argomento: Giurisprudenza - Corte di Cassazione
In tema di licenziamento disciplinare, rientra nell'attività sussuntiva e valutativa del giudice di merito la verifica della sussistenza della giusta causa, con riferimento alla violazione dei parametri posti dal codice disciplinare del contratto collettivo nazionale, le cui previsioni, anche quando la condotta del lavoratore sia in astratto corrispondente alla fattispecie tipizzata, non sono vincolanti per il giudice, poiché la scala valoriale ivi recepita deve costituire uno dei parametri cui fare riferimento per riempire di contenuto la clausola generale dell'art. 2119 cod. civ., attraverso un accertamento in concreto della proporzionalità tra sanzione e infrazione sotto i profili oggettivo e soggettivo. Nella specie, nonostante il contratto collettivo facesse riferimento ai fini del licenziamento per giusta causa a un diverbio, seguìto da vie di fatto, con turbamento della vita aziendale, anche in carenza di tali ultimi aspetti, costituiscono giusta causa di licenziamento le rimostranze violente e ingiustificate contro il responsabile amministrativo, con comportamento idoneo a incutere timore, seppure tenuto fuori dall’orario di lavoro, poiché tale forma di insubordinazione assume forte rilevanza disciplinare.
» visualizza: il documento (Cass. 1 luglio 2020, n. 13411. )Articoli Correlati: giusta causa - contratto collettivo - licenziamento
Il principio è noto (v. Cass. 27 marzo 2020, n. 7567; Cass. 16 aprile 2018, n. 9396) e si conferma la tesi per cui il giudice di merito deve valutare la gravità del comportamento sebbene non corrisponda in pieno alle indicazioni del contratto collettivo. In particolare, l’insubordinazione rileva anche se non vi è violenza.