Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

14/10/2021 - Green pass nei luoghi di lavoro.

argomento: Novitá legislative

Dal giorno 15 ottobre 2021 e sino alla fine dell’anno 2021 (cioè sino alla fine della emergenza epidemica da virus c. d. Covid – 19) è fatto obbligo in capo a tutti i lavoratori di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde nota come Green pass (attestante la vaccinazione anti virus c. d. Covid 19 ovvero la avvenuta guarigione dalla infezione ovvero la negatività a un tampone. Sono vaccinazioni legalmente riconosciute anche quelle somministrate all’estero e considerate equivalenti dal Ministero della salute nella circolare n. 42957 del giorno 23 settembre 2021) al fine di accedere al luogo di lavoro. Del pari, è fatto obbligo ai datori di lavoro di verificare il possesso della predetta certificazione. La disciplina si ricava dal combinato disposto: - del decreto legge n. 52 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 87 del 2021; - del decreto legge n. 127 del 2021 (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 226 del giorno 21 settembre 2021 e in vigore dal giorno 22 settembre 2021), che ha esteso il possesso del c. d. Green pass in tutti i luoghi di lavoro pubblici e privati, oltre che negli uffici giudiziari; - del decreto legge n. 139 del 2021 (c. d. decreto capienze); - del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del giorno 17 giugno 2021; - del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del giorno 12 ottobre 2021; - delle circolari del Ministero della salute in materia di vaccinazioni legalmente riconosciute e in materia di certificazione dell’esonero dall’obbligo vaccinale; - delle linee guida fornite dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la funzione pubblica per il pubblico impiego; oltre che dalla normativa in materia di privacy.

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di avv. Valentina Zaccarelli

  1. I soggetti coinvolti.

Sono tenuti a possedere e a esibire su richiesta la certificazione verde tutti coloro che, a qualsiasi titolo, svolgono una prestazione lavorativa, di formazione o di volontariato in un luogo di lavoro a cui devono accedere e, in particolare:

  1. il personale delle amministrazioni pubbliche del secondo comma dell’art. 1 del decreto legislativo n. 165 del 2001;
  2. il personale in regime di diritto pubblico ai sensi dell’art. 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001;
  3. il personale delle Autorità amministrative indipendenti, ivi comprese la Commissione nazionale per la società e la borsa e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione;
  4. il personale della Banca di Italia;
  5. il personale degli enti pubblici economici;
  6. il personale degli organi di rilievo costituzionale;
  7. i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari;
  8. i componenti delle Commissioni tributarie;
  9. chiunque svolga una attività lavorativa, di formazione o di volontariato nel settore privato, compresi i lavoratori autonomi e i liberi professionisti[1];
  10. il datore di lavoro che presti la sua attività lavorativa in azienda.

Sono esonerati solo coloro che sono esenti dalla vaccinazione, a condizione del fatto che essi siano muniti e presentino idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolari del Ministero della salute. In altre parole, non è sufficiente la certificazione del medico di famiglia[2].

  1. Gli obblighi in capo ai lavoratori.

Dal giorno 15 ottobre 2021, i lavoratori hanno l’obbligo di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde ai fini dell’accesso e della permanenza nei luoghi di lavoro.

Inoltre, così come previsto dal decreto legge n. 139 del 2021 (c. d. decreto capienze), prima del giorno 15 ottobre 2021, su richiesta del datore di lavoro dettata da specifiche esigenze organizzative volte a garantire la efficace programmazione del lavoro (ad esempio, per organizzare turni o trasferte), i lavoratori hanno l’obbligo di comunicare il possesso o meno della certificazione verde (e non anche quello di esibirla) con un preavviso necessario a soddisfare le predette esigenze organizzative (e che può essere individuato dallo stesso datore di lavoro)[3].

