argomento: Giurisprudenza - Corte di Cassazione
Opera l’art. 116, comma ottavo, lett. a), della legge n. 388 del 2000 e ricorre la fattispecie dell’evasione contributiva quando il datore di lavoro occulti rapporti di lavoro o retribuzioni, con l’intenzione specifica di non versare i contributi o i premi, cioè con un comportamento volontario e preordinato e ciò si verifica quando ricorra una denuncia obbligatoria incompiuta o non conforme al vero, con cui è celata all’ente previdenziale l’effettiva sussistenza dei presupposti dell’imposizione. Il datore di lavoro può allegare circostanze tali da vincere la presunzione relativa al carattere doloso dell’omissione.
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Il principio è noto; infatti, si è detto, “l'omessa o infedele denuncia mensile all'Inps di rapporti di lavoro o di retribuzioni erogate, ancorché, come nella specie, registrati nei libri di cui è obbligatoria la tenuta, concretizza l'evasione contributiva di cui all'art. 116, comma 8, lett. b) della richiamata L. n. 388 del 2000, e non la meno grave fattispecie dell'omissione contributiva, disciplinata dalla lett. a) della medesima norma, concernente le sole ipotesi in cui il datore di lavoro, pure avendo provveduto a tutte le denunce e registrazioni obbligatorie, ometta il pagamento dei contributi; l'omessa o infedele denuncia configura un occultamento dei rapporti o delle retribuzioni o di entrambi e fa presumere l'esistenza della volontà datoriale di occultamento allo specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti. Grava sul datore di lavoro inadempiente l'onere di provare la mancanza dell'intento fraudolento e, quindi, la sua buona fede, onere che non si può reputare assolto in ragione dell’avvenuta corretta annotazione dei dati, omessi o infedelmente riportati nelle denunce, sui libri di cui è obbligatoria la tenuta” (v. Cass. 2 maggio 2018, n. 10427).