argomento: Giurisprudenza - Corte di Giustizia
L’art. 2 della direttiva 2000 / 78 / Ce del Consiglio del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso per cui: la prassi di un datore di lavoro consistente nel versare una integrazione salariale ai lavoratori disabili che abbiano presentato il loro certificato di riconoscimento di disabilità dopo una data fissata dallo stesso datore di lavoro, e non anche ai lavoratori disabili che lo abbiano presentato prima, può costituire una discriminazione diretta qualora risulti che tale prassi è fondata su un criterio legato in modo inscindibile alla disabilità, in quanto è tale da porre in via definitiva nell’impossibilità di soddisfare tale condizione un gruppo identificato di lavoratori, noti al datore di lavoro al momento di avvio di tale prassi; tale prassi, benché in apparenza neutra, può costituire una discriminazione fondata in via indiretta sulla disabilità qualora risulti che comporti un particolare svantaggio per taluni lavoratori disabili a seconda della natura della disabilità, in particolare del suo carattere manifesto o del fatto che richieda soluzioni ragionevoli alle condizioni di lavoro, senza essere giustificata sul piano oggettivo da un finalità legittima e senza che i mezzi per il suo conseguimento siano appropriati e necessari (principio di diritto ricavato da quello enunciato nella decisione).
» visualizza: il documento (Corte di giustizia, grande sezione, 26 gennaio 2021, C. – n. 16 del 2019, Signora Vl c. Sziptal Kliniczny im. dra. J. Babinskiego Samodzielny Publiczny Zaklad Opieki Zdrowotnej w Krakowie. )Articoli Correlati: diritto europeo - disabili - disparità di trattamento
Il principio di diritto è oscuro e, in particolare, non si comprende il secondo punto. Infatti, per la stessa sentenza, la ragione della prassi (che può apparire assurda) era di “esortare i lavoratori disabili che non avessero ancora trasmesso un certificato di riconoscimento di disabilità a farlo”, per ragioni di rilievo economico del datore di lavoro, in relazione alla disciplina polacca. Il caso è strano, ma la decisione non si confronta con i suoi tratti salienti e, in particolare, ciò emerge dall’ultima parte del principio di diritto, poiché, a quanto risulta dalla motivazione, il problema non era la natura della disabilità, ma il rifiuto di farla certificare. Ne deriva un diverso trattamento di gruppi di lavoratori, a prescindere dal carattere oggettivo del loro problema, ma per la loro indole soggettiva rispetto al riconoscimento della disabilità. Risolta davvero in modo più che discutibile, la questione sarebbe stata molto importante.