Qualora il lavoratore sia trovato privo di tale certificazione o in possesso di una certificazione scaduta o non valida, così come se si rifiuti di esibirla al momento dell’accesso al luogo di lavoro, egli non potrà accedere, sarà allontanato e sarà considerato assente ingiustificato sino alla presentazione di una valida certificazione (e, comunque, non oltre il giorno 31 dicembre 2021), senza conseguenze disciplinari, con diritto alla conservazione del posto di lavoro, ma senza la corresponsione della retribuzione, né di altro compenso o emolumento comunque denominato e, dunque, con conseguenze sulla retribuzione indiretta, sulla retribuzione differita e sulla maturazione del trattamento di fine rapporto, senza il versamento della relativa contribuzione previdenziale e assistenziale, senza la maturazione delle relative ferie, senza maturazione della relativa anzianità di servizio, con esclusione dai giorni utili ai fini delle detrazioni fiscali e con riproporzionamento degli eventuali permessi della legge n. 104 del 1992 e degli eventuali assegni per il nucleo familiare.

Invece, qualora il lavoratore sia trovato privo della certificazione o in possesso di una certificazione scaduta o non valida, così come se rifiuti di esibirla in un momento successivo all’accesso al luogo di lavoro, non solo egli non potrà permanere, sarà allontanato e sarà considerato assente ingiustificato sino alla presentazione di una valida certificazione (e, comunque, non oltre il giorno 31 dicembre 2021), con diritto alla conservazione del posto di lavoro, ma senza la corresponsione della retribuzione, né di altro compenso o emolumento comunque denominato, ma sarà sottoposto a procedimento disciplinare e della sua condotta sarà informato il prefetto, il quale, salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli applicherà una sanzione amministrativa di importo compreso tra €. 600,00 a €. 1.500,00, sanzione raddoppiata in caso di reiterata violazione[4].

Al contrario, nessuna sanzione è prevista nel caso in cui il lavoratore rifiuti di comunicare il possesso o meno del c. d. Green pass a fronte della preventiva richiesta del datore di lavoro disciplinata dal c. d. decreto capienze[5].

In ogni caso, la introduzione di un obbligo generalizzato per il pubblico impiego non deroga alla disciplina ad hoc introdotta in precedenza per i settori della sanità, della scuola e delle università.

  1. Gli obblighi in capo ai datori di lavoro.

Entro il giorno 15 ottobre 2021, i datori di lavoro devono definire le modalità operative di esecuzione delle verifiche delle certificazioni verdi, predisponendo anche le relative informative, e individuare, con atto formale[6], i soggetti (anche esterni) incaricati degli accertamenti e della contestazione delle violazioni. Nel settore pubblico occorre anche prima individuare il o i dirigenti da considerare quali datore di lavoro[7].

Poi, i datori di lavoro hanno l’obbligo di verificare il rispetto delle prescrizioni da parte di tutti i soggetti destinatari e devono comunicare le eventuali violazioni al prefetto per la applicazione delle relative sanzioni, oltre che al soggetto che elabora i prospetti di paga.

Qualora sia accertata la mancata verifica della certificazione verde da parte degli organi di vigilanza[8], la condotta omissiva del datore di lavoro è comunicata al prefetto, il quale, salvo che il fatto costituisca più grave reato, applicherà una sanzione amministrativa di importo compreso tra €. 400,00 a €. 1.000,00, sanzione raddoppiata in caso di reiterata violazione[9].

  1. La verifica della certificazione verde.

Le modalità operative della verifica delle certificazioni verdi da parte dei datori di lavoro devono essere effettuate secondo quanto disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 17 giugno 2021.

In particolare, ove possibile, è preferibile effettuare la verifica al momento dell’accesso al luogo di lavoro, intendendo questo ultimo con accezione estensiva e, quindi, non limitandolo a luoghi chiusi, ma includendo anche, ad esempio, gli spazi all’aperto utilizzati per il deposito di materiali o le aree di accesso da parte di fornitori esterni.

Inoltre, poiché pare esclusa la possibilità di tenere un registro in cui siano indicati i nominativi dei lavoratori e la scadenza delle relative certificazioni verdi, per non incorrere in sanzioni, ove possibile sarebbe opportuno procedere a controlli giornalieri[10].

Il controllo può anche avvenire a campione. Tuttavia, tale modalità non impedisce l’accesso al luogo di lavoro da parte di chi sia sprovvisto di una valida certificazione verde e, di conseguenza, non contribuisce, in modo efficace, a impedire la diffusione del virus c. d. Covid – 19[11]. Infatti, obiettivo della estensione del possesso del c. d. Green pass nei luoghi di lavoro è garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro medesimi.

