argomento: Giurisprudenza - Corte di Cassazione
In tema di previdenza complementare, il generico riferimento, contenuto nell’art. 8, comma primo, del decreto legislativo n. 252 del 2005, al ‘conferimento’ del trattamento di fine rapporto alle forme pensionistiche complementari lascia aperta la possibilità che, nell’esplicazione dell’autonomia negoziale loro riconosciuta dall’ordinamento, le parti pongano in essere non già una delegazione di pagamento, bensì una cessione di credito futuro. In caso di fallimento del datore di lavoro, di regola il lavoratore si può insinuare al passivo per le quote di trattamento di fine rapporto maturate e accantonate, ma non versate al fondo di previdenza complementare, stante lo scioglimento del rapporto di mandato in cui si estrinseca la delegazione di pagamento, salvo che dall’istruttoria emerga che vi sia stata una cessione del credito in favore del fondo, cui, in quel caso, spetta agire ai sensi dell’art. 93 del regio decreto n. 267 del 1942 (principio di diritto enunciato in motivazione).
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La questione ha una grande importanza applicativa e cerca di risolvere un tema molto dibattuto.