di altri Stati membri”. Le affermazioni sono condivisibili.