argomento: Editoriale
Qualora l’impugnazione del licenziamento risulti sottoscritta in proprio da persona diversa dal lavoratore, quale l’avvocato, la relativa procura o la successiva ratifica dell’operato del difensore, rilasciate dal lavoratore, devono rivestire forma scritta ed essere portate tempestivamente a conoscenza del datore di lavoro nel termine di decadenza di 60 giorni ex art. 6, l. n. 604/1966. Qualora infatti non risulti né venga dedotto in giudizio che tale procura o la ratifica successiva siano state portate a conoscenza del datore nel prescritto termine di 60 giorni, gli atti in questione non interrompono il citato termine e il lavoratore potrà sentirsi dichiarare inammissibile il ricorso per intervenuta decadenza ai sensi dell'art 6 L. n. 604/66.
» visualizza: il documento (Tribunale di Milano 27 gennaio 2018)Articoli Correlati: impugnazione del licenziamento - firma del difensore - ratifica successiva del lavoratore
di Avv. Monica Lambrou
Con sentenza n. 2900, pubblicata in data 27 gennaio 2018, il Tribunale di Milano ha affrontato una tematica particolarmente dibattuta nelle aule dei Tribunali: la validità o meno dell’impugnativa del licenziamento effettuata dall’avvocato del lavoratore e sottoscritta in proprio dal medesimo avvocato, che al tempo dell’impugnazione non era munito di procura.
Nel caso di specie il lavoratore era stato licenziato per giustificato motivo oggettivo nel settembre 2016. Il legale del lavoratore, in data 20 settembre 2016, con missiva sottoscritta in proprio e in mancanza di procura, aveva impugnato in via stragiudiziale il predetto licenziamento. Successivamente, nell’ottobre 2016, era stata rilasciata la relativa procura al difensore.
Il lavoratore agiva, quindi, in giudizio avverso l’intimato licenziamento. Il Tribunale esaminava l’eccezione preliminarmente sollevata dal datore di lavoro resistente, attinente alla decadenza del ricorrente dall’impugnazione del licenziamento ex art. 6, L. n. 604/66.
Sul punto si osserva che il citato art. 6 della l. n. 604/66 prevede che l’impugnativa del licenziamento debba essere proposta entro il termine di decadenza di 60 giorni dalla ricezione della comunicazione dell’atto di recesso datoriale. Quanto alle modalità dell’impugnativa, la norma in questione precisa che sia sufficiente qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore, anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale, diretto ad impugnare il licenziamento stesso. Mentre, tuttavia, l’organizzazione sindacale viene ritenuta rappresentante ex lege, riguardo il regime dell’impugnazione dei licenziamenti, e può pertanto impugnare il licenziamento, anche attraverso un rappresentante sprovvisto di procura e senza necessità di una ratifica del lavoratore (Cass. n. 26514/2013), diverso è il discorso nell’ipotesi in cui l’impugnazione non provenga dal sindacato ma risulti sottoscritta in proprio dall’attuale difensore, che al tempo dell’impugnazione non era munito di procura.
Sul punto si sono formati due contrapposti orientamenti giurisprudenziali:
per una parte della giurisprudenza (Cass. n. 4750/1982) l’impugnativa del licenziamento sarebbe un atto giuridico in senso stretto, che può essere posto in essere (purché in forma scritta) anche dal difensore del lavoratore, senza previa procura scritta, e senza necessità di una specifica ratifica "scritta", dato che tali due forme non sono previste per gli atti giuridici in senso stretto.
Secondo il contrapposto indirizzo ermeneutico, l'atto di impugnativa del licenziamento è una dichiarazione unilaterale recettizia, la quale, dovendo essere validamente portata nella sfera di conoscenza del datore di lavoro, non può essere fatta da un terzo che non ne abbia il potere per conferimento di esso dal lavoratore (per il difensore) o dalla legge (per l'organizzazione sindacale) e quindi non può essere compiuta dal difensore non munito di procura scritta; inoltre un simile atto, pure in virtù di procura, deve pervenire al destinatario nel termine di decadenza (Cass. n. 375/1983).
A fronte dei citati contrapposti indirizzi interpretativi, la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite, è stata chiamata a dirimere la questione attinente alla necessità o meno dell’atto scritto sia per la procura ad un terzo a proporre l’impugnativa del licenziamento del lavoratore, sia per l’eventuale ratifica in difetto di tale procura.
Ebbene, la Corte Suprema, partendo dal riconoscimento della natura giuridica dell’impugnativa del licenziamento quale negozio giuridico unilaterale dispositivo, è pervenuta alla conclusione secondo cui, se l’atto di impugnativa è posto in essere da persona diversa dal lavoratore, anche se avvocato o procuratore legale, prima dell’instaurazione del giudizio, questi deve essere munito di specifica procura scritta (artt. 1392, 1324 c.c.), rilasciata prima dell’atto da compiere, per il quale il potere è stato concesso, e da fare pure conoscere al destinatario. Ugualmente, qualora tale impugnativa sia stata proposta da un terzo, senza tale preventiva procura scritta al lavoratore, la successiva eventuale ratifica deve pure avvenire con specifico atto, scritto, e cioè nella stessa forma valida per la procura a compiere l'atto; ratifica da portare pure a conoscenza del destinatario. La Suprema Corte ha peraltro precisato che tutti tali atti devono essere effettuati e comunicati entro il termine di decadenza previsto dalla legge . (Cass. civ. SS. UU. n. 2180/1987).
Ebbene, con sentenza n. 2900/2018, il Tribunale di Milano, ponendosi in linea con l’orientamento della Suprema Corte a Sezioni Unite e con la successiva conforme giurisprudenza sul punto (si veda Cass. civ. n. 9182/2014), ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal lavoratore.
Il Tribunale di merito, infatti, ha rilevato che nel caso di specie il primo atto valido ai fini dell’impugnazione del licenziamento (deposito del ricorso avvenuto nel maggio 2017) era intervenuto ben oltre i 60 giorni dal licenziamento ex art. 6, l. n. 604/66, non potendosi ritenere valida impugnazione quella proposta dal legale del lavoratore con missiva del 20 settembre 2016. Missiva che era stata sottoscritta in proprio dal legale, privo di procura al tempo dell’impugnazione.
Il Tribunale ha peraltro escluso che l’operato del difensore fosse stato oggetto di ratifica con il rilascio della successiva procura dell’ottobre 2016, posto che quest’ultima non contemplava tra i poteri conferiti, quello di impugnare il licenziamento, né vi era atto di ratifica espressa.
E, in ogni caso, il giudicante ha attribuito valore dirimente alla circostanza secondo cui non risultava né era stato dedotto che detta procura fosse stata portata a conoscenza del datore di lavoro nel termine di 60 giorni dal licenziamento.
Il Tribunale di Milano ha pertanto confermato l’orientamento della giurisprudenza maggioritaria, secondo cui “qualora l'impugnativa del licenziamento sia proposta da persona diversa dal lavoratore (quale l'avvocato) è necessario che il relativo atto di legittimazione preventiva (procura ovvero successiva ratifica rilasciate dal lavoratore) abbia forma scritta e sia tempestivamente portato a conoscenza del datore di lavoro entro il termine di decadenza previsto per l'impugnativa stessa”.