La verifica deve essere compiuta dal datore di lavoro o da soggetti incaricati con atto formale (meglio se più di uno, al fine di evitare contestazioni sulla correttezza del controllo), informati e formati.

Così come prescritto dall’art. 13 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 17 giugno 2021, la verifica delle generalità del lavoratore e della autenticità e della validità della certificazione verde deve essere effettuata, in via esclusiva, con la lettura del codice a barre bidimensionale (c. d. QR code) mediante la applicazione VerificaC19[12] installata su un “device” aziendale, unico sistema che consentirebbe di mantenere la riservatezza sulla fonte della certificazione medesima (ciclo vaccinale, guarigione o tampone) e che ne attesta la sola validità temporale.

Pare possibile chiedere la esibizione di un documento di identità al (solo) fine di accertare la identità personale del soggetto verificato.

La verifica deve essere compiuta anche nei confronti dei lavoratori “esterni” o “fuori sede”, poiché il potere – dovere di controllo spetta in primo luogo al datore di lavoro presso cui la attività lavorativa è svolta. Inoltre, pare che il controllo del possesso della certificazione verde nei confronti dei lavoratori somministrati debba essere effettuato solo dal datore di lavoro utilizzatore e non anche dalla agenzia per il lavoro[13]. Infine, il controllo deve essere effettuato anche su tutti i soggetti che accedono alla azienda per svolgere attività lavorativa, di formazione o di volontariato, compresi i lavoratori autonomi e i liberi professionisti.

Invece, per il controllo della certificazione di esenzione dall’obbligo vaccinale, il datore di lavoro deve coinvolge il medico competente aziendale.

  1. Gli strumenti di tutela per i datori di lavoro.

I datori di lavoro che occupano meno di quindici dipendenti, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata possono sospendere il lavoratore assente ingiustificato e sostituirlo con un lavoratore a tempo determinato per la durata di dieci giorni, rinnovabile una sola volta per altri dieci giorni e comunque non oltre il giorno 31 dicembre 2021. Il lavoratore sospeso è tale per tutta la durata del contratto di lavoro a tempo determinato di sostituzione; in altre parole, egli non può rientrare quando preferisce (presentando idonea certificazione verde), ma deve attendere la scadenza del termine.

Inoltre, una volta decorso il termine massimo di venti giorni, il datore di lavoro può stipulare un nuovo contratto a tempo determinato di sostituzione secondo la disciplina ordinaria.

Anche i datori di lavoro che occupano più di quindici dipendenti possono ricorrere ai contratti a tempo determinato di sostituzione secondo la disciplina generale.

  1. Brevi considerazioni finali.

Da lasciapassare per viaggi e per spostamenti, il c. d. Green pass è divenuto uno strumento indispensabile per lo svolgimento della prestazione lavorativa. Tuttavia, pare essere illegittima la subordinazione della assunzione al possesso della certificazione verde.

Inoltre, il mancato possesso della certificazione verde non dà diritto allo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile. Infatti, anche i lavoratori in c. d. smartworking devono possedere la certificazione quando accedono in azienda.

È scomparso nel testo finale del decreto legge n. 127 del 2021 il riferimento alla “sospensione”. Di conseguenza, il meccanismo di applicazione della penalizzazione è molto più semplice, poiché non necessita di alcuna formalità, né si alcuna comunicazione.

Non è possibile collocare il lavoratore mancante di valida certificazione verde in ferie.

È possibile prevedere uno specifico obbligo di immediata comunicazione all’appaltatore in capo al committente in caso di verifica con esito negativo.

Le certificazioni equipollenti al c. d. Green pass dovrebbero essere utili anche all’accesso al luogo di lavoro. Tuttavia, poiché la verifica della loro validità può essere effettuata solo tramite la applicazione VerificaC19, la quale riconosce solo i QR code conformi alle specifiche europee dell’European digital Covid certificate, potrebbe essere necessario dovere ottenere la certificazione verde italiana presso la azienda sanitaria locale.

La durata delle certificazioni verdi è stata estesa e i test antigienici rapidi sono a un prezzo calmierato o gratuiti nelle farmacie aderenti e nelle strutture sanitarie aderenti al protocollo di intesa per i soggetti che non possono ricevere o completare la vaccinazione sulla base di idonea certificazione medica.

