Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

29/03/2021 - Il diritto europeo, il lavoro portuale e la disciplina belga.

argomento: Giurisprudenza - Corte di Giustizia

Gli artt. 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso per cui non ostano a una normativa nazionale che obblighi persone o imprese che intendano esercitare attività in una zona portuale, comprese attività estranee alla caricazione e alla scaricazione di navi in senso stretto, a ricorrere solo a lavoratori portuali riconosciuti come tali in conformità a condizioni e a modalità prefissate, purché, da un lato, si basino su criteri oggettivi, non discriminatori, predeterminati e consentano ai lavoratori portuali di altri Stati membri di dimostrare di soddisfare, nel loro Stato di origine, requisiti equivalenti a quelli applicati ai lavoratori nazionali e, dall’altro, non stabiliscano un contingente limitato ai fini del riconoscimento della qualifica. Gli artt. 45, 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso per cui ostano a una normativa nazionale in forza della quale: il riconoscimento dei lavoratori portuali sia di competenza di una commissione amministrativa paritetica, composta da membri designati dalle organizzazioni di datori di lavoro e di lavoratori; tale commissione decida anche, in funzione del fabbisogno di manodopera, se i lavoratori riconosciuti debbano o non debbano essere inseriti in un contingente di lavoratori portuali, fermo il fatto che, per i lavoratori non inseriti in tale contingente, la durata degli effetti del loro riconoscimento è limitata a quella del loro rapporto di lavoro, di modo che per ogni nuovo contratto da loro concluso debba essere avviata una nuova procedura di riconoscimento; e non sia previsto alcun termine massimo entro il quale detta commissione debba deliberare. Gli artt. 45, 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso per cui non ostano a una normativa nazionale in forza della quale, a meno che non possa dimostrare di soddisfare in un altro Stato membro condizioni equivalenti, un lavoratore debba, per essere riconosciuto come lavoratore portuale: essere dichiarato idoneo al lavoro portuale dal punto di vista medico da un servizio esterno per la prevenzione e la protezione sul lavoro a cui aderisca una organizzazione a cui tutti i datori di lavoro attivi nella zona portuale siano obbligati ad aderire; superare i test psicotecnici realizzati dall’organo a tale fine designato da tale organizzazione di datori di lavoro; e superare la prova finale, nei limiti in cui l’incarico affidato all’organizzazione di datori di lavoro – e, se del caso, ai sindacati dei lavoratori portuali riconosciuti – nella designazione degli organi incaricati di effettuare simili esami, test o prove non sia tale da rimettere in discussione il loro carattere trasparente, obbiettivo e imparziale. Gli artt. 45, 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso per cui non ostano a una normativa nazionale in forza della quale i lavoratori portuali riconosciuti come tali in conformità al regime legale loro applicabile prima dell’entrata in vigore di tale normativa conservino, in applicazione di essa, la qualità di lavoratori portuali riconosciuti e siano inseriti nel contingente previsto. Gli artt. 45, 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso per cui ostano a una normativa nazionale che preveda che il trasferimento di un lavoratore portuale nel contingente di lavoratori di una zona portuale diversa da quella in cui ha ottenuto il suo riconoscimento sia soggetto a condizioni e modalità stabilite da un contratto collettivo di lavoro, purché risultino necessarie e proporzionate tenuto conto dell’obbiettivo di garantire la sicurezza in ogni zona portuale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Gli artt. 45, 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso per cui ostano a una normativa nazionale che preveda che i lavoratori logistici debbano possedere un “certificato di sicurezza”, emesso su presentazione della loro carta di identità e del loro contratto di lavoro e le cui modalità di emissione, nonché la procedura da seguire per il suo ottenimento siano stabilite da un contratto collettivo di lavoro e le condizioni per il rilascio siano necessarie e proporzionate rispetto all’obbiettivo di garantire la sicurezza nelle zone portuali e la procedura prevista per il suo ottenimento non imponga oneri amministrativi irragionevoli e sproporzionati (principi di diritto ricavati dalla decisione).

» visualizza: il documento (Corte di giustizia, sezione quarta, 11 febbraio 2021, C. – 407 del 2019 e C. – n. 461 del 2019, Katoen Natie Bulk Termuinals Nv e altri c. Belgische Staat e Middlegate Europe Nv e altri c. Katoen Natie Bulk Termuinals Nv e altri. ) scarica file

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La sentenza è di grande importanza e di pari complessità e riconosce il potere dello Stato membro di introdurre una qualificazione del lavoratore portuale, purché fondata su elementi oggettivi.