argomento: Giurisprudenza - Corte di Merito
Ai fini della determinazione dell’indennità prevista dall’art. 3, primo comma, del decreto legislativo n. 23 del 2015, il criterio dell’anzianità resta prioritario e, pertanto, esso può solo essere integrato da altri parametri, relativi al comportamento del datore di lavoro e al numero degli addetti.
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Il rilievo preminente dell’anzianità è dedotto dall’art. 1, comma settimo, lett. c) della legge di delegazione n. 183 del 2014, ma non si vede perché la disposizione dovrebbe avere un rilievo generale, se la sua funzione è di condizionare l’esercizio del potere delegato, esercizio peraltro in concreto contrario a Costituzione. Dato rilievo preminente all’anzianità, in cui, nel caso di licenziamento del tutto ingiustificato (il datore di lavoro è rimasto contumace), intimato a un rappresentante sindacale, dopo numerosi trasferimenti, in una impresa con sessantanove dipendenti, l’indennità è stata rettificata, con il dichiarato passaggio da otto a dodici mensilità, e la soluzione è iniqua. Tra l’altro, visti i quatto anni di anzianità, sulla scorta del solo criterio dell’anzianità, l’indennità sarebbe stata di dodici mensilità e non di otto.