argomento: Giurisprudenza - Corte di Cassazione
Il lavoratore che impugni il licenziamento allegandone l’intimazione senza l’osservanza della forma scritta ha l’onere di provare che la risoluzione del rapporto può essere ascritta alla volontà del datore di lavoro, seppure manifestata con comportamenti concludenti, poiché non basta la prova della mera cessazione della prestazione lavorativa; qualora l’impresa eccepisca il fatto che il lavoratore ha rassegnato le dimissioni e, all’esito dell’istruttoria perduri l’incertezza probatoria, la domanda deve essere respinta in applicazione della regola residuale dell’art. 2697 cod. civ. (principio di diritto desunto dalla motivazione).
» visualizza: il documento (Cass. 8 febbraio 2019, n. 3822)Articoli Correlati: onere della prova - licenziamento orale
La sentenza è difforme dagli ultimi a precedenti di legittimità (v. Cass. 17 giugno 2016, n. 12586), per cui, “qualora il lavoratore deduca di essere stato licenziato in forma orale e faccia valere in giudizio la inefficacia o invalidità di tale licenziamento, mentre il datore di lavoro deduca la sussistenza di dimissioni del lavoratore, la prova gravante sul lavoratore è limitata alla sua estromissione dal rapporto, mentre la controdeduzione del datore di lavoro assume la valenza di una eccezione in senso stretto, il cui onere probatorio ricade sull'eccipiente ai sensi dell'art. 2697, secondo comma, cod. civ.” (v. Cass. 19 ottobre 2011, n. 21684). Anzi, “qualora il lavoratore deduca di essere stato licenziato in forma orale e faccia valere in giudizio l’inefficacia o invalidità di tale licenziamento, chiedendo la condanna del datore di lavoro al pagamento delle conseguenti indennità e retribuzioni, e il datore di lavoro, proponendo una eccezione in senso stretto, deduca la sussistenza di dimissioni del lavoratore, il lavoratore deve provare la cessazione del rapporto di lavoro, ossia la mancata accettazione della propria prestazione lavorativa (nella specie non controversa), mentre ricade sul datore di lavoro l'onere di provare i fatti su cui si fonda la sua eccezione” (v. Cass. 13 aprile 2005, n. 7614; cfr. anche Cass. 8 novembre 2004, n. 21250).