Il tampone pagato dal datore di lavoro senza un accordo o un regolamento aziendale appositamente redatto costituisce un benefit e come tale deve essere assoggettato a tassazione nei confronti del dipendete[14].

 

 

[1] Anche il datore di lavoro domestico deve verificare il possesso della certificazione verde da parte della colf, della badante e della baby sitter.

[2] La associazione di categoria Confprofessioni ha chiesto la estensione dell’obbligo della certificazione verde anche per i clienti degli studi professionali.

[3] Ci si domanda se, in ragione dell’obbligo di eseguire il contratto di lavoro con buona fede e correttezza, il lavoratore abbia anche l’obbligo di specificare il termine temporale di validità della certificazione verde.

[4] In attesa di chiarimenti ufficiali, non è possibile escludere la possibilità che la sanzione sia applicata in relazione a ciascuna giornata in cui sia accertata la violazione.

[5] Invece, il lavoratore potrebbe essere sottoposto a procedimento disciplinare qualora la mancata comunicazione fosse stata inserita quale violazione nel codice disciplinare in un momento precedente.

[6] Contenente anche le linee guida delle modalità di effettuazione delle verifiche e delle modalità di accertamento e di comunicazione delle eventuali violazioni.

[7] In particolare, si tratterà del medesimo dirigente individuato come datore di lavoro ai fini della sicurezza sul lavoro.

[8] L’accertamento dell’adempimento dell’obbligo di verifica da parte del datore di lavoro può essere effettuato dal personale ispettivo della azienda sanitaria locale, dai funzionari dell’Ispettorato nazionale del lavoro, dalle forze di polizia, dal personale di polizia municipale dotato della qualifica di agente di pubblica sicurezza, nonché dalle forze armate, i quali provvedono anche alla denuncia al prefetto dei lavoratori mancanti di valida certificazione verde.

[9] In attesa di chiarimenti ufficiali, non è possibile escludere la possibilità che la sanzione sia applicata in relazione a ciascuna giornata in cui sia accertata la violazione.

[10] Così come statuito dal comma quinto dell’art. 13 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 17 giugno 2021, nel quale è previsto, in modo espresso, che le attività di verifica del c. d. Green pass non comporta in alcun modo la raccolta, né la conservazione, in qualunque forma, dei dati dell’interessato. Tuttavia, al fine di documentare e di dimostrare l’adempimento dell’obbligo di verifica, pare opportuno che il datore di lavoro istituisca un registro che riporti la (sola) indicazione della data e della ora della verifica, del nominativo del soggetto accertatore, del nominativo del soggetto verificato e l’esito del controllo.

[11] Inoltre, proprio perché non impedisce l’accesso in azienda da parte dei soggetti sprovvisti di c. d. Green pass, tale modalità comporta la applicazione di sanzioni più pesanti agli stessi lavoratori, sia amministrative, sia disciplinari, quali il licenziamento, con conseguente pericolo di contenzioso.

[12] In fase di revisione al fine di implementarne le funzionalità.

[13] Nello specifico, la circolare interpretativa della associazione di categoria Assolavoro n. 9 del 2021 ritiene che il controllo del possesso della certificazione verde da parte dei lavoratori somministrati debba essere effettuato solo dal datore di lavoro utilizzatore e non anche dalla agenzia per il lavoro in considerazione del fatto che, quando tali lavoratori sono in missione, il potere dispositivo e il potere di controllo sono trasferiti in capo all’utilizzatore, mentre il potere disciplinare è esercitato sempre e in via esclusiva su segnalazione dell’utilizzatore. Inoltre, i lavoratori somministrati godono della parità di trattamento rispetto ai dipendenti dell’utilizzatore. Infine, i locali della agenzia per il lavoro non costituiscono, in via ordinaria, il luogo di lavoro dei lavoratori somministrati. Dunque, la agenzia per il lavoro dovrebbe solo limitarsi a informare i lavoratori somministrati degli obblighi in materia di certificazione verde.

[14] Fatta eccezione per la ipotesi in cui il costo dei tamponi gratuiti siano fatti rientrare dal datore di lavoro nei benefit non soggetti a tassazione erogati nel limite del plafond di €. 258,00 annui.