argomento: Giurisprudenza - Corte di Cassazione
Il fatto che un datore di lavoro si avvalga di consulenti per lo svolgimento della sua attività di prevenzione degli infortuni sul lavoro e di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori non implica l’automatica assunzione di una posizione di garanzia da parte del consulente, in carenza della dimostrazione dell’attribuzione di compiti inerenti lo specifico rischio.
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La sentenza è molto precisa nella ricostruzione dei presupposti per cui il consulente può assumere una posizione di garanzia e osserva che la pronuncia del Giudice di secondo grado “non offre, nel suo percorso argomentativo, adeguati elementi di riscontro che consentano di avere contezza della effettiva estensione oggettiva dell’incarico affidato al medesimo da parte del datore di lavoro, in maniera tale da poterlo considerare, in luogo di un semplice consulente esterno, un vero e proprio titolare, di fatto, di una specifica posizione di garanzia”. E’ “del tutto inaccettabile e vuota di significato l’affermazione (…) secondo cui l’inserimento di un qualsiasi soggetto nella valutazione dei rischi del ciclo industriale non lo esenta da corresponsabilità. In linea generale, avvalersi di consulenti non implica (…) il trasferimento degli obblighi di protezione dal datore di lavoro ai soggetti esterni all’azienda”. I “principi di imputazione oggettiva e soggettiva del reato colposo commissivo mediante omissione impongono di esaminare in maniera accurata le modalità di inserimento e le specifiche attribuzioni del soggetto all’interno del ciclo aziendale, al fine di delineare una eventuale posizione di responsabilità quale soggetto garante del bene tutelato”.