argomento: Giurisprudenza - Corte di Merito
Ai sensi dell’art. 1, primo comma, del decreto legislativo n. 23 del 2015, il riferimento alla “conversione” dei rapporti a tempo determinato non opera nel caso di provvedimento giudiziale di accertamento dell’illegittimità dell’apposizione del termine.
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La sentenza è di segno opposto a quella Trib. Roma 6 agosto 2018, ord., pubblicata su questo Sito, per cui “non opera il decreto legislativo n. 23 del 2015 nel caso della trasformazione di un rapporto a tempo determinato in uno a tempo indeterminato senza contestazione da parte del lavoratore, qualora l’originaria assunzione sia anteriore al 7 marzo 2015 e in seguito a tale data il rapporto prosegua”. Tale decisione era stata criticata; infatti, quella massima tocca una questione molto importante, risolta in modo non persuasivo. L’espressione “conversione” è utilizzata dal decreto legislativo n. 23 del 2015 con riferimento a qualunque ipotesi di prosecuzione del rapporto a tempo determinato e, del resto, l’ordinanza non spiegava in che cosa di diverso sarebbe consistita la “conversione” effettuata in sede giudiziale o stragiudiziale. Nell’art. 1 del decreto legislativo n. 23 del 2015 “conversione” è espressione usata in senso atecnico, come è tradizione del nostro legislatore, e si riferisce a qualsiasi trasformazione di un rapporto a tempo determinato in uno a tempo indeterminato. Per le stesse motivazioni o, meglio, per ragioni speculari non è convincente neppure la decisione ora esaminata, di segno opposto.